di Giovanna Pavani

Non è stato facile. Ma alla fine un pizzico di buon senso ha pervaso anche alcuni dei rappresentanti europei più refrattari a trovare un compromesso possibile sui finanziamenti di Bruxelles finalizzati alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. E così è stato varato un programma quadro europeo che permetterà, almeno, di fare sperimentazione su quegli embrioni che sono considerati inutili al fine della procreazione assistita. E l'Italia ha detto sì. Non si tratta di un accordo storico. Però è un primo passo verso l'apertura alla ricerca anche sul fronte delle staminali embrionali: senza questo documento, infatti, la ricerca sarebbe rimasta off limits anche su quelle cellule inutili per qualsiasi fine, ma giudicate intoccabili solo perchè embrionali, dunque "potenzialmente vita" secondo la subordinazione della politica ad una morale di parte, quella cattolica. E' stato ancora il ministro Mussi, pur senza troppa convinzione, ma con in tasca un mandato che dava poche possibilità di interpretazione, a fare da cerniera tra posizioni apparentemente inconciliabili tra loro: da un lato Francia e Inghilterra, granitiche nella pretesa di lasciare libertà di ricerca ai Paesi la cui legislazione non la impediva, dall'altro Polonia, Malta, l'Austria e la Slovacchia a fare muro per difendere quella "dichiarazione etica" che avrebbe invece impedito a tutti, di qui al 2013, qualsivolglia passo avanti nel progresso scientifico legato alle staminali embrionali. Mussi, insomma, ha costruito, con l'ausilio della Germania, un ennesimo compromesso, al quale è stato difficile dire di no, perchè carico di buon senso: si può lavorare su cellule inutilizzabili altrimenti. Perchè è ipocrita pensare che qualcosa che ormai non potrà più diventare vita debba comunque rimanere in un limbo artificiosamente costruito dalla società solo perchè frutto di qualcosa di collegabile all'uomo, dunque intoccabile aprioristicamente. Congetture che non hanno alcun fondamento scientifico e, come tali, indifendibili realisticamente anche a livello politico. Sulla base di questi presupposti, Mussi è riuscito a portare sulle sue posizioni anche la recalcitrante Germania. Che ha firmato a favore. La patria del Papa, dunque, volta pagina. E noi con lei.

Una questione importante è però rimasta inevasa. Quand'è, in buona sostanza, che si può considerare un embrione sovrannumerario e crioconservato, non più attivo ai fini della fecondazione assistita e dunque utilizzabile per la ricerca? Mussi aveva un asso nella manica che, tuttavia, ha preferito far rimanere celato per non compromettere il risultato del primo passo: stabilire il cosiddetto "cut of date", una sorta di termine ultimo oltre il quale l'embrione non ha più potenzialità vitali. Un problema più di forma che di sostanza, dato che nessun embrione diventa vita se non si impianta nell'utero della donna con successo. E questo avviene non prima del 14° giorno dal concepimento. Ai fini scientifici, però, lo stabilire una data di "scadenza" dell'embrione avrebbe consentito, in futuro, di creare scorte di staminali embrionali da finalizzare alla ricerca. Troppo per quei paesi di stretta osservanza cattolica per i quali il dettame di Sant'Agostino (tutto è potenzialmente vita, tutto risponde solo a Dio) è una tale, granitica certezza, che non si può pensare che la "vita", anche quella solo in itinere, possa avere una data di scadenza come uno yogurt.

Eppure è così, che piaccia o meno. Anche la vita, quella nata, che respira e che è capace di provare tutto il più ampio spettro dei sentimenti, alla fine muore. Scade. Ma a nessuno è mai venuto in mente di considerare l'esistenza umana alla stregua di un derivato acido del latte. Solo che quando si toccano corde esposte e sensibili dell'integralismo cattolico, l'ipocrisia ha sempre la meglio su qualsiasi ragionevolezza e base scientifica. Meglio non rischiare.

Ironizzava, ieri, sul New York Times, a proposito del veto di Bush, dello stesso tenore di quello agitato ieri da Polonia e Slovacchia, sulla ricerca sulle staminali embrionali, Stephen Hawking, forse il più celebre scienziato mondiale, bloccato su una sedia a rotelle da una malattia degenerativa neuronale che lo rende capace di parlare solo attraverso il computer. " Il fatto che le cellule possano venire dagli embrioni non è un'obiezione valida, perchè gli embrioni moriranno comunque; è moralmente equivalente a prelevare il cuore da una vittima di un incidente stradale". Quindi, dall'alto della sua malattia incurabile, ha lanciato un monito politico di grande forza. "L'Europa non dovrebbe seguire la guida reazionaria del presidente Bush, perchè questa ricerca è la chiave per sviluppare cure per malattie degenerative di cui siamo stati colpiti io e molti altri. Spero che la Ue non voglia seguire Bush in questo tentativo di rallentare la corsa globale per lo sviluppo di terapie che potrebbero aiutare milioni di uomini".

Mussi, nel suo piccolo, ha invertito comunque la tendenza verso il blocco della ricerca "senza scadenza". E ormai è lecito pensare che la strada aperta non possa essere ripercorsa all'indietro, nonostante gli strali che immediatamente si sono levati dal centrodestra in nome della legge 40 e di una supposta maggioranza degli italiani che avrebbe votato per la salvaguardia dell'embrione "senza se e senza ma". E che Mussi avrebbe sconfessato allegramente. Ma ormai è tardi per recriminare. La speranza oggi è lecita. La retroguardia etica che obbligava l'Italia in una gabbia di ipocrisia e di oscurantismo medioevale, ha perso una partita importante. Di questo passo non sarà neppure l'ultima.

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