di Fabrizio Casari

Più che la Roma di Zeman è la Roma di Totti quella che sbanca Milano e riporta l’Inter alle prese con i limiti evidenti di organico. I giallorossi, certamente avvantaggiati dal non aver dovuto giocare tre sere prima come i nerazzurri, hanno mostrato una condizione fisica decisamente superiore e un Totti in serata da grande spolvero. Ed è stata proprio questa a determinare l’esito di una partita dove l’Inter, per quanto senza risultati, ha condotto il gioco per larga parte della gara, attaccando di più (12 a sei i tiri nello specchio della porta e 11 a 2 nei corner indicano abbastanza) ma la Roma ha sfoderato un cinismo assoluto, segnando tre gol su un totale di sei tiri indirizzati verso la porta difesa (si fa per dire) da Castellazzi.

Chi si aspettava le geometrie zemaniane ha dovuto in parte ricredersi: è stato infatti Totti, con due assist ed un lavoro di regia eccellente, a determinare il successo romanista. Il principale merito della Roma è stato quello di portare in tutto il campo un pressing asfissiante, consapevole che le tossine della fatica di Europa League di giovedì sera, presto o tardi si sarebbero fatte sentire. E così è stato, infatti. Fino al 2 a 1 per la Roma, l’Inter aveva tenuto bene il campo e, seppure in una serataccia di Snejider e Milito, che le aveva impedito di essere davvero pericolosa, sembrava di poter essere in grado di fare sua la partita.

Dopo il 2 a 1, invece, l’Inter ha accusato il colpo e, più che mancanza di personalità, si è avvertita la mancanza di benzina, con Guarin esausto, Pereira uscito per crampi e Gargano sostituito. Inoltre, alcune scelte di Stramaccioni (Cambiasso per l’esausto Pereira e l’uscita di Gargano per Coutinho) sono apparse poco convincenti, così come quella di riproporre sulla zona sinistra del campo Sneijder, Cassano, Pereira e Nagatomo, lasciando completamente sguarnita la zona di destra e permettendo quindi alla difesa della Roma di doversi preoccupare di chiudere solo una porzione di campo.

L’addio di Maicon pone con urgenza all’Inter la necessità di spostare o Nagatomo o Jonathan a destra e bilanciare la squadra. Cambiasso non può più giocare immobile e vedere gli avversari andar via e Zanetti deve ricordarsi la differenza che passa tra un centrocampista e un terzino nelle marcature.

La Roma dimostra di saper adattare l’impostazione di Zeman alle specificità delle partite, il che dimostra che il presunto integralismo dell’allenatore boemo è stato decisamente rimodellato e plasmato, nel corso di questi anni, da un approccio più concreto. Meno spettacolo e più punti, insomma. Il vantaggio di giocare una volta a settimana, che lo scorso anno determinò in forma importante la vittoria juventina, potrebbe rivelarsi un elemento decisivo anche per la Roma di quest’anno, che intanto regala da due domenicche i gol più belli alle sigler televisive. Annotazione particolare per il giovane Florenzi: partita eccellente, priva di emozione e con personalità da grande giocatore.

Per quanto la classifica sia davvero momentanea, alcune cose si possono però cominciare a leggere. Due vittorie su due della Juventus dicono che i bianconeri sono ripartiti da dove erano arrivati: la Juventus di quest’anno, pur non essendo riuscita a trovare il bomber di razza sul mercato (inseguiti Van Persie, Dzeko, Llorente e via elencando), ha fatto di necessità virtù, continuando a puntare su Vucinic e sull’inserimento dei centrocampisti in zona gol, facendo dell’agonismo l’arma principale. Il Napoli conferma ugualmente di avere un impianto di tutto rispetto e la sensazione è che la partenza di Lavezzi otterrà paradossalmente il risultato di far definitvamente esplodere Hamsick, dandogli la caratura di leader della squadra. Buone sorprese - visto il pre-campionato - da parte della Lazio e soprattutto buone notizie per quanto riguarda la Sampdoria di Ciro Ferrara.

Chi invece sarà costretto a rivedere i suoi piani saranno in primo luogo Udinese, Bologna e Palermo. La squadra di Guidolin per la prima volta negli ultimi anni appare seriamente in difficoltà. E’ vero che le squadre di Guidolin non hanno mai cominciato i campionati a spron battuto, anzi. Ma quello che sembra diverso dagli scorsi anni è l’intelaiatura di squadra.

Quando si vendono prima Sanchez e Inler, poi Handanovic, Isla e Asamoah, e ci si trova Di Natale con un anno in più, non è certo il ritorno di Muriel o la conferma di Armero che possono invertire la rotta già in qualche modo segnata. E anche quella del Bologna non sembra una situazione con molte speranze: la cessione di Midingay, Ramirez e Di Vaio, azzera lo schema dello scorso anno, che vedeva appunto nel primo il recuperatore di palloni da smistare a Diamanti e Ramirez e nel terzo il finalizzatore.

Aver tenuto Diamanti senza averlo affiancato da uomini di valore pari a quelli partiti, priverà il Bologna di possibilità concrete di un campionato nella parte sinistra della classifica. Idem dicasi per il Palermo, dove Sannino comincia già a sentire strani rumori si scricchiolii nella sedia. Com’è noto, Zamparini finanzia la sua squadra con le cessioni e i suoi allenatori rimangono solo fino a quando non si dimostra che è così. Quando i nodi arrivano al pettine, Zamparini fa il giullare e gli allenatori diventano degli ex.

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