Il diritto al cibo, secondo degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è il più violato visto che ci sono 821milioni di persone intrappolate nella morsa della fame e, dal 2014, il numero è in continua ascesa. Lo sradicamento della fame e il diritto al cibo, stando al secondo Rapporto di Coalizione italiana lotta contro la povertà, Diritto al cibo. Lo sviluppo sostenibile a partire dai sistemi alimentari, non sono accidentali o frutto di poche risorse.

 

Piuttosto sono il risultato di un sistema che, se produce fame, non funziona: politiche che non riconoscono la centralità dei piccoli contadini, dei gruppi vulnerabili e delle donne. E la connessione fra cibo e salute evidenzia come la piaga della fame tragga origine da profonde disuguaglianze strutturali, a partire da quelle tra uomini e donne. I dati dimostrano come il genere femminile sia il più malnutrito con patologie croniche e meno in grado di partecipare alla vita economica e sociale.

Si generano sempre più prodotti da vendere, escludendo donne e bambine. Escluse dal credito e alla mercé di speculazione di attori finanziari. Oltre alle donne, commercio, finanza e investimenti fine a se stessi provocano migrazioni forzate e sfruttano il lavoro dei migranti. La speculazione finanziaria sui costi delle materie prime, tra il 2003 e il 2008, ha fatto salire il valore di mercato delle 25 principali materie prime del 183 per cento, spingendo nella povertà da 130 a 155 milioni di individui; dal 2011, l'indice è sempre rimasto ai suoi massimi storici.

L'Unione europea, la più grande potenza agroalimentare del pianeta, importa ogni anno 22milioni di tonnellate di soia per l'alimentazione degli allevamenti industriali, rendendosi complice della sperequazione: dove la catena alimentare industriale utilizza il 70 per cento delle risorse agricole globali per produrre solo il 30 per cento dell'offerta alimentare mondiale, le reti di produttori su piccola scala forniscono il 70 per cento del cibo globale utilizzando solo il 30 per cento delle risorse agricole.

E per ricavare il 70 per cento del cibo, si stanno usando soltanto nove specie commestibili, perdendo il 75 per cento della biodiversità delle colture. Senza escludere che dal 1930 l'agricoltura moderna alimentata dal petrolio ha rilasciato nell'atmosfera dal 50 al 70 per cento del carbonio in precedenza catturato dal suolo: a questo ritmo, il terreno fertile si esaurirà nel giro di 60 anni.

Su 570 milioni di aziende agricole in tutto il mondo, 475 milioni sono più piccole di due ettari, supportando almeno due miliardi di persone ma occupando solo il 12 per cento dei terreni agricoli. Nel 2018, su cento euro spesi dal consumatore per l'acquisto di prodotti agricoli freschi, agli agricoltori ne rimangono solo ventidue.

"È necessario un approccio non fondato esclusivamente sullo sradicamento della povertà ma focalizzato anche sulla lotta contro le disuguaglianze e ogni forma di discriminazione, partendo dal presupposto che, in quanto esseri umani, siamo depositari di diritti universali e inalienabili", ha affermato la portavoce di GCAP, Stefania Burbo.

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