Germania, riarmo senza consenso

di Michele Paris

La clamorosa caduta del neo-cancelliere tedesco, Friedrich Merz, nella prima votazione al Bundestag di martedì per la fiducia al suo nascente governo ha dato subito e in maniera inequivocabile la misura dell’impopolarità della maggioranza formatasi a Berlino dopo le elezioni anticipate dello scorso febbraio. L’ex presidente della divisione tedesca del colosso delle speculazioni BlackRock ha...
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USA-Iran, diplomazia e pasticci

di Michele Paris

I faticosi negoziati in corso tra Iran e Stati Uniti continuano a essere una delle priorità della politica estera di Donald Trump, tanto da avere probabilmente influito sul primo licenziamento eccellente nello staff dell’amministrazione repubblicana. I messaggi che arrivano da Washington restano peraltro contraddittori e il rinvio del nuovo round di colloqui, inizialmente previsto per lo scorso fine settimana, assieme alle ennesime sanzioni decise dalla Casa Bianca, sembrano anticipare un possibile e tutt’altro che sorprendente naufragio della diplomazia. Come sempre con Trump, però, è di fatto impossibile decifrare la strategia messa in campo, sempre che una strategia esista realmente, così da rendere precaria ogni speculazione...
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Sono ormai vari anni che la Halliburton è divenuta una specie di prolungamento naturale del governo USA. Dopo l'11 Settembre, data in cui Bush ha iniziato a riferirsi agli immigrati come "invasori da rimpatriare", nella sede centrale di Houston erano sicuri che il compito di rimettere ordine sarebbe stato affidato a loro. Qualcuno si chiede: non sarà paradossale quanto ipocrita affidare un business da 395 milioni di dollari per la costruzione di campi di concentramento destinati agli immigrati ad una multinazionale che approfitta spesso delle loro indigenza per farli lavorare in cambio di paghe risibili? Alcuni degli ispanici assoldati per la ricostruzione di New Orleans, anch'essa affidata ad Halliburton, avevano camminato giorni e giorni per raggiungere i confini ed erano privi di visto d'ingresso, ma sono stati accolti a braccia aperte dalla multinazionale di Houston e dal suo stuolo di appaltatori decisi a sfruttarli fino all'osso. Ma nessuno sembra averci fatto caso, trattandosi di una pratica già sfruttata molte volte in Iraq sempre da Halliburton, il cui presidente è oggi estasiato davanti al nuovo contratto miliardario e quindi il problema non si pone. Un fatturato così non si vedeva da almeno 86 anni, ha annunciato felice come una pasqua.

Per Halliburton, la guerra è sempre stata una manna, tanto che all'Hilton di Kuwait City ricordano ancora con nostalgia il via vai dei dirigenti a 200 dollari a notte per posto letto nel 1991. Qualche anno dopo, l'Afghanistan aggiunse altri 56 milioni di dollari ai conti della compagnia e, in tempi più recenti, l'Iraq fece saltare di gioia il vice presidente americano Cheney, già proprietario di Halliburton, che dal marzo del 2003 ha visto aumentare il proprio stock azionario del 23%.
Ma è nulla in confronto a quello che renderà la speculazione sugli immigrati, che ha già fatto incassare 395 milioni di dollari prima ancora che venga spianato il terreno. I cittadini statunitensi si sono fatti ammansire talmente bene dalla presunta lotta al terrorismo, che neppure se ne sono accorti; come non immaginano neppure che i porti di New York e del New Jersey, dove passa il 12% delle merci che vengono importate nel paese non possiedono neppure un sistema di controllo elettronico. Tutti i fondi sono andati agli Stati che confinano con il Messico, come Texas, Arizona, California, dove transitano i messicani in fuga dalla miseria. Ventunomila di questi hanno subito una condanna per violazione alle leggi sull'immigrazione. Visto che le carceri americane sono già fin troppo affollate, l'amministrazione Bush ha avuto l'idea di costruire i campi. Perchè l'America, dicono i capi di Halliburton, è un paese che attrae gente di tutti i tipi e non può permettersi di essere vulnerabile, costi quel che costi. E renda quel che renda.

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