Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Fabrizio Casari

Un altro muro, a completare la recinzione della fortezza ariana nella sua versione magiara, sembra dipingere con pennellate di vergogna l’ultimo quadro del Vecchio Continente. Qui non si tratta più di politiche inclusive o esclusive nei confronti dei migranti, nemmeno di governance obbligata per quanto difficile. Si tratta di una concezione xenofoba che sull'identità religiosa e su una (presunta) identità etnica costruisce un programma pericoloso per la convivenza europea.

L’odio razziale che la sottocultura del fascista Orban eleva a linea politica, apre interrogativi non più rinviabili nel seno europeo. L’Europa che ci viene proposta nella sua rappresentazione giuridica e politica, ovvero l’Unione Europea, non è certo uno spettacolo che scalda i cuori.

La prematura scomparsa degli elementi culturali che l’avevano disegnata - dall’identità politica al modello socioeconomico - è da tempo evidente e la riduzione dell’Europa ad un consorzio finanziario a guida tedesca è un fatto difficilmente contestabile. Ma nella gestione dei flussi migratori emerge però prepotentemente una Europa che dimostra come il sistema di valori, l’identità e persino l’anima culturale sulla quale era stata concepita sono ormai alla deriva.

S’avanza una Europa nera, che dipinge gli equilibri politici e la stessa identità continentale a tinte fosche. E il paradosso della vicenda profughi ed immigrati è che i paesi dell’Est, in particolare Polonia e Bulgaria, hanno letteralmente invaso il resto d’Europa con centinaia di migliaia di migranti.

Allora chiedevano, giustamente, aiuti e comprensione; oggi, che pensano di essere diventati paesi autosufficienti, offrono marchiature e muri a chi fugge dai rispettivi inferni. L’Ungheria governata dal fascista Orban, cui è addirittura toccato un semestre di presidenza Ue appena prima dell’impalabile semestre italiano, non rappresenta però un caso isolato, una sorta di unicità negativa che l’insieme dei 28 paesi che compongono la Ue può permettersi di giudicare alla stregua di un fenomeno locale o temporaneo.

Certo la storia dell’Ungheria è nera come il carbone ed è certamente diversa da quella polacca o Ceka, ma il propagarsi rapido dell’ideologia totalitaria in tutta l’Europa dell’Est rende impossibile sottovalutare o circoscrivere il problema. Alla rivendicazione di una improbabile razza magiara, Budapest fa seguire i fatti. Lo spaccio di oltre 800.000 passaporti ungheresi in quelli che considera territori perduti in Slovacchia, Romania e Ucraina, crea allerta.

La Nato ritiene che Orban provi a insediare quinte colonne etniche nei paesi Baltici per chiedere domani modifiche alle frontiere. Basterebbe che la Commissione Europea si rivolgesse al Comando Nato nella stessa Bruxelles per avere valutazioni circa la pericolosità del premier fascista ungherese.

E nell’opera di revisione di quanto fatto finora sarebbe bene anche considerare finalmente con uno sguardo diverso lo stesso governo ucraino, certo non privo d’identità nazistoidi al suo interno, invece che di proseguire nelle sanzioni contro Mosca che, pur con tutti i suoi errori e crimini, come già in altri passaggi storici - dall’Afghanistan alla Siria - si oppone sola alle derive iperpoliticiste dell’Occidente, che per interessi geostrategici crea e difende milizie e governi orrendi che successivamente gli si rivoltano contro con tutta la loro pericolosità.

A meno di non voler sostenere che l’unica condizione per la presenza nella Ue sia l’applicazione delle dottrine monetariste, la Polonia in mano a Duda, la Repubblica Ceka dell’antieuropeista ad alto tasso etilico Zeman, la Slovacchia di Fico (che ha l‘ardire di definirsi socialista), come la Bulgaria del corrotto Ponta, rappresentano un problema di natura politico - e dunque sistemico - che Bruxelles non può fingere d’ignorare.

Vi è insomma una parte consistente dell’Europa dell’Est dai tratti xenofobi e fascisti che non può più essere considerata compatibile con ll’Unione Europea. La cosiddetta “svolta” del 1989 è ora chiara a tutti. La comune caratteristica degli ex paesi del blocco orientale a guida sovietica sembra, a posteriori, voler dare ragione a chi la vedeva come una minaccia più che una promessa.

Non bastano certo le minacce di procedure d’infrazione, ovvero multe che non verranno mai riscosse, ad affrontare con la giusta determinazione il problema. E nemmeno la minaccia di sanzioni semplici da aggirare e che nessuno rispetterebbe, servirebbero a lavare la coscienza dell’Ue, che ama spacciarsi come centro della cultura multietnica e baluardo della democrazia internazionale.

Il blocco dell’ultradestra europea si caratterizza infatti per l’odio razziale contro l’immigrazione e per la repressione spietata verso le opposizioni interne, che quasi ovunque vede anche la versione giuridica nell’impedimento legale alla formazione di partiti comunisti o di sinistra che dir si voglia.

Non sono fascisti perché marchiano gli immigrati: marchiano gli immigrati perché sono fascisti e, in quanto tali, per passato e presente, incompatibili con il consesso civile. L’Unione Europea deve aprire una fase nuova, cominciando a dire con chiarezza che non può far parte della UE chi applica politiche razziste e repressive al suo interno.

Che non può continuare a partecipare ad una identità politica europea chi nega i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta Internazionale delle Nazioni Unite e dalla Carta dei Diritti dell’Uomo, oltre che dallo statuti fondativi della stessa Unione Europea.

Sarebbe un buon sistema per inviare un messaggio anche alle forze più reazionarie che, accucciate come avvoltoi in attesa dell’occasione giusta, minacciano anche dall’interno l’identità democratica degli stessi paesi fondatori dell’Unione.

Diceva Bertold Brecht che la sconfitta del nazismo non doveva generare illusioni, perché “sebbene la bestia sia stata annientata, il ventre che la concepì è ancora gravido”. Parole profetiche quelle del grande drammaturgo.

La minaccia dell’onda nera appesta di nuovo il centro del Vecchio Continente e l’affermarsi in molti paesi delle destre xenofobe, nostalgiche del nazismo, rischia di trasformare di nuovo l’Europa da soluzione del problema a problema senza soluzione. Già una volta la storia ha dimostrato che ad esitare la si paga cara. La conoscenza dei corsi e ricorsi vichiani dovrebbero spingere a non ripetere l’errore.


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