di Rosa Ana De Santis

Nel 2005, in una veste romantica e romanzata secondo alcuni, i protagonisti della delinquenza romana degli anni Ottanta spopolavano già nelle sale. La regia di Placido, il bellissimo Rossi Stuart nei panni di Freddo, Favino in quelli di Libano e un cast vincente, portano a Romanzo Criminale ben 8 David di Donatello e 5 nastri d’argento.Una pagina di cronaca e di storia fatta di legami casuali e fortissimi tra servizi segreti, bassa manodopera della delinquenza, conflitti politici e chiese diventate sepolture di assassini, ha conquistato gli italiani. Sarà per quel valore catartico che il cinema assume quando racconta il male e i mostri che la storia umana ha generato?

E’ quel sentimento, a metà tra la purificazione e l’esorcizzazione del male che proviamo quando vediamo i film sulle guerre, sugli stermini, sul male assoluto del nazismo. A metà tra macabro interesse, catarsi ed esercizio di memoria, questo è il cinema che piace immediatamente, che serve alla storia e che fa informazione.

Sulla Banda della Magliana, avevamo avuto già una fiction nel 2004 e un altro film. Poi sono arrivate le due serie di Romanzo Criminale che hanno incollato alla tv di Sky milioni d’italiani. Un successo che alla prima messa in onda ha visto ben 400 mila spettatori di media e che ha quindi convinto a produrre la seconda serie. Delinquenti, spacciatori e assassini comuni sono diventati né più né meno che i protagonisti di una soap, che è un’opera come tante, semplicemente un po’ spinta, un po’ noir e molto vera. Quanto basta per rendere tutto più attraente nella stagione in cui va di moda il reality.

Se il film è una creazione artistica per ricordare, per capire o per conoscere (anche se in una veste drammatizzata e non semplicemente cronachistica) la fiction a puntate normalizza, banalizza e azzera ogni parabola di attesa e di suspance. Ogni ipotesi di catarsi decade. In cambio, l’icona del male diventa un personaggio cui ci si affeziona, che ci rimanda alla prossima puntata e che, nel suo chiaro ed elementare profilo psicologico, diventa sempre più familiare.

Se il film è un momento, la serie televisiva reitera azione e personaggi, frammenta la storia, non aggiunge nulla né alla verità né all’interpretazione critica e serve solo all’intrattenimento. Ma a cosa giova questo genere d’intrattenimento? Forse a rendere abituali e più umani killer spietati come Freddo, Dandy, il Bufalo? O a far sembrare meno mostruosa la loro banalità del male? Piace e basta, forse questo dato é sufficiente, senza andare oltre.

Come se non bastasse, a fine puntata arriva l’intervista ai veri banditi sopravvissuti. Che ricordano e raccontano con quel pesante accento romano le loro vite sprecate.  Sembrano, ancora oggi e dopo tanto tempo, disperati usciti dai libri di Pasolini, senza traccia di struggente pentimento. Mercenari del male, senza riscatto. Almeno così raccontano il passato, senza incrinature emotive.

L’idea non é che la televisione debba essere necessariamente pedagogica o che il male vada tacitato con i lustrini del varietà, ma che ci sia un linguaggio per ogni tipo di racconto. La cronaca può essere raccontata con una poesia, ma non lo diventa mai. Il dolore raccontato in una risata diventa grottesco o sadico e l’umorismo di Pirandello, l’arte di saper raccontare un fatto mostrando il senso del suo doloroso contrario, è un esempio di raffinato capovolgimento di genere che non è virtù da piccolo schermo. Nel caso della fiction a puntate, peraltro, non c’é rovesciamento di personaggi e azione, ma l’ambizione di rendicontare minuziosamente i fatti. Eccolo qui l’inganno.

La fiction televisiva, nella presunzione di realtà, normalizza il male e alza l’asticella della reazione al senso del male cui si è abituati. E’ proprio il metodo delle puntate e il criterio della durata, che vince su quello del momento, ad agevolare questa contaminazione insidiosa. Per questo il dramma di una storia come quella della banda forse non deve diventare una serie a puntate. Soprattutto se piace molto e soprattutto se corre il rischio di rendere il male un po’ meno assoluto e i protagonisti un po’ meno bestiali.

Il rigoroso rispetto delle regole e dei registri narrativi ci aiuterà a saper riconoscere la verità, a saperla ricordare come si deve e forse - e non è poco - a scongiurare patologici innamoramenti e contagiose emulazioni. Il male per il gusto del male è un limite che non andrebbe sfidato così tanto. Altrimenti i delinquenti si trasformano in miti maledetti, come sta accadendo per le strade e le scuole di Roma, soprattutto tra i giovanissimi.

Per questo speriamo che la fiction tv di Romanzo Criminale sia un esperimento di grande successo che non s’inchiodi nella trappola di un’ altra serie. E’ preferibile correre il rischio di deludere gli affezionati e numerosi spettatori, se serve a strappare al torpore della telenovela o, peggio ancora, al circo di un reality retroattivo, quel che resta di spietati colpevoli. Ma la legge dell’audience divora tutto ed esorcizza il peggiore dei mali confezionando un appuntamento di comodo relax. Tra sgozzamenti, partite di coca e puttane. Sembra di essere in Italia.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy