di Mariavittoria Orsolato

Nella foga di compiacere il grande capo, alcuni parlamentari si stanno facendo prendere decisamente la mano. Dopo la proposta - fortunatamente ritirata - per la prescrizione brevissima per gli over 65, è giunta sui tavoli della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai la proposta di alternare la conduzione dei programmi d’approfondimento giornalistico in prime time. Una norma che definire paradossale è un eufemismo e che, nella sua astrusa pretesa, indica chiaramente quali siano i reali target del provvedimento: Ballarò e Annozero.

Questo capolavoro normativo è il parto del senatore Alessio Butti, assiso in commissione in quota Pdl, e mira negli intenti dichiarati a garantire quel pluralismo tanto invocato dai telefoni di Arcore. In pratica, secondo il senatore Butti - che immaginiamo essere particolarmente affezionato al premier, altrimenti questa castroneria non si spiegherebbe - Floris e Santoro dovrebbero subire il regime che tocca alle auto nelle giornate anti-smog: una settimana conducono loro, quella dopo tocca a giornalisti dichiaratamente filo-governativi.

Conduzione alterna, così l’ha etichettata la stampa, e nella pratica risulterebbe come la pantomima della par condicio da campagna elettorale. Il condizionale è d’obbligo, dato che è pressoché impossibile, anche nel panorama depauperato del nostro giornalismo, trovare una redazione schizofrenica a tal punto da capovolgere settimanalmente la linea editoriale. Per mettere in pratica i suggerimenti di Butti servirebbero due redazioni per ogni programma, ma in Rai la parola d’ordine non era risparmiare?

Il senatore del Pdl ha spiegato qualche giorno dopo che l’alternanza non comporterebbe conduzioni diverse per la stessa trasmissione ma semplicemente il fatto che se un martd’ va in onda Ballarò, il giovedì non può andare in onda Annozero ma un talk di informazione analogo per struttura ma completamente diverso per contenuti e toni. Insomma il piano sarebbe quello di dimezzare le messe in onda delle due principali trasmissioni d’approfondimento di viale Mazzini.

Quella che altrove verrebbe liquidata come una boutade o come un’enorme gaffe istituzionale, ha incontrato in realtà il vivo interesse dei vertici Rai. Fortunatamente in negativo. Se il presidente Rai Garimberti liquida il provvedimento come “un atto di sfiducia nei confronti della Rai, di tutto il suo Consiglio di amministrazione, del direttore generale, dei direttori di rete e testata”, il presidente della Commissione Parlamentare, Sergio Zavoli, si è appellato ai membri dell’opposizione affinchè “esercitino il diritto-dovere di presentare emendamenti”. Un appello che sembra però destinato a cadere inesorabilmente nel vuoto dato che la componente di centro-sinistra non ha ancora approntato una strategia da applicare nella prossima riunione.

Dimenticanza imperdonabile e che denota l’inadeguatezza dell’opposizione a ricoprire il suo ruolo deputato: questa proposta di Butti non è infatti che la terza in ordine di tempo per condurre l’azienda di viale Mazzini sotto il controllo di un nuovo “MinCulPop”, come lo ha definito sprezzante Michele Santoro.

Inizialmente aveva provato ad imporre un emendamento che prevedeva che uno stesso argomento non potesse essere “ridiscusso” in tv per una settimana: ad esempio, se Porta a Porta al lunedì si fosse occupata delle vicende giudiziarie del presidente del Consiglio, Floris e Santoro avrebbero dovuto costruire la puntata su argomenti diversi. Costretto a spuntare questo emendamento, il lealissimo pasdaran di Berlusconi ha dovuto togliere la “norma Santoro”, che prevedeva il divieto di conduzione per chi avesse assunto incarichi politici, limitandolo poi a due anni dalla sua cessazione dopo le inevitabili obiezioni raccolte in sede di discussione. Butti non é quindi disposto a retrocedere su quello che a tutti gli effetti è l’ultimo appiglio della sua proposta.

Questo spasmodico tentativo di andare a regolamentare gli slots televisivi nasce infatti per andare idealmente a colmare il vuoto normativo che da otto anni lascia irrisolto il problema del pluralismo televisivo. Una questione pruriginosa soprattutto per il richiamo al conflitto d’interessi che domina entrambe le metà dell’etere.

Sta di fatto che anche una norma evidentemente mirante alla trasformazione dell’informazione in pura e semplice tautologia, come quella sopra esposta, ha buone possibilità di tradursi in pratica. Nella prossima riunione della Commissione Parlamentare, c’è infatti il rischio che il disegno sulla conduzione alternata venga votato a maggioranza e che quindi la norma di indirizzo venga poi girata all’Agcom per l’applicazione. Le conseguenze futuribili di questo passaggio riportano all’anno scorso quando, in nome della par condicio per le elezioni regionali, vennero bloccati tutti i talk show di approfondimento per le due settimane immediatamente precedenti il voto, con tutto il corollario di ricorsi del caso.

Quella della maggioranza sembra quindi più che altro una dichiarazione di forza fine a sé stessa.  Pare impossibile che in 20 anni di esperienza nel campo televisivo Berlusconi sia ancora un sostenitore della teoria della siringa ipodermica. Santoro e Floris, infatti, non spostano un voto, ma tendono soprattutto a sclerotizzare le posizioni manichee che caratterizzano la ricezione dei temi politici italiani. Davvero il gioco del fedelissimo Butti vale la candela?

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