di Rosa Ana De Santis

Bruno Vespa ha annunciato che nel salotto di Porta a Porta, nel giorno della festa del lavoro, i protagonisti saranno loro: i cittadini che vivono il disagio e le famiglie sofferenti. In collegamento esterno per la prima volta ci saranno i politici e se accade questo nel manifesto della tv nazionale è il segno che qualcosa di profondo è cambiato.

A dirlo con toni senza melodramma, ma solo con dramma, è l’ISTAT. In un anno si sono persi quasi 250 mila posti di lavoro e la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 38,4% e in generale registra un aumento rispetto all’anno precedente. Il neo governo ha annunciato che la direzione di marcia sarà la crescita e il lavoro, anche se i titoli delle prime pagine sembrano assestarsi sulla controversia IMU: se toglierla per tutti, come vorrebbe Berlusconi, o solo per i più sfortunati, come chiede il PD.

L’agenda delle urgenze, come ricorderà la piazza con i sindacati, dovrebbe essere quella del rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga, dell’ assunzioni di giovani e degli incentivi alle aziende per le assunzioni e le trasformazioni in contratti di lavoro stabili.

Nonostante l’inflazione sia stabile e si registri uno stop alla crescita tendenziale dei prezzi dei beni di consumo, il potere d’acquisto delle famiglie è miseramente crollato e la ragione risiede nel lavoro. L’allarme sui numeri dell’ISTAT è lanciato da Federconsumatori: a cambiare con le tasche degli italiani sono state le abitudini di vita, addirittura quelle alimentari e quelle mediche. Un corto circuito per l’economia come mai nella storia economica del paese. Il governo, a questo proposito, avrà l’obbligo di evitare la stangata trasversale dell’IVA che a luglio potrebbe dar luogo ad un ulteriore e dannoso stop ai consumi già ridotti all’osso.

Tra l’occupazione che cala quella “rosa” mantiene sempre un suo record, dovuto forse al fatto che la permanenza delle over 50 non basta più ad arginare il gap occupazionale tra i sessi.

Se Monti ha dovuto fronteggiare la crisi sul versante finanziario, cosi recita la vulgata più scontata del giornalismo televisivo, adesso a Letta e al governo delle larghe intese spetterebbe di risolvere quella economica. Come si possa ragionare di economia mettendo da parte la visione politica e quindi concertando opzioni eterogenee sulla società e sul modello di sviluppo è un mistero difficile da decifrare.

Come possa quindi questo Parlamento - azzerato nella sua dialettica fisiologica di opposizione e maggioranza - produrre qualcosa è a metà tra un sogno e una bugia per prendere tempo e superare la stagione balneare come prometteva non sarebbe stato il neo Ministro degli Interni, Alfano.

Se non è saggio accendere le piazze non lo è nemmeno speculare sulla sparatoria a danno dei due carabinieri. Vicenda drammatica e ambigua: certo è che un uomo sano di mente ed esasperato dalla crisi, con in mente il piano di uccidere un politico, non si capisce perché abbia deciso di fare fuoco su due uomini riconoscibilissimi in uniforme che certamente politici non sono. Una logica perversa come quella che ha portato a paralizzare il Parlamento per l’incapacità di spartirsi i poteri e di scegliere un uomo nuovo al Quirinale. Paralisi che adesso con una spartizione semplicemente sfacciata e rivendicata sembra diventata una benedizione e un atto di responsabilità.

Il non senso di questo triste fatto di cronaca che la giustizia forse chiarirà o forse no, come la storia d’Italia insegna, è la più degna fotografia di questo falso Avvento della politica in cui a cambiare davvero è la vita alle porte del Palazzo. Le piazze esasperate, i grillini, i colpi di pistola e la moltiplicazione certificata della nostra povertà.

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