di Fabrizio Casari

La caduta di Milan e Roma, un turno addietro magnificate e ora criticate, ha messo un po’ di pepe nel torneo, che vede ora Juventus, Napoli e Lazio in testa alla classifica con la Sampdoria un punto dietro causa penalizzazione. Ad eccezione della Samp, a guardare la vetta sembrerebbe di poter assistere in qualche modo ad una ripetizione dello scorso campionato, ma ipotizzare questo blocco nelle stesse posizioni già tra due mesi potrebbe risultare imprudente. Quello che sembra offrire questo campionato sono due elementi, in qualche modo tra loro collegati: un tasso tecnico decisamente inferiore a quello (già non eccelso) dello scorso anno e un paio di risultati a sorpresa ad ogni giornata, ad indicare quanto il livellamento generale delle prime sei-sette squadre difficilmente verrà messo in discussione.

La Juventus continua a non perdere, anche se con il Genoa se l’è vista brutta per un lungo periodo della partita. Ma la maggior forza rispetto allo scorso anno è una panchina di eguale (o a volte superiore) qualità dei titolari. Non gioca bene come lo scorso anno e quando Pirlo rallenta ne risente eccessivamente, ma ha giocatori che, in qualunque momento, possono rimettere per il verso giusto quello che non funziona. Sarà forse questo l’antidoto migliore ai veleni e alle fatiche della Champions, che gli permetterà di non perdere troppo terreno in campionato.

Marcia a ritmi fortissimi il Napoli, che dalla cessione di Lavezzi ha incassato una quota seria di milioni di euro e un nuovo protagonismo di Hamsik e di Pandev e che, tenendo Cavani, ha garantito alla sua squadra una fase offensiva micidiale, tenuto conto anche di un giocatore come Insigne che può solo crescere ulteriormente ma che già fa pensare a ci l’ha preso di aver fatto un ottimo affare e a chi l’ha ceduto di aver sbagliato tutto. Bene anche la Lazio, che continua a segnare e a non subìre particolarmente e che si candida a migliorare il già notevole campionato dello scorso anno. La forza degli aquilotti sta certamente in un buon equilibrio tra i reparti, ma soprattutto nel possedere una coppia come Hernanes e Klose, con il primo ad ispirare e il secondo che serve a far muovere tutto l’attacco e a finalizzare con la rapacità per la quale il fuoriclasse tedesco ha caratterizzato la sua brillante carriera. Anche qui sarà importante affrontare l’Europa con il turn-over necessario ma senza snaturare l’assetto tattico che sembra quello giusto.

La vera notizia della giornata è però l’entrata a tutto diritto della parola crisi nella vicenda del Milan. La pubblicistica sportiva assegna al duello rusticano tra Galliani ed Allegri l’evidenza di una mancanza di fiducia del club nei confronti dell’allenatore. Difficile però dare la colpa ad Allegri di una crisi che è figlia legittima di una campagna acquisti ridicola e di cessioni spaventose. Una società che vende Ibra, rinuncia a Tevez e si tiene Pato; che cede Thiago Silva e Cassano, e che non rimpiazza gli addii di Nesta, Seedorf, Gattuso, Van Bommel ed altri come può pensare di vincere? Colpa dell’allenatore? Non aveva molti meriti Allegri quando il Milan vinceva perché Ibra risolveva con i suoi gol i difetti di gioco, e non ha molte colpe oggi che guida una squadra modesta.

E' un Milan dove Pato al massimo può giocare alla play station, Robinho si conferma un giocatore che si accende in una partita e si spegne in quattro e Boateng che pare in altre faccende affaccendato. Peraltro, giocare con una difesa con Bonera, Acerbi, Antonini e Abbate e dove il quinto è Yepes, significa candidarsi ad un campionato da provinciale. Se poi si vuole incolpare Allegri per la folle cessione di Pirlo, bisognerà convincere tutti che una cessione così la decide Allegri e non la società. Come é la società a ritenere che Pato non vada ceduto in cambio di Tevez e che De Jong, Pazzini e Bojan cambino le quotazioni della squadra.

Altra indicazione che arriva da questo turno è che di cinismo si può perire ma si può anche ferire. Questo ha detto l’Inter, che dopo la sconfitta con la Roma cinica si riprende e batte cinicamente il Torino, dimostrando così di essere micidiale in trasferta e meno brillante in casa. E’ naturalmente in parte frutto del caso, ma se se destano qualche preoccupazione in numeri delle partite casalinghe (sette gol presi) il fatto è che i numeri dell’Inter da esportazione sono spaventosi: quattro partite su quattro vinte, dieci gol fatti e nessuno subìto.

Stramaccioni, memore della sconfitta con la Roma, ha disegnato una squadra funzionale alla gara, con quattro esterni e un centrocampista a elastico (Cambiasso), schierandosi a tre in fase di possesso e a quattro in fase di non possesso palla.  Straordinaria la prova in difesa di Ranocchia e Juan Jesus, micidiali nel fermare ogni attaccante granata e affiatati tra loro nonostante giocassero insieme per la prima volta; se poi hai giocatori come Milito e Cassano che toccano due palloni e diventano gol e assist il risultato arriva. Stramaccioni si è risentito dell’accusa di aver giocato da provinciale e non ha tutti i torti: l’Inter ha avuto il 62 per cento del possesso palla e non si ha notizia di provinciali che ci riescano. Peraltro, giova ricordare che l’aggettivo viene assegnato a mo’ di elogio quando si tratta di alcune squadre e a mo’ di critica quando si tratta dell’Inter, che non dispone di nessuna cassa di risonanza mediatica dove i commentatori sportivi usano attaccare l’asino dove vuole il padrone.

E a proposito di altalene, la Roma perde una partita che aveva già vinto, subendo una rimonta da parte del Bologna che in due minuti si porta a pareggiare il doppio svantaggio e poi assesta il colpo del k.o. finale. Si è detto che riappare la Roma di Zeman, abile ad attaccare e incapace a difendere, ma è difficile incolpare il boemo dei pasticci individuali dei suoi difensori che in due minuti si fanno bucare due volte intruppandosi tra loro. Come già detto all’inizio del torneo, è comunque proprio la linea difensiva il problema principale dei giallorossi, giacché dietro non hanno ne particolare qualità, né necessaria abbondanza.

Ma questo ha a che vedere con il mercato, non con Zeman. Non sempre si possono fare due o tre gol e subirne - come minimo - uno a partita può diventare letale per le aspirazioni di classifica. Senza un adeguato riassetto difensivo sul mercato di Gennaio, la Roma rischia di veder scemare il grandissimo vantaggio di essere - unica tra le grandi - a poter giocare una volta alla settimana.

Per concludere, vanno fatti i complimenti a Ferrara e a Montella per il loro gioco e i risultati, mentre annotiamo l’ennesima carnevalata di Zamparini che dopo tra partite ha già deciso di esonerare Sannino del quale si diceva innamorato tre settimane addietro. Il presidente del Palermo ogni anno vende i suoi giocatori migliori per fare cassa e poi pretende che con i resti la squadra migliori le performances dell’anno precedente. Adesso tocca a Gasperini. Al quale consigliamo di non prendere casa a Palermo: un hotel o al massimo un residence sono luoghi più adeguati alla durata delle infatuazioni di Zamparini.


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