Assange, le “non garanzie” USA

di Michele Paris

Nelle scorse settimane si erano intensificate le voci di una possibile risoluzione del caso di Julian Assange, con il presidente americano Biden che aveva anche ammesso di valutare la richiesta del governo australiano di lasciare cadere definitivamente le accuse contro il fondatore di WikiLeaks. Per il momento, il governo di Washington sembra essere però deciso a continuare la battaglia per...
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Israele e l’equazione iraniana

di Michele Paris

L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili, anche se tutti ancora da verificare in maniera indipendente, ma il successo dell’operazione è senza dubbio da ricercare altrove. La premessa necessaria a qualsiasi commento della vicenda è la legittimità dell’iniziativa di Teheran. Come hanno sostenuto i leader iraniani, la ritorsione è giustificata in base all’articolo 51 della Carta delle...
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di Michele Paris

I fatti relativi all’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines MH17 continuano a essere sottoposti a un vergognoso processo di distorsione da parte dei media e dei governi occidentali, così come dal regime ucraino installatosi illegalmente a Kiev. La tragedia avvenuta giovedì scorso nei cieli del paese dell’Europa orientale viene infatti sfruttata appositamente per superare gli ostacoli e le resistenze ad un pericoloso confronto con Mosca e per legittimare un’escalation della repressione in corso contro i ribelli filo-russi.

Martedì a Bruxelles, un vertice dell’Unione Europea ha allungato la lista di individui ed entità russe sottoposte a sanzioni. Allo stesso tempo, con un mix di irresponsabilità, vigliaccheria e totale stupidità, i ministri degli Esteri hanno minacciato di passare alla “fase 3” delle sanzioni - misure cioè che potrebbero paralizzare ampi settori dell’economia russa e, di riflesso, penalizzare le stesse economie europee - se il Cremlino non si adopererà con i ribelli per ristabilire la pace in Ucraina orientale e non collaborerà con l’indagine internazionale sul disastro aereo.

L’iniziativa europea era stata anticipata lunedì dall’annuncio del primo ministro canadese di estrema destra, Stephen Harper, dell’intenzione del suo paese di preparare un nuovo round di sanzioni economiche contro la Russia. Martedì, poi, il neo-ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, e il suo omolgo svedese, Carl Bildt, hanno chiesto un embargo sulle forniture di armi alla Russia alla luce dei nuovi scenari seguiti al disastro aereo.

Curiosamente, nonostante non siano state presentate prove concrete della responsabilità dei ribelli o di Mosca, l’improvvisa accelerazione delle misure punitive è motivata apertamente dall’abbattimento del Boeing malese.

La totale irrazionalità della situazione - resa possibile grazie al contributo dei media ufficiali in Occidente che propagandano in larghissima misura le accuse dei governi dei loro paesi - è confermata dal fatto che in più di un’occasione gli stessi leader occidentali hanno ammesso di non potere ancora stabilire con certezza chi siano i responsabili dell’abbattimento del velivolo.

Esemplari della strategia impiegata dagli Stati Uniti e dai loro alleati per confondere le idee all’opinione pubblica internazionale sono le dichiarazioni rilasciate lunedì dal presidente Obama. L’inquilino della Casa Bianca, dopo che l’intelligence del suo paese aveva sostenuto che ad abbattere l’aereo era stato un missile SA-11 fornito dalla Russia ai ribelli ucraini, ha accusato questi ultimi di avere impedito agli investigatori di accedere al luogo del disastro e di avere rimosso prove importanti per stabilire la verità dei fatti.

Obama si era poi chiesto che cosa i ribelli stessi “stavano cercando di nascondere”. Parallelamente, il presidente ucraino Poroshenko aveva definito “barbara” la condotta dei ribelli. Queste dichiarazioni rappresentano però il tentativo da parte di Kiev e Washington di mettere le mani avanti e di denunciare manipolazioni da parte dei ribelli nel caso un’indagine realmente indipendente dovesse portare a conclusioni imbarazzanti.

Nel mondo reale, invece, tra lunedì e martedì i ribelli in Ucraina orientale hanno consegnato le scatole nere del Boeing alle autorità malesi e facilitato il trasporto delle salme nella città di Kharkiv sotto il controllo governativo. Le due iniziative sono giunte dopo l’approvazione di una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiede un’indagine internazionale sull’abbattimento e in seguito al raggiungimento di un accordo tra i leader della cosiddetta Repubblica Popolare di Donetsk e il governo malese del primo ministro Najib Razak.

Le critiche occidentali lasciavano al contrario intendere che i ribelli - ma anche Mosca - volessero ostacolare lo svolgimento delle indagini, ma i fatti delle ultime ore hanno delineato un quadro differente. Per cominciare, i membri dell’OSCE inviati sul posto hanno affermato di avere avuto libero accesso ai resti del velivolo, mentre uno degli esperti olandesi giunti in Ucraina ha affermato di essere rimasto sorpreso dall’efficienza dei ribelli nel recuperare i corpi delle vittime.

Martedì, piuttosto, ostacoli alle indagini sono stati posti dalle forze del regime di Kiev, così come è sembrata emergere forse la volontà di quest’ultimo di volere nascondere qualcosa. Infatti, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti, un aereo da guerra ucraino ha bombardato la città di Shakhtarsk, a circa 30 chilometri dal luogo dello schianto, violando un cessate il fuoco che il governo e i ribelli avevano sottoscritto lunedì. Questa intesa riguardava un’area fino a 40 chilometri dal luogo stesso del disastro, così da garantire la sicurezza degli investigatori internazionali.

Alcuni esperti malesi, inoltre, sempre martedì sono stati testimoni diretti di un’incursione aerea delle forze del regime ucraino in una località vicina a Donetsk proprio mentre stavano raggiungendo il luogo dove si è schiantato il Boeing.

Com’è ovvio, sulla stampa occidentale hanno però trovato maggiore spazio le speculazioni ucraine e occidentali sulle responsabilità del Cremlino. La CNN, ad esempio, ha titolato e aperto un pezzo sul proprio sito web con le “rivelazioni” di un esponente del governo di Kiev, il quale si è detto certo che “un ufficiale russo ha premuto personalmente il pulsante che ha causato l’abbattimento del volo MH17”. In maniera singolare, tutto il resto dell’articolo è stato dedicato alla cronaca degli eventi del giorno in Ucraina, mentre non è stata indicata una sola prova a supporto delle affermazioni “esplosive” anticipate dal titolo.

Ugualmente ignorati o irrisi in modo più o meno aperto sono stati anche gli interrogativi sollevati lunedì dal generale russo Andrei Kartopolov nel corso di una conferenza stampa tenuta a Mosca. L’alto ufficiale russo ha presentato alcune conclusioni dell’indagine preliminare condotta nei giorni scorsi dalle forze armate del suo paese, mostrando i dati satellitari e dei radar risalenti alle ore precedenti e successive all’abbattimento.

Le domande a cui il governo di Kiev è stato invitato a rispondere per mostrare un reale interesse a fare luce sulla vicenda riguardano in primo luogo la presenza di un aereo da guerra ucraino Sukhoi-25 a non più di 5 chilometri di distanza dal velivolo MH17 e in un corridoio riservato ai voli civili poco prima dello schianto.

Inoltre, i russi sono in possesso di immagini satellitari del 17 luglio scorso nelle quali è visibile una batteria missilistica Buk dell’esercito ucraino - simile a quella da cui, anche secondo gli USA, sarebbe partito il missile che ha abbattuto il Boeing - in un luogo all’interno di un’area dalla quale sarebbe stato possibile colpire il volo diretto a Kuala Lumpur. Solo tre giorni prima, lo stesso sistema di lancio si trovava in un altro punto, dove è tornato regolarmente il 18 luglio.

Il generale Kartopolov ha anche rilevato un’insolita attività nelle stazioni radar ucraine il giorno dell’attentato, poi ridotta sensibilmente a partire dal 18 luglio. Lo stesso ufficiale ha infine chiesto agli Stati Uniti di rendere note tutte le informazioni ottenute da un loro satellite individuato dai militari russi al di sopra dell’Ucraina orientale al momento dell’espolosione dell’aereo malese. Gli americani, poco dopo il disastro, avevano citato i dati ricavati da questo stesso satellite per affermare che il velivolo era stato abbattuto da un missile ma non hanno finora mostrato pubblicamente quanto in loro possesso.

In definitiva, il mistero del Boeing della Malaysia Airlines è ancora lontano dall’essere risolto, ma quello che conta per Kiev, Washington o Londra è che la tragedia di settimana scorsa rappresenta un’occasione unica per fare avanzare i propri piani in Ucraina.

L’amministrazione Obama e il regime fantoccio di Kiev, cioè, confidano che la morte di 298 persone possa contribuire a convincere i paesi europei più riluttanti ad appoggiare l’escalation dello scontro con Mosca, indifferentemente dalle prove della responsabilità russa o dei ribelli nell’abbattimento del velivolo.

In ultima analisi, comunque, al di là di chi si sia realmente macchiato della strage di giovedì scorso, come aveva suggerito il presidente russo Putin poco dopo il disastro, la responsabilità ultima per avere creato le condizioni nell’ex repubblica sovietica che hanno consentito l’abbattimento di un aereo civile sono da assegnare interamente agli Stati Uniti e ai loro partner occidentali.

Questi ultimi governi da mesi operano in maniera sconsiderata in Ucraina, nel tentativo di sottrarre il paese all’influenza russa. Per raggiungere questo obiettivo strategico, l’Occidente ha coltivato e promosso forze ultra-reazionarie e neo-fasciste che ora occupano posizioni di rilievo all’interno del nuovo regime golpista.

La creazione di un governo di questa natura - pronto a obbedire ai diktat del Fondo Monetario Internazionale e a implementare devastanti misure di ristrutturazione economica - ha provocato dapprima l’inevitabile reazione della Russia, concretizzatasi con l’annessione della Crimea, e successivamente la nascita di un movimento di resistenza di massa nelle regioni orientali, la cui repressione continua ad essere avallata dall’Occidente nonostante il crescente numero di civili vittime dell’offensiva delle forze di Kiev.

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