di Fabrizio Casari

Uno strano calciomercato, privo di grandi colpi e denso d’incognite, si è finalmente concluso. Il saldo per il calcio italiano non è certo positivo se ci si riferisce alla qualità. Alcuni tra i fuoriclasse che lo scorso anno calcavano i (disastrati) campi italiani se ne sono andati: Eto’o, Sanchez e Pastore sono stati venduti in nome del pareggio di bilancio o dell’affare irrinunciabile. Gli arrivi non sono all’altezza delle partenze: il solo Forlan è giocatore di rilievo internazionale assoluto, ma la sua età pesa sul piano strategico dell’operazione e, comunque, difficile possa sostituire l’efficacia assassina del camerunense.

Che, va detto, è diventato il giocatore più pagato al mondo, con uno stipendio lordo che si aggira sui venti milioni di euro l’anno. La partenza di Eto’o indica la nuova frontiera dell’Est, o meglio, dei petrolieri e faccendieri che, insieme agli sceicchi del Golfo, si sono impadroniti del mercato energetico globale. Gran Bretagna, Francia e Russia sembrano i mercati calcistici più accessibili dei Paperoni, la leva fiscale decisamente più vantaggiosa rispetto a quella italiana contribuisce non poco agli improvvisi amori. E se per riciclare denaro non c’è niente di meglio che muoverne tanto e in fretta, il calcio è l’habitat naturale.

Il fascino ridotto del campionato italiano comincia da qui: dall’impossibilità di competere con Spagna e Inghilterra (cui si aggiunge da ora anche la Russia) sul piano degli emolumenti. Non è questione di gioco o di blasone, ma di vil denaro. Il Fair play finanziario, che dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno, colpirà relativamente le finanze dei club acquistati dai nuovi marajà che scrivono in cirillico assegni di milioni di euro, mentre tutt’altro discorso varrà per le squadre italiane, che non a caso hanno dato vita ad un calciomercato low cost. L’obiettivo delle major italiane, infatti, è stato quello di provare a ripartire senza azzerare ma cominciando a programmare il futuro su basi economicamente meno impegnative. Nel resto d'Europa i conti sono molto peggiori: Manchester United e Barcellona, per dire delle migliori, sono letteralmente affogate dai debiti. Che li ripianino o no é da vedere, ma intanto si registra che anche nel calcio, come in quasi tutto, non é la bravura che fa guadagnare, ma il denaro che rende bravi.

Le cifre dei movimenti dell’Ata hotel di Milano raccontano meglio di qualunque parola il nuovo mercato calcistico delle squadre italiane. Duecentocinquanta giocatori trattati dei quali 130 stranieri. Non si può decisamente dire che i vivai italiani siano stati valorizzati. Il motivo è duplice: da un lato sono rari i giovani di talento puro e contemporanea personalità da poter essere impiegati subito in campionato, viste anche le isteriche attese di ogni tifoseria. Dall’altro va detto che acquistare all’estero conviene economicamente, soprattutto perché sia il mercato degli svincolati (o rapidamente svincolabili) è decisamente più fornito, sia perché i costi sono obiettivamente più accessibili. Sul piano tecnico, il campionato che verrà presenta poche certezze e molte incognite.

Il Milan, che ha speso pochissimo, resta la squadra tecnicamente più forte per questo torneo. Le certezze della scorsa stagione sono state corroborate da innesti di discreta qualità: l’addio di Pirlo è stato compensato dall’arrivo di Aquilani e Nocerino, che non sono giocatori simili al regista bresciano e rafforzano l’idea di una squadra che aggiunge fisicità al reparto centrale ma rinuncia alla fantasia, avendone già tanta in attacco. Mexes in difesa non è una sicurezza ma nemmeno una fregatura. Resta una squadra con un’età eccessiva, ma in Italia avrà Ibra che continuerà a fare la differenza. In Europa, invece, sarà dura: Barcellona, Manchester United, Real Madrid e Chelsea sono di ben altro livello.

La Juventus ha toccato la soglia dei 400 milioni di euro e ventiquattro giocatori acquistati da quando Marotta è diventato il Direttore Generale, oltre che ad uno stuolo di allenatori. Una cifra pazzesca, soprattutto considerando che, tranne Pirlo e Vucinic, nessun giocatore arrivato potrebbe trovar posto nell’album dei campioni della Vecchia Signora. Vidal è un buon acquisto se lo si saprà gestire, Lichtsteiner è rodato ma la scommessa sarà il rendimento di Elia e Estigarribia. Le partenze di Felipe Melo, Sissoko e Martinez erano il minimo sindacale dovuto, ma le zavorre di Iaquinta, Amauri e Toni restano. Il colmo è stato offerto dalla vicenda Ziegler, unico giocatore che, appena acquistato, si è cercato di vendere. La chiarezza delle scelte appare dubbi e l’Agnellino che si fa ritrarre con Giaccherini indica come il giovin signore abbia decisamente appetiti inferiori a quelli dell’Avvocato. Conte è un buon allenatore e conosce l’ambiente. Ha il rispetto dei giocatori e la fiducia dei tifosi. Avrà bisogno di molto tempo e poche polemiche, ma saprà far bene. La sensazione è che la Juventus sia una squadra in grado di fare un buon campionato, ma non certo di puntare al titolo.

Il Napoli ha pescato bene, ma l’entusiasmo intorno agli azzurri sembra eccessivo. Inler è un ottimo giocatore, come Pandev, ma nessuno dei due fa la differenza in campo, nel senso che sono giocatori che aiutano la squadra a girare ma raramente cambiano partite e risultati. Oltre a questo, l’impegno europeo non sarà tenero, tutt’altro. Ad ogni modo i partenopei sono una squadra completa, solida e con una buona dose di tecnica calcistica. Ripetersi è sempre molto difficile, ma se Mazzarri saprà riconfermare la concentrazione e l’impegno della scorsa stagione, in Italia potranno comunque recitare un ruolo da protagonisti lottando per le prime tre posizioni.

L’Inter è una delle squadre che ha agito meglio sul mercato ma, al contempo, una delle grandi incognite. Il bilancio è decisamente a saldo positivo, ma la partenza di Eto’o le toglie una bocca di fuoco impressionante (37 gol lo scorso anno e la firma sui tre trofei vinti) e non è detto che potrà compensarli con l’arrivo di Forlan e Zarate. Il recupero di Milito e l’ulteriore crescita di Pazzini, però, insieme all'uruguayano e all'argentino, potrebbero rivelarsi sufficienti a non far rimpiangere troppo il camerunense. L’aspetto positivo è rappresentato dal mercato di prospettiva: Alvarez e Jonhatan, Poli e Kuchka, dopo Ranocchia, Coutinho e Castaignos e la conferma di Obi e Nagatomo (e occhio al baby Tassi), sembrano indirizzare la società nerazzurra verso una sostanziale rivoluzione verde, che vedrà i frutti il prossimo anno, quando la vecchia guardia abbandonerà progressivamente la nave. L’incognita maggiore però, per quest’anno, risiede nell’allenatore: nuovo e non abituato a simili piazze, dovrà rapidamente convincersi che i moduli si disegnano sui giocatori e non il contrario, altrimenti la rivoluzione verde la guiderà qualcun altro. I nerazzurri restano comunque l’unica compagine in grado di mettere in discussione il dominio del Milan, mentre appaiono nettamente inferiori alle altre big europee.

La Roma è la seconda incognita del torneo. Si è mossa molto sul mercato, nonostante alla vigilia si temesse un ridimensionamento economico. Ha molto acquistato e poco venduto, ma è difficile capire alcune scelte, prima tra tutte quelle di vendere Vucinic a 12 milioni per comprare Osvaldo a 18. Via Menez e Riise, Julio Sergio e Brighi, mai convincenti. Gli acquisti di Stekelemburg, Heinze e Krijaer rafforzano il reparto arretrato e Gago offre solidità a centrocampo, mentre Pjanic e Lamela sono due grandi investimenti per il futurom (e forse anche per il presente). Aver tenuto Borriello è stato un bene, ma otto attaccanti rischiano di generare problemi di spogliatoio infiniti, a maggior ragione non dovendo giocare in Europa. A questo proposito va detto che l’impatto di Luis Enrique non è stato dei migliori ed è proprio il tecnico a rappresentare l’incognita maggiore. Ma la Roma ha comunque dato il via all’operazione rinascita: il primo segnale è stato quello di ribadire ruoli e gerarchie. Totti gioca e non dirige e De Rossi se vuole accetta il nuovo ingaggio, altrimenti può andare. Una rivoluzione che dovrà essere consacrata sul campo, ma di rivoluzione si tratta. Può rappresentare la sorpresa autentica del torneo.

La Lazio ha svolto un buon mercato fino a due ore prima della sua fine. La cessione in prestito con diritto di riscatto di Zarate all’Inter, resasi necessaria causa guerre interne contro l’argentino da parte di Reja e di alcuni big dello spogliatoio, ha reso l’operazione inevitabile ma ha certamente privato i biancoazzurri di fantasia e imprevedibilità. La cessione di Muslera potrebbe rivelarsi indolore, visto che Marchetti offre garanzie e dunque il saldo economico sarebbe positivo. Ma Lichtsteiner verrà rimpianto (anche se Konko non è male) e aver ceduto anche Floccari e Foggia oltre a Zarate priva la squadra di alternative all’altezza in avanti. Gli acquisti di Cissè e Klose sono stati certamente due buoni affari (qualche dubbio su Klose, che rischia di svernare come fece Cruz). La sensazione è che da un punto di vista del gioco la Lazio sia una buona squadra ma prevedibile; un centrocampo risicato con un attacco troppo affollato avranno invece bisogno di una panchina intelligente, flessibile e fantasiosa. Sul fatto che queste possano essere caratteristiche di Reja qualche dubbio c’é.

Udinese e Palermo hanno svolto un mercato simile, basato esclusivamente sulla cassa. A Udine le cessioni di Sanchez (il cui prezzo non è ancora chiaro), Inler e Zapata hanno fortemente indebolito la squadra di Guidolin, non essendo state compensate da acquisti di livello e non è detto che la famiglia Pozzo peschi ogni anno il coniglio dal cilindro. Già fuori dall’Europa, è difficile immaginarla di nuovo protagonista come lo scorso campionato; al massimo si può ambire a un piazzamento tra le prime sei-sette.

Il Palermo, invece, ha fatto un mercato di saldi modello chiusura attività. Nella smania di autocelebrazione del nevrotico Zamparini sono finiti Pastore, Sirigu, Nocerino, Bovo, Cassani e un altro vagone di giocatori meno noti. Gli acquisti, tranne Aguirregaray (che è un buon terzino) e Silvestre, sono da lotta per non retrocedere. Se poi si voleva l’ultimo record del presidente, è arrivato puntuale. Esonerato Pioli prima ancora che il campionato iniziasse. Al suo posto Mangia, allenatore della Primavera. Nessuno della prima fascia, del resto, s’infilerebbe nel forno di Zamparini. Una squadra modesta e un presidente incapace e collerico sono un mix da evitare per tutti. Sarà già tanto se i rosanero troveranno un posto in classifica tra le prime 10. Che la giostra cominci.

 

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