Kirk: dall’omicidio alla repressione

di Michele Paris

L’assassinio di settimana scorsa in un campus universitario dello Utah dell’attivista trumpiano di estrema destra, Charlie Kirk, sta diventando la giustificazione per una nuova stretta repressiva dei diritti democratici in America e di un’autentica caccia alle streghe tra gli oppositori dell’amministrazione repubblicana. Senza attendere dettagli più precisi sugli (eventuali) orientamenti...
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Droni russi e bugie polacche

di Mario Lombardo

Sullo sconfinamento dei droni russi in Polonia nelle prime ore di mercoledì non sono ancora emerse notizie chiare né prove certe, ma il governo di Varsavia e il resto della NATO non hanno come al solito esitato a lanciare una nuova ondata di attacchi e denunce contro Mosca per la presunta aggressione e il pericolo di escalation che essa comporterebbe. Questo atteggiamento di isteria a comando è in genere il primo segnale che si sta assistendo a un’operazione preparata a tavolino, ovvero a una “false flag”, con lo scopo sì di favorire un’escalation militare, ma da parte europea contro la Russia e con il coinvolgimento degli Stati Uniti. I fattori da considerare per fare luce sulla vicenda sono in ogni caso molteplici, ma una...
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di Mariavittoria Orsolato

Con un calendario giudiziario che nemmeno Al Capone, Silvio Berlusconi si ritrova braccato dai procedimenti pendenti a suo carico: dal caso Ruby al processo Mills, sono almeno sei le udienze che lo aspettano da qui al fatidico 6 aprile. Riunito il gotha di azzeccagarbugli personali, l’onorevole Ghedini in testa, il premier ha varato quindi la nuova campagna di primavera contro la giustizia: intercettazioni e processo breve sono le priorità assolute ma non mancano le solite velleità di modifica costituzionale su carriere e Csm. Asso nella manica, l’ennesima legge ad personam, una versione riveduta e corretta della Cirielli che prevedrebbe la decurtazione di un quarto della prescrizione per gli imputati incensurati, categoria in cui - a onor di paradosso - appartiene anche Silvio Berlsuconi.

Immunità no, processo breve sì. Così si pronunciava Umberto Bossi solo due giorni fa, facendo emergere un evidente patto di scambio tra la Lega e il Pdl, e così sarà: il voto definitivo sul federalismo in cambio della nuova spallata di Berlusconi sul fronte della giustizia, quella per lui più urgente. Urgente a tal punto che la calendarizzazione per la discussione sul processo breve è già fissata per il 28 marzo. L’obiettivo è quello di vedere approvato il provvedimento entro fine aprile, così facendo il premier dovrebbe riuscire a ipotecare almeno due dei suoi processi, quello per la corruzione dell’avvocato inglese David Mills e quello riguardante i presunti fondi neri Mediaset previsti rispettivamente per l’11 marzo e il 28 febbraio prossimi.

Se il processo Mills ha buone probabilità di arrivare alle sentenze di primo grado e appello, in quanto Berlusconi è l’unico imputato, quello istruito per appurare la provenienza e la liceità dei fondi finanziari Mediaset ha mietuto la prima vittima proprio l’altro ieri: a cadere sotto la spada di Dike è stato il fedelissimo Massimo Maria Berruti, deputato Pdl alla Camera ed ex capitano della Guardia di Finanza già coinvolto in storiacce di tangenti, che è stato condannato a due anni e dieci mesi per riciclaggio.

La giustizia incalza e l’ennesimo colpo di spugna per imbellettare l’inadeguatezza giuridica del premier è dunque necessario. Il guardasigilli Alfano ammette candidamente che la maggioranza è consapevole del fatto che le leggi di riforma costituzionale della giustizia hanno bisogno di almeno due anni di lavori parlamentari. Il tempo però stringe e nonostante il team legale di Berlusconi si stia arrovellando per escogitare un’accelerazione dei tempi conforme alle prescrizioni, il rimbrotto che Napolitano ha rivolto verso l’esecutivo nei giorni scorsi non fa ben sperare.

In riferimento al ddl mille proroghe, il presidente della Repubblica ha stigmatizzato “la prassi irrituale con cui si introducono nei decreti legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto”, cosa che - ha sottolineato - “si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge”. La lettera di Napolitano ha fatto calare il gelo tra il Colle e Palazzo Chigi ed è molto probabile che la propulsione data al processo breve venga letta come una forzatura.

Per quanto riguarda i numeri Berlusconi conta, nemmeno troppo velatamente, sulle defezioni multiple che stanno affliggendo il neonato partito finiano. Dopo l’eclatante addio di quello stesso Barbareschi che leggeva commosso il manifesto di Futuro e Libertà, quattro senatori hanno abbandonato nei giorni scorsi il gruppo legato a Gianfranco Fini. Il tutto mentre a Montecitorio si litiga sul nome del nuovo capogruppo alla Camera; designato Benedetto Della Vedova, Adolfo Urso si è risentito e, nonostante si sia detto pronto a restare, non si sente “sereno”. La collocazione dei fuoriusciti non è ancora definita ma il Cavaliere spera di tirare acqua al suo mulino.

Da quanto ha denunciato lo scorso giovedì il deputato Gino Bucchino, medico eletto in Canada nella lista del Pd come deputato estero, la moneta di scambio consta in ciò: 150.000 euro elargiti come contributo volontario, rielezione assicurata in Parlamento nella prossima legislatura e uno spazio di visibilità garantito all'interno del gruppo di responsabilità nazionale nella legislatura in corso.

Berlusconi è coriaceo, nemmeno i disastrosi avvenimenti in Libia e i soliti documenti poco diplomatici di Wikileaks sembrano scalfire la sua imperitura sbruffonaggine. Già si allena per le sue prossime performances al banco degli imputati: giovedì, durante il discorso rivolto ai cadetti della Scuola ufficiali dei carabinieri ha detto che se non avesse “fatto ciò che fatto, gli sarebbe piaciuto fare il carabiniere”. Incorreggibile.

 

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