di Agnese Licata

“Cittadini della nuova democrazia digitale”. Li definisce così, il Time. Ed è a loro che la rivista statunitense ha deciso di assegnare la copertina per la “Persona dell’anno 2006”. Ma, ancora una volta, gli americani dimostrano di avere un’idea un po’ confusa di democrazia. A scegliere “la persona o le persone che più hanno influenzato l’informazione o le nostre vite, nel bene o nel male” sarebbero dovuti essere proprio questi “cittadini”, chiamati ogni anno a votare attraverso il sito internet del giornale. Se l’anno scorso la preferenza era andata ai “Buoni Samaritani” (Bill e Melinda Gates, insieme con la rock star Bono degli U2), quest’anno al popolo di Internet si chiedeva di scegliere tra George W. Bush (già “vincitore” nel 2004, più nel male che nel bene), Condoleezza Rice, Kim Jong Il, Al Gore, Mahomoud Ahmadinejad, Hugo Chavez, Nancy Pelosi (leader dei democratici, nuova presidente della Camera dopo le elezioni di metà mandato) e la comunità di YouTube. Ebbene, leggendo il titolo di copertina del Time (“Tu. Sì, tu. Tu controlli l’era dell’informazione. Benvenuto nel tuo mondo”), gli articoli all’interno, così come quasi tutti i giornali che hanno riportato la notizia, si dovrebbe pensare che ad aver ottenuto il maggior numero di voti sia stata proprio l’ultima opzione, la generazione YouTube. E invece, spulciando tra alcuni siti spagnoli e latinoamericani (tra cui rebelion.org), si scopre che non è così. Si scopre che ad aver ottenuto ben il 35 per cento delle preferenze è stato, invece, il presidente del Venezuela Hugo Chavez. Mentre, dietro di lui, con il 21 per cento, spunta il leader iraniano Ahmadinejad. A votare YouTube è stato solo 11 per cento, poco meno di Nancy Pelosi (12 per cento).

Dati e nomi che scompaiono, per essere sostituiti da una copertina ben più ad effetto, con un computer, uno specchio al posto dello schermo, e, quell’“You” a caratteri cubitali. Nell’articolo di Lev Grossman non c’è traccia di Hugo Chavez , la legittima “Persona dell’anno”. I lettori (o anche semplici passanti) della rete hanno detto in modo chiaro che nel corso del 2006 due persone hanno influenzato più di altri gli eventi mondiali: da un lato Hugo Chavez, con la sua ferma opposizione alle ingerenze degli Stati Uniti in America Latina; dall’altro Ahmadinejad, con la sua volontà di dotarsi del nucleare e i suoi attacchi a Israele. Due leader che, in modo diverso, gli Stati Uniti vedono come spine nel fianco.

Insomma, un voto molto simbolico sul quale si sarebbe potuto discutere molto, magari cercando di capire le provenienze e le caratteristiche dei votanti. Molto democraticamente, invece, il Time ha preferito ignorare tutto e scrivere uno dei soliti speciali su quanto Internet stia cambiando il mondo, l’informazione, il modo con cui le persone si relazionano. Peccato che per farlo, abbia buttato alle ortiche proprio le scelte dei visitatori on-line, dimostrando, per di più, che, nonostante la diffusione e il potere della rete, un vecchio medium su carta stampata può ancora avere talmente tanta forza da imporre anche alle altre testate l’interpretazione di una notizia. Non è sfuggito neanche un quotidiano serio come El Pais.

Ciò non vuol dire, però, voler ridimensionare la portata della rivoluzione di Internet. L’accesso al Web da parte di milioni di persone ha cambiato e cambierà molto la società. Basti pensare a come alcuni video condivisi su YouTube (su tutti quello in cui un ragazzo autistico viene picchiato da un suo compagno di classe) abbiano costretto ministri, insegnanti e genitori italiani a interrogarsi su fenomeni come il bullismo, la violenza giovanile e, più in generale, l’educazione delle nuove generazioni. Per non parlare poi di fenomeni come Wikipedia o dell’influenza di google e delle risorse on-line sul modo stesso di fare giornalismo.
Ma il miglior modo che il Time aveva per elogiare il Web e questi “cittadini della nuova democrazia digitale”, sarebbe stato concedere la copertina a Chavez, invece che a un computer e a uno specchio.

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