di Fabrizio Casari

La Lazio di Reja si trova prima in classifica insieme all’Inter. Chievo e Brescia seguono a un punto, il Milan a due. Le due notizie sono queste: per la prima volta da moltissimi anni, tutte le squadre che partecipano al campionato hanno già subito una sconfitta e, da tempo immemore, la Lazio non si trovava in testa alla classifica. La vittoria esterna sul campo del Chievo con il gol di Zarate (che non segnava da Febbraio) propone una squadra che ha davanti a sé un campionato che sarà ricco di soddisfazioni. Centrocampo e attacco biancoazzurri sono di ottima fattura e la difesa, pure non brillantissima, ha comunque un ottimo portiere.

L’uscita anticipata di Pellissier dal campo ha bagnato le polveri al Chievo, ma la vittoria appare meritatissima, anche solo per le occasioni avute dallo stesso Zarate. Se recupera l’attaccante argentino e se le polemiche che normalmente animano l’ambiente laziale non ci mettono la coda, la Lazio può davvero arrivare nelle posizioni alte della classifica. Hernanes è un signor giocatore, le cui movenze ricordano Falcao e la corsa di Floccari e Mauri rappresenta imprevedibilità e sostanza nelle manovre d’attacco.

La sconfitta dell’Inter dice che non c’era la fuga ipotizzata e la vittoria della Roma dice che non c’era nessun complotto. Due verità che riportano le cose nell’alveo del raziocinio, giacchè dopo quattro giornate di campionato, con 36 partite mancanti, sembrava come minimo azzardato parlare di fuga. Dal canto romanista, nessun complotto dura solo una settimana. Il risultato dell’Olimpico è largo per i giallorossi e stretto per i nerazzurri; il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Il controllo della partita è stato a lungo dei campioni d’Italia, non a caso l’Inter ha tirato 15 volte in porta e la Roma due.

Ma la Roma di sabato sera è stata decisamente diversa da quella vista dall’inizio di stagione: con la squadra titolare in campo ha mostrato grinta, velocità, reparti ravvicinati e un portiere che, nonostante le paure delle ore precedenti la partita, ha fatto fino in fondo il suo dovere. L’Inter, dal canto suo, esce sconfitta ma non ridimensionata: ma l’idea di controllare la partita e, peggio ancora, ritenerla finita prima del fischio dell’arbitro, è da ingenui.

La differenza l’hanno comunque fatta i due allenatori: Ranieri ha inserito negli ultimi minuti Vucinic al posto di Totti, con il chiaro intento di provare a vincere; Benitez ha inserito Muntari al posto di Snejider, con l’intenzione di contenere. La notizia fastidiosa per la Roma è l’ennesima polemica di Totti sostituito; tutto chiarito, ma sarebbe bene evitare scene che non fanno il bene della Roma. Quella per l'Inter é il nervosismo di Chivu. Più seria per i nerazzurri è invece la notizia dell’infortunio di Milito, che difficilmente lo renderà convocabile per la partita di Champions con il Werder Brema. Thiago Motta, Zanetti e Milito assenti e Samuel, Santon e Lucio acciaccati: mercoledi da leoni obbligatorio per battere i tedeschi.

Il Milan, ancora una volta, non brilla. Vince perché Ibrahimovic mette il piedone sopra i due metri d’altezza e mette dentro uno dei pochi palloni interessanti. Senza Ibra, il Milan è poco meno che quello dell’anno scorso. E’ a due punti dalla testa, con Napoli e Catania, ma non da mai l’impressione di essere in grado di premere sull’accelleratore e dimostrarsi forte sul campo almeno la metà di quanto lo è sui media.

Il Napoli strapazza il Cesena, pur arrivando al pareggio grazie ad un rigore che è sembrato un regalo di natale anticipato: almeno per una sera De Laurentiis e Mazzarri non faranno polemiche. Ma proprio Mazzarri ha dovuto cambiare le sue scelte per cambiare il risultato: l’ingresso di Gargano e, soprattutto di Cavani (autore di una doppietta che lo porta insieme ad Eto’o in cima alla classifica dei cannonieri) hanno dato una vittoria ai partenopei che, comunque, è stata strameritata. Il Cesena, del resto, sembra aver lasciato a casa l’ispirazione delle prime giornate e, con il catenaccio, raccoglie solo sconfitte.

Un’altra notizia è rappresentata dalla vittoria della Fiorentina. Due a zero al Parma non sarà come espugnare Milano o Roma, però Mihajilovic aveva un disperato bisogno di tre punti che riportassero - oltre che una posizione in classifica migliore - un minimo di entusiasmo in una città che, forse, si è già rassegnata ad un campionato inferiore alle potenzialità che invece i viola hanno.

Il Palermo ormai azzecca una partita ogni due e viene fermato dal Lecce sul 2-2. La Sampdoria sembra aver dimenticato la strada della vittoria (non vince da un mese) ma almeno così l’Udinese conquista un punto. Il Catania spreca troppo e il Bologna agguanta un meritato pareggio. Il Bari, strapazzato dall’Inter sei giorni prima, stende il Brescia, che viaggiava al secondo posto in classifica, alla faccia della storia del calcio. Barreto sembra Ronaldo e, per sua fortuna, l’arbitro non è Ceccarini.

di Fabrizio Casari

Quando l’Inter gioca da Inter, la classifica conferma quanto già da anni racconta. I nerazzurri sono i primi. La notizia di questa giornata di campionato non è quindi che i campioni d’Italia e d’Europa siano in testa, solitari, semmai che il Brescia sia seconda con il Chievo dei miracoli e il Catania subito dietro. Brescia che supera la Roma grazie ad un arbitraggio scandaloso, che non concede due rigori grandi come una casa ai giallorossi e ne regala uno inventato al Brescia, per giunta espellendo Mexes. Non bastasse poi l’arbitro, ci si mette la sfortuna: Julio Sergio s’infortuna seriamente alla caviglia e rimane fermo in porta solo perché le tre sostituzioni erano già state fatte.

Ma torniamo alla golaeda interista al Meazza. Uno stratosferico Eto’o, padrone incontrastato della sua fascia, penetra nell’area barese come il coltello nel burro. Giocate di altissimo livello che consentono il ritorno al gol di Milito, a digiuno dall’inizio della stagione. La doppietta di Eto’o è realizzata tramite due rigori (il secondo più generoso, ma un altro certo non verrà fischiato più tardi) ma l’incidenza del camerunense sulla spinta dell’Inter è enorme per quantità e qualità. El Principe é tornato segnando due gol di ottima fattura, di testa e di piede, come da suo repertorio. Straordinaria partita anche di Snejder e Stankovic, buona la prova di Pandev, Lucio e Samuel (fino a quando è rimasto in campo) e buona anche quella di Chivu e Julio Cesar. Ciliegina sulla torta, il giovanissimo Coutinho, che in un quarto d’ora di gioco ha regalato sprazzi di classe pura. L’aspetto più importante, però, è che l’Inter ha giocato una partita eccellente sotto il profilo della grinta e della velocità. Pressing e difesa alta, gioco sulle fasce e controllo palla: questi gli ingredienti che Benitez è riuscito a mettere in campo. L’Inter sembra aver cambiato marcia.

Le seconda in classifica, il Brescia, come si diceva in avvio, può ringraziare un arbitraggio che non si vede nemmeno nelle partite tra scapoli e ammogliati. La Roma ha tutte le ragioni a protestare, ma aldilà degli errori arbitrali e della sfortuna, il problema di una squadra attrezzata per competere ai massimi livelli e che non riesce a vincere dall’inizio del torneo. Si può discutere di preparazione fisica, di assetto in campo, di quello che si preferisce; ma sotto il profilo tecnico i giallorossi non possono essere quelli che sono. Dunque c’è un aspetto psicologico che risulta predominante. La situazione societaria interna, confusa e incerta anche nelle sue prospettive, rischia di procurare maggiori danni di quelli già evidenti.

In particolare risulta strumentale - e prima ancora sbagliato - il tentativo di dare a Ranieri la colpa dei risultati. Meglio raccontare la verità: tira un’aria pesante per il tecnico romano e romanista e “i fantasmi che volano” - come lui stesso li ha definiti, sembrano essere il portato dell’ombra lunga di Marcello Lippi. La Roma, non la dottoressa Sensi o Pradè o Conti, tutti inseribili nella lista dei partenti futuri – deve dire parole chiare e consegnare stabilità all’ambiente. La Roma (cioè Unicredit) ha il dovere di rasserenare Ranieri (al quale ancora non è stato rinnovato il contratto, peraltro) sulla sua permanenza e il messaggio deve arrivare chiaro e forte dallo spogliatoio fino alla curva sud dell’Olimpico. O si parte dalle certezze o, nel mare aperto, la Roma rischia di affogare.

Sull’altra sponda della Capitale, la Lazio di Reja pareggia con il Milan. Floccari risponde al gol di piedone di Ibrahimovic e rimette così su binari più giusti una partita che la squadra di Allegri non ha mai meritato di vincere, pur mostrando qualche sensibile progresso. Parita giocata su un buon ritmo con Hernanes migliore in campo per la Lazio e Abbiati decisivo per salvare la porta milanista. Ai rossoneri, tutto sommato, per come sono messi è andata bene: l’Olimpico biancoceleste non è terra facile di conquista e un punto va portato a casa con soddisfazione. Ma non è certo la difesa della Lazio (anello debole dei biancocelesti) un test decisivo per il famoso quartetto delle meraviglie che, ad oggi, meraviglia solo per la sua inconsistenza. Vedere la classifica per averne un riscontro.

La corsa del Cesena si ferma in Sicilia. I romagnoli vengono battuti 2-0 da un ottimo Catania che sale in classifica e conquista i tre punti grazie al gol del bomber Maxi Lopez e alla rete di Silvestre. Una piccola che scende e una che sale.

Il Chievo dei miracoli batte il Napoli di Mazzarri rifilandogli un sonoro 3 a 1. Doppietta di Pellissier, uno che segna sempre anche se non se ne parla mai, e poi Fernanes, che rispondono al gol di Cannavaro Anche qui polemiche su alcune decisioni arbitrali, ma è il solito Mazzarri polemico e tarantolato. Le scelte di mercato dei partenopei sembrano, ad ora, pesare più degli arbitri sulla brutta classifica dei napoletani.

Due i punti per la Fiorentina che ritrova il gol di Gilardino ma viene raggiunto 1-1 dalla rete di Mesto per il Genoa. Senza uno strepitoso Frey, però, la viola sarebbe uscita dal campo con l’ennesima sconfitta. L'1-1 tra Lecce e Parma porta le firme di Jeda su rigore e di Crespo. A Cagliari la Samp senza Cassano non va oltre lo 0-0. Zero, invece, i punti dell'Udinese che passa in vantaggio con Di Natale contro il Bologna, ma subisce il pari di Gimenez e il gol-vittoria di Di Vaio al 91'. Almeno per una sera, sotto le Due Torri ci scappa un sorriso.

di Fabrizio Casari

Benitez e Del Neri festeggiano. Il primo, insieme allo straordinario Cesena, si trova già alla testa della classifica, come del resto ormai tradizione nerazzurra da cinque anni a questa parte. Il secondo vede forse la luce fuori dal tunnel. Che poi diventi ora una strada luminosa non è certo, ma i quattro gol con cui la Juventus ha battuto l’Udinese potrebbero segnare l’inizio di un altro campionato per i bianconeri. Intanto, la classifica racconta di una testa formata dai campioni d’Europa e della neo-promossa in serie A. Che ha nel suo monte stipendi un record di buona amministrazione e nel suo score ad oggi (3 partite, 2 vittorie, 1 pareggio, 3 gol fatti e la porta di Antonioli immacolata) un autentico miracolo.

L’Inter ha giocato una partita di notevole spessore a Palermo, battendo una squadra che da un anno e mezzo non perdeva in casa e che, come lo stesso tecnico spagnolo ha affermato, “difficilmente perderà ancora tra le mura di casa”. Grande controllo palla e, soprattutto un Eto’O straordinario (sei gol in sei partite ufficiali), che tiene il Biscione in alto in attesa che Milito (davvero irriconoscibile) ritrovi la via del gol. Intendiamoci: la vittoria dell’Inter si deve soprattutto ad alcune sue straordinarie individualità; Eto’o, certo, ma anche Julio Cesar, Lucio, Samuel e Stankovic (che ha sostituito al meglio Snejder), che hanno sopperito a carenze di gioco importanti ed alla scarsissima condizione di Chivu, Zanetti e Pandev.

Benitez deve lavorare ancora molto su se stesso, prima che sulla squadra e convincersi che cambiare tanto per cambiare non sempre è utile. L’Inter non pare adattarsi rapidamente alle idee del tecnico ex-Liverpool e la sofferenza nella linea dei centrocampisti - e quindi la fatica conseguente della difesa - fanno sì che la squadra non riesce a concludere una partita senza subire almeno un gol. Cosa alla quale l’Inter di Mourinho non aveva abituato. Ma comunque, miglioramenti si vedono e fino a che Eto’o segna, tutto va bene.

Esulta giustamente anche Del Neri, che ha espugnato Udine con ben quattro gol, impresa normalmente difficilissima per chiunque. La Juventus ha trovato gli acuti dei suoi migliori giocatori e l’Udinese è apparsa fin troppo molle per ostacolarla, soprattutto nella fase difensiva. La Juve di ieri a Udine è stata la migliore vista fino ad ora dall’inizio del campionato; magari non era difficile fare meglio, ma c’è comunque riuscita. Krasic e Quagliarella, oltre a Marchisio, sono sembrati gli interpreti migliori del gioco di Del Neri. Se sarà stata un’eccezione o, invece, il primo tratto del nuovo profilo juventino, lo vedremo già dal prossimo mercoledì. Ma intanto a Torino si respira e l’incubo di aver completamente sbagliato la campagna acquisti per qualche giorno viene ricacciato indietro.

La grande delusione, invece, è la Roma di Ranieri. Nessuna vittoria fino ad ora nelle gare ufficiali di campionato e coppe dall’inizio della stagione e, farsi raggiungere da un modesto Bologna dopo un doppio vantaggio, non è certo un segno di salute. Ranieri, invece di prendersela con i giornalisti (che si limitano a riportare quanto dicono i suoi giocatori, Totti per primo) dovrebbe intervenire con mano dura su alcuni giocatori, primo fra tutti Mexes, che appare assolutamente non in linea con la cifra tecnica di una squadra che ha, giustamente, ambizioni vincenti.

La situazione societaria, l’incertezza sui ruoli e le voci che si ascoltano sul futuro di alcuni dei suoi dirigenti tra i più in vista, non aumentano la serenità dell’ambiente. Ma dare la colpa a Ranieri per il ritardo di condizione in cui versano diversi giocatori (Mexes, Juan e Perrotta tra tutti) appare ingiusto. L’allenatore testaccino, professionista di valore indiscutibile, è semmai l’unico che, se supportato dalla società, può gradualmente imporre un livello di attenzione e di gioco che porti a risultati migliori.

Ancor più deludente é il Milan delle (ipotetiche) meraviglie. Il celebrato quartetto di fuoriclasse, sospinto dai media fin quasi a renderlo campione a tavolino, infatti, non riesce nemmeno a battere il Catania al Meazza riuscendo a pareggiare solo all’ultimo minuto della partita; se non fosse per il vecchio Inzaghi, tarantolato come sempre nonostante l’età non più verde, avrebbe subito un rovescio epocale. Puoi comprare Ibra, Robinho, divertirti con Ronaldinho, ma se non entra Inzaghi torni a Milanello con le ossa rotte. Si dice che il Milan di coppa e quello del campionato siano cosa completamente diversa, ma forse non è proprio così.

In Champions, infatti, il Milan ha trovato una squadra che non è certo all’apice del calcio europeo, ma che ha giocato a viso aperto; il Catania, invece, pur modesto, è squadra capace di rendere difficile giocare. Resta comunque il fatto che il chiacchierone Ibrahimovic non riesce ancora a fare la differenza. Il Milan è una squadra troppo sbilanciata: con il pallone tra i piedi, può colpire chiunque, ma quando la palla è sui piedi dei suoi avversari, i rossoneri ballano vistosamente. Il calcio, purtroppo per Allegri e Galliani, è fatto di due fasi: offensiva e difensiva. Eccellere in una e mostrare le lacune nell’altra, oltre a non produrre superiorità, spiega agli avversari come giocare.

Straordinario il successo della Lazio sulla Fiorentina nell'anticipo. Il Chievo si è fermato a Brescia. Un pari tra Parma e Genoa e tra Bari e Cagliari. La Samp, invece, nel posticipo, in due minuti alla fine della partita ha visto svanire il sogno della vetta della classifica. Hamsik e Cavani, i migliori talenti dei partenopei, sono quelli che hanno suonato la sveglia.

di Fabrizio Casari

Prima lezione della seconda giornata: per effetto di due vittorie in due giornate, il Chievo dei miracoli è primo in classifica. La medaglia é dovuta, visto che è andato a Genova a battere una delle squadre che giocano il miglior calcio e l’ha fatto rimontando il gol di Destro che aveva portato in vantaggio i rossoblù. La squadra con il budget stipendi più basso della serie A, proprio nei giorni dell’annunciato sciopero dei calciatori, non può non rappresentare anche un fatto simbolico.

E passando ai miliardari, non a caso, arriva la seconda lezione: un conto è sbruffoneggiare davanti ai microfoni, un altro è vincere sul campo. Non ha decisamente risposto alle attese, infatti, la partita del Milan. Doveva essere il Milan galattico, con il quartetto delle meraviglie, quello che vincerà tutto, la più forte del mondo e la maglia più bella del mondo. Due settimane di giaculatorie a reti unificate.

Poi però ci si sveglia dal sogno mediatico, si viaggia qualche oretta in pullman e si vanno a prendere due pappine secche dal Cesena. Mica il Real Madrid, il Barcellona o il Bayern Monaco: il Cesena. Che corre, gioca un ottimo calcio ed ha giocatori capaci di mettere in difficoltà chiunque. Ficcadenti sarà anche scarsamente titolato, ma capisce di calcio e sa mettere in campo una squadra senza prime donne ma con qualità sufficiente. E, per la prima volta nella sua storia e, certo, momentaneamente, si trova seconda in classifica insieme a squadre ben più titolate.

Diversamente da quanto pensavano i cavallini microfonati del cavaliere, né Ibrahimovic, ne Robinho, né Pato, né Ronaldinho sono decisivi per trasformare il Milan in una squadra vincente. Al Milan manca qualità in difesa ed equilibrio e centrocampo; se manca Nesta, infatti, la difesa fa acqua da tutte le parti e se Pirlo viene ammansito i rifornimenti avanti non arrivano. Poi, se anche Ibrahimovic si mangia un rigore, diventa chiaro che dev’essere arrivato stanco al tiro: tanti proclami lo devono aver stremato. Provate voi, ogni anno con una maglia diversa a dire sempre la stessa cosa: uno strazio, poveraccio...

E’ ovviamente presto per dare un giudizio definitivo, ma difficilmente i rossoneri potranno schierare i loro gioielli contemporaneamente, perché quando il Milan ha il pallone tutto sembra possibile, ma quando lo hanno gli altri la sinfonia diventa un suono sinistro. La somma di campioni (veri o presunti) non fa una squadra e gli acquisti elettorali di fine mercato non restituiscono il sorriso a Berlusconi.

Non meno pesante il tonfo della Roma, altra compagine da tutti indicata come protagonista del mercato estivo, visto l’arrivo di Borriello, la riconferma di Burdisso e Adriano e Simplicio. In attesa degli ultimi due, fermi ai box, la vera assenza della Roma è sembrato il carattere. Se poi si aggiunge la follia agonistica di Burdisso che squarcia la gamba di Conti entrando a piedi uniti e l’uscita dal campo di Totti, uno tra i 22 che calcavano l’erba di Cagliari in grado di cambiare il match, allora tutto diventa più complicato.

Ma il fatto che Burdisso perda la testa (e non è la prima volta: do you remember Valencia?) e che la Roma vada in svantaggio e resti in dieci per più di un’ora, non dovrebbe però necessariamente significare vedere il Cagliari maramaldeggiare. Sembra che la Roma, che pure resta indubbiamente una squadra di assoluto valore, non riesca - quest’anno come quelli passati - a capitalizzare; non riesca cioè a ribaltare svantaggi momentanei, come se prendere un gol confermasse il timore di non essere imperforabile e rendesse la squadra molle. Ranieri dovrà lavorare molto, ma il materiale ce l’ha. Se l’ambiente lo lascia in pace, i risultati arriveranno.

L’Inter, da tutti considerata (giustamente) in ritardo di condizione, riesce invece a portare a casa i tre punti, pur faticando non poco contro un’Udinese veloce e aggressiva, semmai sciupona in attacco. Ma Benitez dovrà capire in fretta che le sue proposte di gioco fatto di maggior possesso palla, difesa più alta non sono nel DNA della squadra plasmata da Mourinho. Cambiasso è sembrato fuori forma e fuori posizione e Milito é scandalosamente fuori forma; un reset della loro posizione in campo e quelli evidenziati risulteranno certamente problemi momentanei. Il rientro prima di Maicon e Santon, poi di Thiago Motta, consegnerà un'altra squadra al campionato. Ma tra pochi giorni riparte la Champions: meglio darsi da fare. I lamenti per i mancati acquisti li abbiamo registrati, ora è il momento di far svanire con le vittorie i fantasmi dello Special One.

E straordinaria sembra anche la vittoria del Brescia sul Palermo, come pure il successo del Lecce sulla Fiorentina, che senza Jovetic sembra davvero poca cosa. Mihaijlovic deve ancora trovare la formula per trasferire il suo carattere alla sua squadra. Che dev’essere rimasto un po’ a Catania, visto che è andata a vincere a Parma, per quanto soffrendo. E nel big-match della giornata, quello di Torino, la Juventus operaia ha chiuso il match con la Sampdoria sul 3 a 3, dopo aver rischiato di vincerlo per una buona porzione di gioco. Due gol bianconeri in sospetto fuorigioco indicano che la Juve è tornata, ma uno straordinario Cassano insegna che il periodo d’oro del ragazzo di Bari vecchia continua. La Lazio offre finalmente una vittoria ai suoi tifosi: rotonda e meritata, pur se maturata solo nel finale. Il Bologna visto con l’Inter rischia di essere un caso isolato, mentre la lotta per non retrocedere rischia di diventare una pericolosa abitudine.

 

di Fabrizio Casari

Cesare Prandelli ha messo il primo mattoncino su casa azzurri. Non sarà granito, ma per ora è sufficiente ad impedire un’altro cedimento strutturale. Una casa che dev’essere ricostruita dalle fondamenta, giacchè il disastro Lippi ha minato proprio dalle fondamenta credibilità, forza e persino la sorte che agli azzurri erano sempre risultate dote naturali; prova ne sia che gli azzurri non vincevano dal Novembre del 2009. Ci vorranno ora almeno cinque o sei partite prima che la nuova Italia trovi lo spartito giusto per suonare un’altra musica, ma l’importante, per ora, era non stonare e, comunque, specie a centrocampo, si sono visti sprazzi di gioco che fanno ben sperare. Prandelli deve avere il tempo e la serenità necessaria a lavorare, ma cominciare a fare punti quando i punti servono è comunque un buon inizio.

Intendiamoci, non è stata una passeggiata. Il carattere degli azzurri non é mancato, ma abbiamo rischiato seriamente di prenderle, perché la partita si era messa male quando, alla mezz'ora del primo tempo, l’Estonia aveva trovato un gol grazie ad un tiro (non irresistibile) di Vassiljev da 35 metri che Sirigu non ha trattenuto; sulla respinta, tapin vincente di Zenjov  e odore di guai che si diffonde nelle case degli italiani molto più che la Scavolini.

Vuoi l’incertezza di Sirigu (decisamente meglio puntare su Viviano, superiore anche a Marchetti), vuoi il fatto che gli Estoni hanno piedi marmorei ma polmoni d’acciaio, schemi banali, ma un’aggressività fisica ed una corsa che noi non conosciamo, i dilettanti di Tallin a momenti ce le suonano. Complice una difesa da registrare, infilata più di una volta in velocità e vittima di scarsa intesa tra i suoi componenti, l’Estonia ha avuto anche altre occasioni per incrementare il bottino.

Fortunatamente, il calcio si gioca anche con la tecnica e, se i piedi buoni sono italiani, non può che essere parziale il risultato che ci vedeva sotto di un gol alla fine del primo tempo. Nella ripresa, infatti, a ribaltare il risultato intervengono due invenzioni di chi la tecnica ce l’ha nelle dita dei piedi: Antonio Cassano. Fino a quel momento richiamato spesso da Prandelli causa scarso impegno nella copertura della sua zona, Fantantonio realizza il pareggio su calcio d’angolo battuto da Pirlo. Mentre la difesa estone si preoccupa di Chiellini e Pazzini, sbuca solo soletto il folletto barese che (udite, udite) insacca di testa.

L’Italia spingeva già dal rientro dagli spogliatoi, ma con scarsa qualità. Nel primo tempo le idee erano poche e confuse in mezzo al campo, poca la corsa utile sulle fasce e Pazzini decisamente contenuto dai centrali estoni. Ma, appunto, Fantantonio c’è: su un altro angolo, tirato basso e sul primo palo, il campione barese sfodera un colpo di tacco che elude le marcature e consegna il pallone a Bonucci che, davanti alla porta, non si fa sfuggire l’occasione.

Recuperare qualità, produrre gioco, cercare l’assetto giusto. Sono i pezzi che compongono il puzzle della nuova squadra di Prandelli. Aspettando di comprendere meglio la presunta utilità di Pepe o Molinaro (Balotelli è altro pianeta e Antonelli appare decisamente più indicato di Molinaro) In attesa di Balo e del miglior Pazzini, è comunque una squadra che ha capito quello che c’era da capire: Cassano è l’imprevedibilità, la genialità del tocco, la giocata che fa la differenza.

Va quindi incrementato e sostenuto il suo muoversi tra le linee con una squadra che sappia sostenere le invenzioni e accompagnarne le finalizzazioni. I muscoli servono nei contrasti: quando il pallone corre a terra serve invece chi lo sa calciare per poter fare la differenza. Vince chi schiera campioni che quando serve corrono, non campioni della corsa senza piedi nobili. Ad ogni modo, l’Italia di Lippi pare già un brutto ricordo. Il fatto poi che una vittoria che dovrebbe essere scontata ci appare come una buona notizia, è solo il segno dei tempi che ci tocca di vivere sul pianeta Eupalla.


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