Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Ucraina, l’illusione delle armi

di Michele Paris

L’approvazione di una nuova all’apparenza consistente tranche di aiuti americani da destinare all’Ucraina è stata per mesi invocata come la soluzione alla crisi irreversibile delle forze armate e del regime di Kiev di fronte all’avanzata russa. Il via libera della Camera dei Rappresentanti di Washington nel fine settimana ha perciò scatenato un’ondata di entusiasmo negli Stati Uniti e in Europa. I quasi 61 miliardi appena stanziati non faranno però nulla per cambiare il corso della guerra e, se anche dovessero riuscire a rimandare la resa ucraina, aggraveranno con ogni probabilità i livelli di distruzione e morte nel paese dell’ex Unione Sovietica. La propaganda di governi e media ufficiali, scattata subito dopo il voto in...
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di Michele Paris

Per la prima volta dalla fine dell’Unione Sovietica nel 1991, il governo di Mosca ha esplicitamente nominato in un documento strategico ufficiale gli Stati Uniti e la NATO come minacce alla sicurezza nazionale della Russia. L’asserzione sembra essere la logica conseguenza degli eventi internazionali di questi ultimi anni e conferma come l’aggressiva politica occidentale nei confronti di minacce strategiche reali o percepite abbia fatto aumentare significativamente il rischio di un conflitto globale dalle conseguenze incalcolabili.

Il documento in questione - “Sulla Strategia per la Sicurezza Nazionale della Federazione Russa” - è stato firmato dal presidente Putin l’ultimo giorno del 2015, rendendo i suoi contenuti politica ufficiale del governo. La precedente dichiarazione strategica russa risaliva al 2009, durante la presidenza Medvedev, e non faceva alcun riferimento agli USA o all’Alleanza Atlantica.

Le minacce alla Russia, si legge nel documento, sono legate agli sforzi di Washington e dei suoi alleati per “mantenere il dominio sugli affari internazionali”. Il riesplodere delle tensioni è così dovuto all’impegno sempre più evidente di Mosca “nel risolvere i conflitti globali”. In effetti, la ripresa della Russia dopo la grave crisi del periodo seguito al crollo dell’URSS ha portato questo paese a svolgere nuovamente un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale, diventando inevitabilmente una minaccia all’egemonia americana.

Per questa ragione, prosegue il documento strategico russo, la prosecuzione delle politiche che rafforzano la posizione di Mosca a livello internazionale produrranno probabilmente ulteriori “pressioni politiche, economiche, militari e di propaganda” sulla Russia.

L’attenzione dell’analisi strategica siglata dal Cremlino viene posta in primo luogo sulla crisi in Ucraina e sugli effetti che essa ha avuto sugli equilibri in Europa orientale. Il colpo di stato dell’estrema destra ucraina favorito dall’Occidente è stato seguito dalla “intensificazione delle attività militari dei paesi membri della NATO”, nonché dalla “ulteriore espansione dell’Alleanza” ai confini con la Russia, dove si è registrato il “movimento di infrastrutture militari”. Tutto ciò, com’è ovvio, rappresenta una nuova minaccia alla sicurezza nazionale russa.

La designazione di un determinato paese o entità militare come “minaccia alla sicurezza nazionale” comporta una serie di conseguenze che includono la possibilità, da parte del paese o governo minacciato, di fare ricorso alla forza militare e, nel caso della Russia, al proprio arsenale nucleare, in funzione difensiva.

Nonostante Mosca continui a mostrare la propria disponibilità per una possibile distensione con la NATO e gli Stati Uniti, i concetti espressi nell’ultimo documento strategico russo corrispondono a un’ammissione del grave deterioramento dei rapporti con l’Occidente e, soprattutto, che a tutt’oggi l’eventualità di una guerra è un’ipotesi reale.

Come già accennato, la Russia indica in particolare l’Ucraina come “fonte di instabilità nel lungo periodo in Europa” e direttamente ai propri confini. La crisi in questo paese, promossa deliberatamente dagli USA e dai loro alleati in Europa, ha infatti innescato un processo di espansione delle forze NATO.

L’Alleanza ha aumentato il numero di soldati e di mezzi militari posizionati sul territorio dei paesi membri in Europa orientale, a cominciare da quelli baltici, i cui governi continuano ad alimentare l’isteria anti-russa. Nei mesi scorsi si sono poi moltiplicate le provocazioni e le esercitazioni militari ai confini con la Russia, provocando frequentemente la reazione stizzita di Mosca.

Inoltre, se i legami economici tra molti paesi europei e la Russia hanno talvolta mitigato i toni dello scontro da questa parte dell’oceano, oltre l’Atlantico si è spesso ammesso apertamente che i nuovi scenari strategici possono condurre a una guerra aperta nel prossimo futuro. Anzi, in più di un’occasione, esponenti dell’amministrazione Obama e del Pentagono hanno prefigurato la possibilità di utilizzare attacchi nucleari “preventivi” contro la Russia nel caso di un aggravamento della situazione.

In maniera significativa, il documento strategico russo non cita invece il conflitto in Medio Oriente, dove nel teatro di guerra siriano si stanno scontrando, sia pure in maniera indiretta, i due fronti guidati da Mosca e da Washington con i loro rispettivi alleati. Lo scenario mediorientale è però senza dubbio in cima ai pensieri degli strateghi russi, soprattutto dopo il recente abbattimento, probabilmente deliberato, di un aereo da guerra russo da parte dell’aviazione della Turchia. In seguito a questo episodio, il governo di Ankara aveva appunto cercato il sostegno della NATO contro la presunta invasione del proprio spazio aereo.

Correttamente, Mosca elenca come uno dei fattori di rischio per la propria stabilità anche i tentativi da parte americana di istigare in Russia una nuova “rivoluzione colorata”, sull’esempio di quelle che portarono al cambio di regime, ad esempio, in Georgia nel 2003 e in Ucraina tra il 2004 e il 2005.

I governi occidentali intendono cioè continuare a minacciare “l’integrità territoriale” e a “destabilizzare il processo politico” in Russia attraverso il sostegno “a organizzazioni radicali che utilizzano ideologie nazionaliste e religiose estremiste, a ONG straniere e a cittadini privati”.

Tutte queste dinamiche sono comunque destinate a intensificarsi, dal momento che l’obiettivo del governo di Mosca rimane quello di “consolidare lo status di potenza mondiale della Federazione Russa, le cui azioni sono dirette ad assicurare la stabilità strategica e [a costruire] partnership reciprocamente vantaggiose nel contesto di un pianeta multi-polare”.

Simili obiettivi sono però messi in discussione da un contesto economico tutt’altro che entusiasmante e che, esso stesso, costituisce una minaccia alla sicurezza e alla stabilità della Russia. Il documento elenca infatti i numerosi problemi della Russia capitalista post-sovietica, dalla “vulnerabilità del sistema finanziario” al “logoramento delle risorse del sottosuolo” al dilagare della “corruzione e delle attività criminali”.

Tutte condizioni di debolezza strutturale, queste ultime, che facilitano le manovre occidentali per cercare di isolare e destabilizzare la Russia, come si è visto appunto con le sanzioni applicate in seguito alla crisi in Ucraina.

Il nuovo documento strategico russo, in definitiva, non fa che prendere atto della nuova realtà emersa dall’intensificarsi dei conflitti internazionali e della competizione tra le varie potenze sulla spinta della crisi del capitalismo globale e, soprattutto, statunitense.

Questi fenomeni sono strettamente collegati alla crescita esponenziale del peso economico e strategico di paesi come Russia e Cina, considerati sempre più come una minaccia esistenziale per gli USA, i quali, di conseguenza, ricorrono ad aggressive politiche di contenimento che rischiano seriamente di sfociare in conflitti su larga scala.

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