Diciamolo chiaro e senza perifrasi: a fine legislatura e nella migliore delle ipotesi, si può tranquillamente definire Gian Luca Galletti come il peggior ministro dai tempi in cui fu istituito il Dicastero Ambiente a oggi. Una materia nella quale non hanno certo brillato i suoi predecessori, ma l’arroganza, il pressapochismo, l’asservimento alle lobbie dettati a suon di decreti dal governo Gentiloni, non ha avuto pari e purtroppo, da destra a sinistra con le elezioni alle porte non s’intuisce uno spiraglio per un cambiamento di rotta, in pratica, ciò che si teme per le questioni ambientali, è inscritto in un panorama politico desolante.

 

 

Dall’insediamento fino all’ultimo colpo di coda, il ministro Galletti non ne ha imbroccata una: Ilva, Tap, Terra dei fuochi, estrazioni petrolifere, discariche, inceneritori, depuratori; se non bastasse, l’allarme smog che registra i suoi picchi più alti in varie città italiane e il richiamo dell’Ue che potrebbe costarci fino a un miliardo d’euro in sanzioni, più la paventata ricaduta in termini di salute per i cittadini. Cosa ha fatto il ministro Galletti? Si è voltato dall’altra parte e ha cominciato a infierire sulla fauna selvatica.

 

Il ministro cacciatore com’è stato definito da più parti, ha pensato bene di soddisfare le urgenti priorità delle congreghe affaristiche invece di perdersi in quisquilie. Il primo nel mirino (in senso letterale), è stato l’animale simbolo della nostra storia, il lupo, poi è passato ai volatili, migratori e stanziali e dulcis in fundo, con un bel decreto di fine legislatura, ai delfini reclusi nei delfinari-lager.

 

Con il presupposto che la fauna selvatica sia patrimonio indisponibile per lo Stato, la cui tutela rientra a pieno diritto nell’interesse della comunità nazionale e internazionale, l’Italia, nonostante buone leggi, resta comunque fanalino di coda nella comunità europea per educazione ambientale, protezione di habitat e animali dimoranti. Si assiste a una diffusa mentalità tradizionalista di chi nutre affetto per quelli domestici, ignorando che il nostro paese ha una straordinaria ricchezza faunistica alla mercé di bracconieri, speculatori d’ogni risma, cacciatori senza scrupoli, dunque, un “capitale naturale” che rischia di scomparire.

 

WWF conferma: “Il nostro non è un paese per fauna selvatica… Una classe politica miope vorrebbe forse i cieli d’Italia vuoti rendendo concreto lo scenario preconizzato dal grande scrittore americano Jonathan Franzen, in Emptying the skies…”. Con “Svuotare i cieli”, circonstanziata testimonianza scritta per il New Yorker e l’omonimo film documentario, Franzen ha dimostrato come nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo - Malta, isole greche e Italia - gli uccelli canori sono decimati per divertimento e profitto, in barba a leggi vigenti.

 

Ciò che è accaduto quest’estate, è indegno di un paese civile nella progredita Europa. Dopo caldo, siccità, incendi dolosi, le regioni italiane, tutte, fatta eccezione per l’Abruzzo che ha riconosciuto una seppur breve dilazione, hanno concesso la mattanza sulla fauna selvatica, sebbene fosse stata messa a durissima prova dal caos climatico e dagli incendiari.

 

Si è visto come i cacciatori prendessero di mira (è il caso di dirlo), anche particolari aree protette, zone sicure, sulla carta, per l’incolumità d’uccelli e altre specie selvatiche; il tutto, senza che Dipartimento Ambiente con l’avallo del ministro Galletti, muovesse un dito. Completamente ignorati i pareri contrari dell’Ispra sull’avvio alla stagione venatoria per i gravi problemi preesistenti; Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia, Toscana avevano chiesto persino una pre – apertura della caccia senza attendere la terza domenica di settembre.

 

C’è altro da aggiungere al quadro suddetto? Sì, perché l’agenda con le “perle” di Gian Luca Galletti, appare nutrita e ingegnosa; come, ad esempio la conferenza Stato-Regioni che decide se rendere legale la caccia al lupo, con associazioni ambientaliste e ministero Ambiente in stato di guerra, gli uni contro l’altro.

 

“Uccisioni controllate”, sostiene Galletti, per il quale “esiste un consenso su quasi tutte le misure, sviluppo con sistemi di prevenzione naturali (cani pastori, rifugi, recinti elettrificati), rimborsi più rapidi agli allevatori, gestione dei pascoli, lotta agli incroci con i cani, nucleo anti-bracconaggio dei Carabinieri” e naturalmente sulla caccia legale al lupo.

 

Al povero ministro, preso in contropiede, si riconosce una missione: non può lasciare l’Italia in una situazione così indecorosa, perché, appare ovvio, che l’unico problema d’impatto ambientale che abbiamo nei nostri territori, è rappresentato dai lupi. E noi siamo rimasti indietro rispetto agli altri Paesi Ue, insomma, la solita storia, è l’Europa che lo chiede.  

 

I lupi non bastano, nella deroga, quasi in sordina, ce n’è anche per i randagi. Avete letto bene, quelle sventurate bestiole che vagano in cerca di cibo e riparo, spesso vittime di crudeltà e abbandono, che, nel migliore dei casi, finiscono dietro le sbarre di un canile. Per loro, Galletti ha pensato a una soluzione rapida, indolore, economica: la reintroduzione dell’eutanasia, altresì nei canili. In breve, farli fuori e problema risolto; non si sentiva il bisogno di un ministro dell’Ambiente con tale lungimiranza, bastava guardare al senso “civico” ed “etico” del governo spagnolo, alle celle della morte, le oscure Perreras, dove, sistematicamente si compie la triste sorte dei cani randagi.

 

L’ultima “perla” del nostro, giusto per coronare una luminosa carriera, arriva fresca, pochi giorni orsono. Si decreta una vera porcata con la quale si autorizzano i delfinari a far entrare nelle vasche i visitatori ed è difficile trovare definizione più garbata nel vocabolario in lingua italiana. Un regalo pre-elettorale offerto a quei centri che traggono profitto a dispetto di una diffusa protesta a livello mondiale per la crudeltà, la sofferenza inflitta ai delfini, straordinari mammiferi provenienti direttamente da cattura in mare (Taiji, ne è l’esempio più drammatico), dove vivono intense forme di socialità e interazione.

 

Pretestuoso anche il testo che stralcia la legge preesistente sulla tutela (fra le migliori d’Europa) a firma del signor Gian Luca Galletti, cui riportiamo il seguente passaggio: “É altresì consentito l’ingresso in vasca ai soggetti che partecipano ad attività di educazione e sensibilizzazione del pubblico in  materia  di conservazione della biodiversità con i delfini”, con cui si travisa intenzionalmente la realtà dei fatti.

 

L’ingresso in vasca del pubblico, in una zona delimitata di cattività come un delfinario, con altoparlanti ad altissimo volume e addestratori spesso implacabili, non estende la coscienza ambientalista, né rispetto e conoscenza verso gli animali, altro che sensibilizzazione alla biodiversità! Un’autorizzazione in cui traspare tutta l’idiozia di un governino miope e asservito a interessi di cassa, che nessuna autorità scientifica al mondo può approvare. Al contrario, delfinari, circhi e zoo, sono strutture diseducative che provocano stress e sofferenza agli animali esibiti come mere attrazioni a fine economico.

 

Per non parlare del rischio igienico -sanitario nell’avvicinare persone e delfini non in mare aperto con il presupposto di gioco e reciprocità, ma in vasche chiuse dove questi poveri mammiferi espletano le loro funzioni organiche. Si contesta come in numerose strutture di questo tipo, i “contatti” avvengano in spregio alle più elementari norme di sicurezza e che la trasmissione di patologie anche gravi, sia, di fatto, dimostrata.

 

Faciloneria, servilismo alle lobbie, indecenza tout court? Certo è che per Gian Luca Galletti, il passaggio dal Ministero dell’Ambiente al nulla, farà tirare in questo Paese un respiro di sollievo. Fino alla prossima legislatura.

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