di Mariavittoria Orsolato

Il serpentone arcobaleno del Gay Pride ha invaso sabato le strade di Bologna con i suoi 20.000 coloratissimi partecipanti - sei o settemila per la Questura. Tanti rappresentanti della comunità LGBT ma anche molti, moltissimi eterosessuali arrivati da tutta Italia per assistere, sì, al grande carnevale estivo ma anche per manifestare in nome della dignità, della parità e della laicità, le tre parole chiave del raduno nazionale, svoltosi in contemporanea anche a Berlino, Parigi, Sofia e Gerusalemme. L’Italia gay, lesbica, bi e trans scende quindi in piazza in tutto il suo splendore di trucco, paillettes e tacchi alti, rispondendo alle polemiche sollevate per l’omonimo romano cui il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna aveva tolto il patrocinio affermando in un’intervista del Tg2 dello scorso 7 giugno che: " Va dato solo alle occasioni di studio e di riflessione, le provocazioni e gli esibizionismi non aiutano la discussione” e così dicendo si era augurata un pride meno appariscente e più morigerato, “in giacca e cravatta”. A sfidare il monito della ministra l’ex deputato del Prc Vladimir Luxuria, che per un giorno ha messo da parte i tailleur très chic che sfoggiava in Parlamento ed ha rispolverato zatteroni e coroncine per ritrasformarsi nella drag queen più famosa d’Italia. Sotto le due torri, in Piazza Ravegnana, è stata lei ad aprire - reggendo lo striscione assieme al presidente onorario Arcigay e candidato sindaco bolognese in fascia arcobaleno Franco Grillini - il lungo corteo che ha attraversato gli arroventati viali della città, per finire poi nella storica Piazza VIII Agosto. "Ogni tentativo di dialogo con la Chiesa sui diritti gay è inutile" ha sentenziato sconfortata Luxuria riferendosi alle polemiche che il cardinale bolognese, Carlo Caffarra, ha sollevato sulle colonne dell’Avvenire alla vigilia della manifestazione, definendo i rapporti omossessuali un pericolo sociale “poiché la società uomo-donna è il paradigma fondamentale di ogni socializzazione della persona e l´errore e il disordine circa quella inficia ogni rapporto sociale”. Ma, a dispetto di quanto indicato perentoriamente del porporato, tra i trentun carri che davano vita al corteo i rapporti sociali sembravano andare a gonfie vele. Le paventate finestre sbarrate non si sono viste e anzi i bolognesi rimasti in città hanno seguito con curiosità e interesse la sfilata, rinfrescando ogni tanto i sudatissimi partecipanti con i catini pieni d’acqua.

A detta di molti non si vedeva una Bologna così rilassata e allegra da un bel po’ di tempo; complice un po’ l’alcol, un po’ il caldo afoso e un po’ l’amore che si respirava a pieni polmoni, la manifestazione si è svolta nella massima tranquillità fino a circa le 21, quando è giunta la notizia dell’arresto di Graziella Bertozzo, esponente del movimento di liberazione omosex, bloccata dalla polizia mentre tentava di issare uno striscione alle spalle del palco principale. Alla notizia i presenti in piazza hanno cominciato a protestare violentemente e per qualche attimo si è temuto il contatto con gli agenti delle forze dell’ordine, fatto che fortunatamente non si è verificato.

Ma il Bologna Pride 2008 ha avuto un assente ingiustificato, un'assenza che il Governatore della Puglia Niki Vendola ha sottolineato energicamente: è mancata la politica o, meglio, i nomi importanti della politica, non c'era infatti alcun leader di schieramento. Assente Veltroni, leader del Pd ed è assente anche il sindaco Cofferati, salvatosi in corner stamattina con la titolazione di una via a Stefano Casagrande, icona del movimento gay bolognese e fondatore, assieme a Grillini, dello storico circolo Arcigay “Cassero”, nel 1980. E’ stata sparuta poi la rappresentanza della sinistra tutta, presente con il ministro ombra delle Pari Oppurtinità, la Pd Vittoria Franco e la deputata Paola Concia, con il verde Pecoraro-Scanio e l’assessore Idv Libero Mancuso. Non c'era, e anche questo era prevedibile, il centro destra se non con il parlamentare ex radicale ora forzista Benedetto Della Vedova che ha spiegato la sua partecipazione in ragione del fatto che rappresenta “Un partito che il 40% degli italiani - tra cui senz’altro (sono parole sue) una parte importante degli omosessuali italiani - non può restare insensibile a determinate richieste legittime”. Lo vada a dire alla collega Carfagna, che di pacs e unioni omosex sull’esempio di Spagna, Olanda e California non vuole proprio sentir parlare.

E tra i carri c’era n’era uno in cui simbolicamente si celebravano matrimoni “ in attesa che un miracolo lo consenta veramente - ha scherzato il finto sindaco con tanto di collane di perle tricolore - consegniamo un fac-simile dei documenti spagnoli per le unioni civili ”.

Non si è parlato però solo di diritti, negli interventi di chiusura del pride si è sottolineato quanto la comunità LGBT sia stata e sia continuamente esposta a violenze e discriminazioni di ogni genere e sorta; le parole più applaudite quelle dell’astrofisica Margherita Hack, madrina ufficiale della manifestazione, intervenuta con un videomessaggio in cui, affermando in polemica col Vaticano che “non si può costringere un essere umano a reprimere la sua indole”, ha portato l’esempio dei bambini mancini. Con il piglio bonario della nonna che ne sa tante, ha spiegato alla folla in ascolto che fino a non molti anni fa nelle scuole italiane i bambini mancini erano forzati a diventare destri in quanto si pensava superstiziosamente che la sinistra fosse la mano del diavolo: “Allo stesso modo il clero discrimina una minoranza e pretende di piegare le identità, che sono un retaggio genetico, in base a quella che secondo loro è la morale comune ”.

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