di Fabrizio Casari

Se ne sono andati i fuoriclasse e non è arrivata la legge sugli stadi, sono aumentati i debiti e diminuite le passioni, ma il campionato di calcio 2012-2013 è pronto a cominciare. Per lo scudetto sarà una storia tra Juventus, Inter e Roma, cioè le tre squadre che si sono rafforzate maggiormente, mentre - salvo colpi dell’ultima ora piuttosto improbabili causa carenza di denaro - Milan, Napoli, Udinese appaiono decisamente inferiori allo scorso anno e la Lazio è rimasta la stessa, con un buon allenatore in meno e i giocatori con un anno in più. Si può pensare ad una rinascita graduale della Fiorentina e ad una incognita Palermo.

Il mercato degli scambi ha visto in auge soprattutto Juventus e Inter. I bianconeri hanno portato a Torino tre ottimi giocatori come Lucio, Isla e Asamoah, cui hanno aggiunto Giovinco nel ruolo di erede (forse) di Del Piero. Lucio porterà esperienza (e svarioni), Buffon è ancora il top tra i pali e Isla, Bonucci e Chiellini sono difficili da superare. In attesa di trovare la punta di ruolo di cui ha bisogno (falliti Van Persie, Llorente, Pazzini , difficilissimo Dzeko), appare una squadra ottima dietro e a centrocampo, ma non irresistibile in attacco. Ma c’è da dire che la qualità di gioco corale che Conte ha immesso nella Juventus e la sua capacità di arrivare in gol partendo dal centrocampo e non dalle punte rende l’handicap decisamente relativo. Ad oggi, continua ad essere la squadra più attrezzata, anche se la Champion League dimostrerà presto la differenza che c’è tra una partita a settimana o tre.

L’Inter ha cambiato molto: Handanovic, Silvestre e Pereira forniscono insieme a Ranocchia, Samuel, Chivu e Zanetti, (oltre che a Juan Jesus centrale della nazionale brasiliana in coppia con Thiago Silva) una patente di affidabilità notevole e Gargano e Mudingay, con lo straripante Guarin, costituiscono un centrocampo fisicamente imponente, cui si aggiunge Cambiasso. Davanti, Stramaccioni ha trovato un jolly straordinario in attacco come Palacio (24 gol lo scorso anno) da affiancare a Milito e con il ritrovato Snejider, Cassano e il rientrante Coutinho garantiscono imprevedibilità ed efficacia sotto porta. Le difese avversarie avranno pochi punti di riferimento e il gioco che sembra delinearsi, fatto di pressing e controllo palle e accelerazioni improvvise, autorizza i tifosi nerazzurri a un motivato ottimismo.

Ma mentre riparte la giostra del pallone a terra, nelle orecchie rimbalzano ancora le urla di scommessopoli. A rispondere alle invettive dell’agnellino e delle grida manzoniane di Conte, miracolato dal peso politico, finanziario e mediatico della Juventus, (altrimenti avrebbe rivisto il campo tra due anni e mezzo, come il suo vice patteggiatore) ci hanno pensato Petrucci e Abete, ricordandogli che la giustizia sportiva (certo da riformare rapidamente sin dai suoi presupposti) non è sottoponibile ad una approvazione in base al censo, cosicché quando va bene a casa Agnelli è una storia, quando invece non va bene diventa un’altro, ennesimo complotto ai danni della Juve.

Ci si potrebbe chiedere legittimamente quando arriverà il deferimento per Andrea Agnelli, che mentre continua a perdere ogni battaglia in ogni tribunale (siamo circa ad una ventina), insulta, offende e attacca gli organi federali. Per molto meno, Franco Sensi sarebbe stato sospeso a divinis.

Nonostante quello che spaccia il giovin signore di Vinovo, non c’è stato nessun complotto ai danni della Juventus: in primo luogo perché Conte era allenatore del Siena e non della Juve all’epoca dei fatti incriminati, e in secondo luogo perché se complotto ci fosse stato, Bonucci e Pepe sarebbero stati condannati e non prosciolti. Il fatto invece che siano stati assolti, indica che i giudizi sono stati formulati sulla base delle risultanze investigative e degli interrogatori, e non del colore della maglia. Nel merito, se il vice di Conte patteggia due anni e mezzo di squalifica e Conte si dice invece innocente, c’è qualcosa che non quadra proprio nella ricostruzione innocentista.

I fatti dicono che il suo vice, Christian Stellini, vice che ha portato anche alla Juventus, abbia ammesso la combine. E che anche i calciatori Passoni, Poloni, Garlini e Sala abbiano confermato la linea della Procura. Si vorrebbe sostenere che il suo vice agiva all’oscuro del suo capo (e immaginiamo i giocatori che ricevono indicazioni per truccare il risultato: o ritengono che vengano dal capo, visto che il suo vice le propone, o come minimo vanno dall’allenatore per chiedere se debbono davvero obbedire a quanto ordina il suo vice). E se chi non ci sta alla combine viene estromesso, (sul perché Conte ha cambiato tre volte la sua versione) si può ben pensare che il fatto rafforzi l’ipotesi accusatoria.

E d’altra parte lo stesso Conte aveva patteggiato e nessuno lo obbligava, sotto acuto consiglio degli azzeccagarbugli della Juventus: ma patteggiare significa ammettere la colpevolezza e se colpevolezza non c’è perché patteggiare? Solo perché Palazzi si era dimostrato compiacente, offrendo su un piatto d’argento una pena irrisoria, del tutto priva di criteri equi e ragionevoli, non a caso sementita dal Tribunale?

Insomma tra l’incapacità manifesta di Palazzi, le scorribande mediatiche dell’agnellino e la mobilitazione dei media di famiglia, l’unica cosa certa è che ci si trova davanti a un pastrocchio. Delle due una: o Conte andava prosciolto, giacchè non risultavano credibili le accuse, o andava condannato, ma sul serio.

In una cosa Conte ha ragione da vendere: quando la giustizia si basa solo sulle dichiarazioni dei pentiti, è arbitrarietà allo stato puro. Nello specifico, poi, si somma all’assurdo per cui invece che compito dell’accusa dimostrare la colpevolezza dell’imputato - come nella giustizia ordinaria - nella giustizia sportiva è compito dell’imputato dimostrare la sua innocenza. E’ semplicemente una follia. Ma, ad onor del vero, non ci sono solo le parole di Carobbio o altri a determinare le accuse, bensì investigazioni delle procure, intercettazioni e pedinamenti.

Desta semmai stupore che i reati imputati all’allenatore juventino configurino un accusa di omessa denuncia e non di illecito sportivo, ben diversamente punibile. Le stesse accuse, allora, si sarebbero dovute muovere al suo strettissimo collaboratore, accusato invece di illecito sportivo. E desta un senso di ridicolo generale l’idea che la squalifica impedisca solo la presenza in panchina, dettaglio davvero trascurabile rispetto all’allenamento, la scelta delle formazioni e l’assetto di gioco, senza contare il fatto che via telefonino le indicazioni possono arrivare per correggere eventuali errori. Una sanzione ridicola e una sua applicazione comica.

Di una cosa può esser certo Conte: se fosse stato allenatore di qualunque altra squadra non avrebbe avuto protezioni, titoli cubitali e mobilitazione del giornali di famiglia Agnelli con l’elmetto calato. Ha lanciato accuse fuori luogo e con toni inappropriati, rivendicando una onestà specchiata. Non ci sono dubbi, magari, ma il fatto che la sua carriera lo abbia visto giocare nella Juve del doping e di "calciopoli" ed allenare sulla panchina di squadre tutte coinvolte in "scommessopoli", quanto meno non lo identifica tout court con un esempio di trasparenza, non lo rende affatto candidabile al ruolo della moglie di Cesare, cioé al di sopra di ogni sospetto. Dunque si difenda come può e sa nelle sedi competenti e lasci stare gli appelli alla piazza, che andrebbero fatti per cose ben più serie. E soprattutto si tolga dalla testa l’idea di essere accusato perché vincente: ha vinto uno scudetto, come Allegri e tanti altri. Gli allenatori vincenti sono altri e, purtroppo, sono tutti all’estero.

 

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