Al prossimo trittico di partite, con il Milan in Coppa Italia e Lazio e Fiorentina, cui seguirà la Roma, l’Inter arriva con problemi inediti in questa stagione e si trova, con la tegola degli infortuni a Miranda e D’Ambrosio, a dover registrare rapidamente manovra e organico. Le due sconfitte consecutive, subite dopo sedici risultati utili, denunciano un’Inter stanca, che colleziona errori tecnici e corsa limitata. Sono arrivate ad opera di squadre di lignaggio non proprio altissimo e, proprio per questo, evidenziano maggiormente i limiti nerazzurri. Che sono fisici, tecnici e tattici.

 

Fisici. Gli undici-tredici titolari non dispongono di sostituti all’altezza e il limite fisico è rappresentato soprattutto dal ritmo con il quale la squadra di Spalletti gioca al calcio. Fisicamente forte, di grande stazza, la squadra non brilla in mezzo al campo. Troppo lenta in molti suoi giocatori e se Borja Valero risolve con sagacia tattica, altri - Gagliardini e Vecino – non dispongono di doti particolari che suppliscano al ritmo compassato. Il ritmo blando consente all’avversario di posizionarsi bene per affrontarla. Non a caso le squadre meno dotate tecnicamente, che puntano su fisicità e velocità, sono quelle che la mettono più in difficoltà.

 

La sua stessa granitica difesa non dispone di velocisti e se gli avversari che tentano di arrivare all’area interista con la palla a terra trovano il muro fisico dei centrocampisti, quelli che decidono di lanciare lungo, saltando il centrocampo ed obbligando i due centrali a correre all’indietro, diventano pericolosissimi. Perché la scarsa velocità di Skriniar e Miranda riduce l’efficacia difensiva, altrimenti straordinaria se si affrontano centralmente.

 

Tecnici. Nessun giocatore dell’Inter, tranne Perisic e Cancelo, è dotato di dribbling in velocità in grado di saltare l’uomo e il giocatore tecnicamente più dotato, Borja Valero, non ha più il passo per saltare l’uomo. L’assenza di un regista e di un trequartista con doti tecniche elevate riduce l’imprevedibilità, rende la manovra poco incisiva.

 

Tattici. Nessun giocatore dell’Inter da il pallone di prima; ognuno di essi ha bisogno di toccare la sfera almeno due o tre volte e nessuna di queste abbaglia per qualità di apertura. Una fitta ragnatela di passaggi di pochi metri fa somigliare ad un torello in allenamento lo sviluppo delle azioni. Nessuno si lancia nello spazio centralmente a dettare il passaggio buono per il tiro o tenta lo scambio veloce per bucare le difese centralmente.

 

L’Inter non va in verticale ma in orizzontale. Non effettua azioni per la penetrazione centrale anche per l’assenza di tiratori o incursori nei centrocampisti. Di conseguenza il suo gioco, costituito da un infinità di tocchi in orizzontale e che si apre solo sulle fasce, diventa prevedibile e le difese avversarie hanno buon gioco nel marcare centralmente l’unico attaccante, Icardi, che, pur straordinario, è da solo nell’area avversaria.. Che poi il centravanti argentino, con la sua abilità, riesca a segnare comunque è altra cosa, ma il fatto è che non ha alternative e, se non segna lui, difficile che segni l’Inter.

 

Insomma quella di Spalletti è squadra equilibrata ma priva imprevedibilità nelle giocate, che di solito non arrivano dagli schemi ma dalla fantasia calcistica della quale sono dotati i top player (come appunto Icardi). E’ la stessa fantasia che consente di risolvere la partita anche in giornate dove non tutto gira alla perfezione.

 

C’è un organico forte ma non fortissimo, dove i valori assoluti sono rappresentati dalla coppia di centrali e dal suo centravanti, con Handanovic e Perisic comunque un gradino più su degli altri. Ma se Perisic e Icardi non sono in giornata e se Handanovic ricade nelle sbavature di posizionamento e nella scarsa reattività che ne hanno caratterizzato i suoi anni all’Inter, allora il grigio diviene il colore dominante.

 

Come migliorarla? Atteso che l’obiettivo prefissato è il quarto posto, che è alla portata di questo organico, non pare lecito aspettarsi ipotesi più eccitanti della zona Champions. Juventus, Napoli e Roma hanno organici di maggior livello e la stessa Lazio non è certo inferiore ai nerazzurri, anzi. La possibilità di migliorarla con il mercato invernale ci sarebbe ma, ovviamente, si tratta di capire come si possa agire sotto la lente Uefa sul bilancio. Certo Joao Mario e Brozovic all’Inter non servono e ricambi per Borja Valero, Skriniar e Icardi sono indispensabili.

 

Ma il problema è la decisione di Suning di non investire, il che significa potersi permettere solo opere di finanza creativa per arrivare ai giocatori che servirebbero. Inoltre, con la finanza creativa acquisti buoni giocatori, non fuoriclasse. Pare che Suning abbia le mani legate a seguito della decisione di Pechino che, in una fase di contrazione della crescita, vuole che gli investimenti nello sport internazionale vadano (giustamente) riconsiderati. Il che però, se risulta comprensibile per gli analisti economici, non piace ai tifosi della Beneamata, che sanno come siano gli investimenti a determinare la possibile misura dei successi; che il denaro magari non sempre fa vincere ma la sua assenza certamente fa perdere.

 

Quindi,  governo cinese o no, se Suning si ripropone solo far cassa con le cessioni per poter procedere agli acquisti, allora l’Inter sta messa male. Perché salvo due o tre big, che non può permettersi di vendere, non ha altri giocatori che sul mercato potrebbero portare il denaro necessario ad acquistare i due o tre campioni di cui avrebbe bisogno.

 

Insomma a nulla serve avere come proprietario un gigante finanziario se il braccino resta corto. Allora, forse, sarebbe meglio sbrigarsi a liquidare Tohir e vedere chi può intervenire nella quota del 30% del capitale azionario. Perché senza soldi non hanno i giocatori per vincere e nemmeno il pur bravissimo Spalletti può fare miracoli. Il rischio di vedere la stagione di Mancini, con la prima parte del torneo in testa e il settimo posto finale, va scongiurata. Costi quel che costi.

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