di Sara Nicoli

Nel loro quarto giorno di sciopero dall’inizio dell’autunno, i giornalisti italiani, aprendo le pagine del quotidiano crumiro "Libero", hanno appreso, non senza un comune senso di sconcerto, di avere nel capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, il principale nemico delle regole che sottendono alla libera informazione. E, di riflesso, dei giornalisti che le seguono. Niente di nuovo, si direbbe. Mai però - almeno a nostra memoria - Berlusconi si era esposto così vivacemente nella difesa di chi ha commesso quella che, per i giornalisti per bene, è la colpa più grave: fare lo spione per i servizi segreti mascherandosi dietro il tesserino dell’Ordine. Stiamo parlando di Renato Farina, vicedirettore del medesimo “Libero”, più noto come “agente Betulla”, a libro paga del Sismi, reo confesso e recentemente sanzionato dall’Ordine con un anno di sospensione dal mestiere, invece di essere radiato come sarebbe stato auspicabile e necessario vista la gravità della colpa. Si è persa l’occasione per dimostrare, a chi al mestiere di giornalista oggi si affaccia, che di errori se ne possono commettere tanti, ma che il fare la spia non rientra tra quelli tollerati dalla categoria - e dai lettori - in alcun modo. Si è persa l’occasione di far vedere che anche in Italia, e non solo in tutti gli altri Paesi del mondo, chi fa la spia viene espulso dalla professione e licenziato dal giornale. La credibilità dell’informazione passa anche attraverso questo genere di dimostrazioni di forza nel ribadire i valori etici e la libertà di espressione. Per questo, forse, non si è voluto fare quello che si doveva. E Berlusconi c’è andato a nozze.

L’Ordine di Milano, a nostro giudizio colpevolmente, ha scelto per Farina una sanzione fin troppo modesta che, tuttavia, è riuscita ad innescare una polemica puntigliosa (non solo interna all’Ordine) tra colpevolisti e innocentisti, tra censori e pruriginosi garantisti; tra giornalisti sani e ex spioni. Tra questi ultimi Giuliano Ferrara, che di aver collaborato con la CIA qualche decennio fa, se n’è fatto un vanto. Il risultato di questa rozza diatriba - e il fatto stesso che abbia trovato terreno fertile per alimentarsi - ha avuto come unico risultato il far capire a tutti i giornalisti d’Italia, di qualsiasi grado, inquadramento e reddito, che quelle regole a cui credevamo ancorata la deontologia del nostro mestiere, sono del tutto saltate. Inutile chiedere a chi, nell’Ordine dei Giornalisti, ha voluto guardare con indulgenza a casi come quello dell’agente Betulla, di dimettersi dall’incarico per evidente incompatibilità tra il ruolo di difesa dell’etica e le ragioni di opportunità politica e personale dimostrate in questo frangente. Con l’uscita di Berlusconi in difesa di Farina, anche il mandante dell’auspicata distruzione della professione e dei suoi istituti, a cominciare proprio dall’Ordine e del contratto nazionale, è venuto allo scoperto. C’è una destra senza cultura, ma piena di soldi, che concepisce i giornalisti solo come servi sciocchi del proprio potere, utili idioti da manipolare e privi di qualsivoglia senso critico; capaci, insomma, solo di attaccare l’asino dove vuole il medesimo. Ci sono gli editori in prima linea (e Berlusconi è il più ricco di tutti loro) e, a seguire, i direttori dei giornali - condiscendenti e strapagati - come appunto Giuliano Ferrara: uno che ha preso i soldi dai servizi come Betulla e, non a caso, uno dei suoi principali difensori.

Ma Ferrara, in fondo, può dire e pensare ciò che vuole. Il Foglio può di prendere la posizione che meglio crede: libera stampa in libero Stato. Diverso è che il capo dell’opposizione di questo Paese. si spertichi a tesser lodi e solidarietà nei confronti dell’agente Betulla, vittima del solito, losco, raggiro comunista, malgrado la confessione e le scuse del soggetto in questione. Betulla, a suo dire, è stato attaccato con l’intenzione di “distruggere o indebolire una delle poche voci di opposizione a Prodi e al suo universale apparato di potere politico, mediatico, inquisitorio e finanziario”.
Per dare credibilità alla difesa d’ufficio nei confronti dell’alleato giornalista prezzolato, il Cavaliere non ha mancato di ricordare che Betulla non è sempre stato schienato sulle posizioni del padrone. Anzi: “La vostra critica alla Casa delle libertà – si legge nella lettera - è un pungolo autorevole anche se a volte, lo confesso, urticante. Però siete liberi, siamo liberi noialtri e siamo tutti felici che voi esistiate e che prosperiate”(con i soldi del Sismi ndr). “Ma per la sinistra illiberale che in Italia si è presa tutto - prosegue il Cavaliere, in un livoroso crescendo rossiniano da far invidia all’avvocato Ghedini - voi siete peggio di una spina nel fianco. Non vi possono tollerare; Farina sa bene, solo il Papa è infallibile e lui può anche aver commesso degli errori, che del resto ha ammesso. Anche se io non ci credo”. Pirotecnico il finale. Berlusconi ha ringraziato Ferrara per quanto pubblicato sul suo giornale in difesa di Farina, definito nelle pagine del Foglio, “collega di grande valore, nei cui confronti c’è un accanimento pubblico che sa di purghe”. Quindi, il caloroso saluto personale, da libro Cuore: “So, Renato, che sei ridotto al silenzio. Ma questo tuo silenzio parla molto più di mille articoli a chi sa ascoltare. Il tuo sacrificio non è inutile. Una volta ti ho definito guerriero di liberta; sono sicuro che tornerai presto, più bravo, più efficace e più forte di prima”. Insomma, il massimo esponente del conflitto d’interesse non perde il vizio: non lo sfiora il senso del ridicolo nel difendere un “giornalista” prezzolato con due pagatori contemporanei: un’azienda riconducibile al presidente del Consiglio e i Servizi segreti operanti mentre lo stesso era a Palazzo Chigi.

Si sappia che Farina, per sua stessa ammissione, ha tradito la professione giornalistica e ha mantenuto un rapporto costante con il Sismi. Che è stato regolarmente retribuito dai Servizi Segreti ed ha compiuto atti tendenti a orientare l'informazione del suo giornale sia sul caso Abu Omar, sia relativamente alle falsità rispetto al ruolo dell'attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi. E, nonostante ciò, ha continuato a scrivere editoriali per il giornale di Vittorio Feltri fino a quando non è intervenuto l’Ordine. Che, tuttavia, ha riconosciuto all’agente Betulla uno sconto di pena motivato da una presunta, inesistente, “gogna mediatica”, specie nei confronti di un reo confesso, con la singolare tesi che la sanzione mediatica si è rivelata più incisiva della stessa pena disciplinare. Un fatto sconcertante che, comunque, farà riflettere seriamente i giornalisti italiani su una istituzione, quella dell’Ordine, che giustifica comportamenti inaccettabili degli iscritti e avvalora, di fatto, le tesi di un editore come Berlusconi, che detesta la libertà di stampa come la peste e riconosce come giornalisti veri solo gli omologhi di Farina, genuflessi ai suoi voleri e a rimborso spese del Sismi.
Il vero servizio permanente ed effettivo dell’agente Betulla .Che con il giornalismo sano non ha niente a che vedere.




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