Richieste di denaro, favori o regali in cambio di servizi hanno coinvolto quasi l’8 per cento delle famiglie italiane almeno una volta nella vita, soprattutto, in concomitanza con la ricerca del lavoro, della partecipazione a concorsi o dell’avvio di qualche attività professionale. Ma non solo: il fenomeno della corruzione ha riguardato circa il 3 per cento dei nuclei famigliari che erano implicati in cause giudiziarie ai quali avvocati, giudici, pubblici ministeri, testimoni o cancellieri hanno fatto richiesta di doni o soldi.

 

Il 2,9 per cento di quelli che hanno fatto domanda per contributi, sussidi, alloggi popolari, pensioni di invalidità o altri benefici assistenziali (legittimi) ha ricevuto richieste di scambi di favore.

Così anche in ambito sanitario e per le famiglie che si sono rivolte, in vario modo, agli uffici pubblici o alle forze dell’ordine nonché nel settore dell’istruzione. Oltre un milione e settecentomila italiani ha ricevuto offerte di denaro in cambio del voto elettorale, dimenticando, forse, che è un pactum sceleris fra un elettore e un politico, “eguale, libero e segreto” secondo l’articolo 48 della Costituzione.

Ma l’aspetto peggiore è che, per un motivo o per un altro, secondo quanto si legge nell’indagine “La corruzione in Italia: il punto di vista delle famiglie”, realizzata dall’Istat, l’85 per cento delle famiglie che ha acconsentito a pagare ritiene che sia stato utile per ottenere quanto desiderato e il 51 per cento lo rifarebbe.

Una prassi più praticata nel Lazio, in Abruzzo, in Puglia, in Basilicata e in Molise: nei comuni delle periferie delle aree metropolitane gli eventi di corruzione sono riscontrabili soprattutto in ambito sanitario mentre nelle grandi città sono più frequenti in occasione della ricerca di un lavoro e nelle Isole, le famiglie sono più esposte alla “multivittimizzazione” (quando le richieste di pagamento sono ripetute).

Pochi denunciano: solo il 2 per cento delle famiglie; le restanti o lo ritengono inutile o una consuetudine per raggiungere i propri obiettivi, oppure un segno di gratitudine o perché, in fin dei conti, non interesserebbe a nessuno. Tanto il sistema delle raccomandazioni è prassi diffusa, da risultare normale in quasi tutti i settori per aggirare ostacoli, arrivare tramite scorciatoie ad ottenere accessi a prestigiosi università o corsi di dottorato, farsi assegnare alloggi o cancellare sanzioni di ogni sorta.

A queste pratiche si sono rivolti soprattutto a uomini fra i cinquantacinque e i cinquantanove anni, con titolo di studio universitario e in posizione di quadro o dirigente. In Puglia Basilicata, Sardegna e Lazio più che altrove.

Due curiosità passano, spesso, inosservate: una, che la stima più bassa di corruzione è da rintracciarsi fra le public utilities, ossia fra le riparazioni per energia elettrica, gas, acqua o telefono, allacci, volture. La seconda, seppure non formalmente classificabile fra i casi di corruzione, è la richiesta di effettuare una visita a pagamento nello studio privato del medico prima di accedere al servizio pubblico per essere curati. Un sistema davvero molto malato.

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