Il 9 maggio di ieri e di oggi

di Fabrizio Casari

Per celebrare l’80º anniversario della Grande Vittoria, ignorando le minacce di Kiev, sono arrivati al Cremlino presidenti, ministri e ambasciatori di 22 paesi, in rappresentanza di oltre il 60% della popolazione mondiale. Tanto la loro presenza quanto l’assenza di chi ha voltato le spalle alla storia hanno un preciso valore politico. Mosca ha mostrato una dimostrazione di forza militare e...
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Migranti, la dottrina Trump

di Mario Lombardo

Un giudice federale americano è dovuto intervenire nuovamente questa settimana per imporre all’amministrazione Trump il rispetto di un ordine che aveva già emesso nel mese di aprile al fine di fermare le deportazioni illegali di immigrati negli Stati Uniti verso paesi autoritari o in stato di guerra. L’ingiunzione è solo l’ultima in ordine di tempo delle numerose arrivate nei giorni scorsi. Svariati tribunali del paese hanno preso di mira quelli che appaiono a tutti gli effetti come rapimenti da parte delle forze di polizia, seguiti dal confinamento in veri e propri lager e dall’espulsione senza il minimo rispetto delle procedure legali e dei diritti costituzionali. Il giudice distrettuale Brian Murphy del tribunale di Boston ha...
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di Michele Paris

Il Senato degli Stati Uniti ha licenziato lunedì sera a tarda ora un provvedimento di emergenza che ha evitato un’imminente paralisi delle agenzie e degli uffici federali, nuovamente minacciati dalla mancanza di finanziamenti. Il più recente stallo al Congresso americano era scaturito dalla proposta di stanziare fondi straordinari per far fronte alle conseguenze dei ripetuti disastri naturali avvenuti negli ultimi mesi in varie parti del paese; un’emergenza sfruttata politicamente dai repubblicani per cercare di estrarre ulteriori tagli alla spesa pubblica.

In una vicenda che si è sostanzialmente risolta nell’ennesima capitolazione del Partito Democratico di fronte alle richieste di quello Repubblicano, alla fine da Washington non è stato praticamente stanziato nessun dollaro extra per le attività assistenziali e di ricostruzione svolte dalla protezione civile americana (FEMA, Federal Emergency Management Agency).

La sezione riguardante la FEMA faceva parte di un pacchetto di bilancio destinato a finanziare le spese federali fino al 18 novembre prossimo. Per l’agenzia governativa che si occupa di rispondere alle catastrofi naturali negli USA erano previsti un totale di 3,65 miliardi di dollari, di cui 2,65 da sborsare all’inizio del prossimo anno fiscale - che inizierà il 1° ottobre - e un miliardo in fondi straordinari per quello tuttora in corso.

Per dare il via libera al miliardo addizionale, i repubblicani pretendevano però che venissero tagliati 1,6 miliardi assegnati ad un programma federale di incentivi alla produzione di automobili a basso consumo energetico, particolarmente popolare tra i democratici. Di fronte alla ferma opposizione di questi ultimi, la Camera dei Rappresentanti a maggioranza repubblicana venerdì scorso aveva comunque proceduto a votare un provvedimento comprensivo dei tagli, pur senza alcuna possibilità di superare l’ostacolo del Senato.

L’impasse nella camera alta del Congresso è stata alla fine superata, evitando il pericolo di “shutdown” del governo federale, nella giornata di lunedì, quando la FEMA ha fatto sapere di aver reperito 114 milioni di dollari, destinati ad altri progetti ma inutilizzati, che dovrebbero consentirle di operare fino a venerdì prossimo. Superato l’ostacolo, il Senato ha così approvato il budget temporaneo con 79 voti a favore e 12 contrari. Il voto definitivo della Camera, come ha confermato lo speaker John Boehner, si terrà settimana prossima, al termine di una sospensione dei lavori di una settimana.

Grazie all’accordo bipartisan, la FEMA potrà così ottenere i 2,65 miliardi di dollari assegnati al suo bilancio per l’anno fiscale 2011-2012 a partire da sabato prossimo. Senza il miliardo extra, tuttavia, in questi ultimi giorni di settembre le sue operazioni negli USA risulteranno notevolmente ridotte, mentre non saranno possibili interventi in caso di nuove calamità.

La FEMA, oltretutto, è penalizzata da una cronica carenza di fondi e, alla luce del moltiplicarsi delle emergenze nell’ultimo periodo, il suo budget dovrà con ogni probabilità essere nuovamente discusso dal Congresso a breve. La stessa Casa Bianca ha già fatto sapere che la FEMA avrà bisogno di almeno 4,6 miliardi di dollari nel prossimo anno fiscale, una cifra che in molti ritengono peraltro ben al di sotto delle reali necessità dell’agenzia.

Di fronte a situazioni drammatiche, con migliaia di persone senza un alloggio, servizi pubblici e infrastrutture da ricostruire, le vittime dei recenti terremoti, inondazioni, tornado e uragani sono dunque tenute in ostaggio dallo scontro politico sul debito in corso a Washington. Fino al recente passato, gli stanziamenti per le emergenze seguite ai disastri naturali - ancorché spesso insufficienti - venivano approvati dal Congresso senza impedimenti.

La febbre del debito che ha contagiato l’intero panorama politico americano, e in particolare quello repubblicano, sembra invece aver portato all’ordine del giorno la necessità di bilanciare le spese per l’assistenza alle vittime delle calamità con altri tagli alla spesa pubblica. Se questo principio non è stato per ora adottato, appare in ogni caso inevitabile che, visto il clima attuale, venga riproposto già in occasione della prossima emergenza.

L’ennesima messa in scena di un Congresso che non sa dare risposte né alle conseguenze della crisi economica né a quelle delle catastrofi naturali, ha rappresentato una nuova occasione per mettere in atto ulteriori misure di austerity. Negli ultimi mesi, infatti, sono stati escogitati più volte ultimatum e scadenze inderogabili, utilizzate per implementare tagli devastanti alla spesa federale, puntualmente presentati come inevitabili per la sopravvivenza stessa dei servizi garantiti dal governo.

Ad aprile, ad esempio, lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner, e il presidente Obama trovarono un accordo sull’estensione del finanziamento della macchina federale addirittura a pochi minuti da un clamoroso “shutdown”. L’esempio più eclatante di questa strategia, deliberatamente adottata per far digerire gli assalti alla spesa pubblica, è però quello dello scorso agosto, quando venne raggiunto un accordo bipartisan in extremis per innalzare il tetto dell’indebitamento americano in cambio di colossali tagli.

Da quel patto tra repubblicani e democratici è uscita una speciale commissione incaricata di individuare e proporre al Congresso entro la fine dell’anno tagli alla spesa per almeno 1.500 miliardi di dollari. A ciò va aggiunto poi il recente piano della Casa Bianca per ridurre la spesa federale di altri 4 mila miliardi di dollari nel prossimo decennio. Una proposta propagandata direttamente da Obama e che include anche tagli per oltre 4 miliardi di dollari al programma della FEMA per la copertura assicurativa dei danni causati dai disastri naturali.

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a cura di:
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