di Mariavittoria Orsolato

Il ritorno in tv di Giuliano Ferrara, dopo l’addio a Otto e mezzo e a La 7 tre anni fa, è quanto di più onanistico l’infotainment nostrano abbia prodotto. Autocelebrativo fin dal titolo, "Qui Radio Londra", in onda da domani su Rai1, non è altro che la fedele riproposizione del programma che diede la notorietà televisiva al direttore de Il Foglio e ne segnò l’approdo sulle reti di Silvio Berlusconi.

Cinque minuti in quello che fu lo spazio del "Fatto" di Enzo Biagi, nei quali il giornalista affronterà quelli che dovrebbero essere i temi d’attualità. Secondo le anticipazioni si parlerà “di politica, economia, teologia. Niente ospiti, niente interviste, niente servizi - spiega Ferrara all'Ansa - solo la mia opinione”. Il problema è proprio quello.

Conoscendo i precedenti del corpulento scribacchino, Qui Radio Londra rischia di diventare un rinforzo positivo per le baggianate appena trasmesse dal tg1 di Augusto Minzolini. Calando questa coppia di “cani da riporto”, come li definirebbe Marco Travaglio, lo slot preserale della rete ammiraglia diventa un’irresistibile cassa di risonanza per l’Esecutivo e, ovviamente, per Berlusconi. La sinistra, infatti, insorge, denunciando che il poker d’assi filo-governativo programmato per la primavera/estate 2011 - che vedrà anche Bruno Vespa e Vittorio Sgarbi in prima serata, sempre sui Rai1 - è praticamente un’occupazione dell’emittente pubblica degna del MinCulPop dei tempi d’oro.

Ferrara è una personalità da sempre vicina al premier: nel 1994 fu il suo Ministro per i rapporti con il Parlamento, poi fu candidato di Forza Italia e la Casa delle Libertà e, in più, è da lui direttamente stipendiato in quanto editorialista del Giornale e rubrichista di Panorama. Un bel personalino insomma, che promette di rendere assolutamente incredibile la nuova striscia serale di Rai1. E per incredibile s’intende ovviamente il senso letterale.

Qui radio Londra sarà infatti la copia sputata di quel Radio Londra che dal 1988 al 1994 venne trasmesso da Canale5 e Italia1. Se allora la trasmissione terminò con la celeberrima “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, oggi il barrito dell’elefantino non avrà nessun limite etico. Dopo la campagna antiabortista portata avanti nel 2007 dalla poltrona di "Otto e Mezzo", è difficile credere che i cinque minuti di sproloquio non abbracceranno altre cause utili al tornaconto di papi. Prima tra tutte la delegittimazione dei processi istruiti contro il premier.

Nell’intervista pubblicata su La Repubblica il 10 marzo, Ferrara giudica il processo Ruby “un processo stregonesco, messo in piedi da pedinatori, giornalisti e magistrati”. Il direttore de Il Foglio ha poi dichiarato che per ogni puntata il suo cachet è di 3.000 euro per un totale di 1,5 milioni di euro in tre anni. Cifre consistenti per una striscia di soli cinque minuti in cui il massimo sforzo di Giuliano Ferrara sarà quello di far ruotare la sedia della sua scrivania, sempre che non abbiano ricreato la scrivania girevole identica a quella di ventitre anni fa.

La Rai pagherà quindi Ferrara un tanto al chilo, dimentica della scarsa considerazione che il giornalista le attribuì bruciando platealmente il bollettino del canone inviato dall’Intendenza di Finanza. Era il 1993 e, nonostante le posizioni ultragarantiste adottate a seguito di Mani Pulite, Ferrara spiegò che il gesto era atto a chiedere le dimissioni dell’allora direttore generale Locatelli, colpevole a suo dire di aver in qualche modo agevolato gli affari della moglie, Anna Maria Rossi.

Onore al vero, le recriminazioni di Ferrara e della Lega Nord - anch’essa aveva pubblicamente chiesto le dimissioni dell’allora dg Rai, per lo scandalo LombardFin - vennero avallate dalla Corte di Appello di Milano e nel 1994 Locatelli lasciò viale Mazzini per La Voce di Montanelli. Ma questa, come direbbe l’ottimo Lucarelli, è un’altra storia.

Da domani comunque Giuliano Ferrara andrà ad occupare quella nicchia intoccabile che fu di Enzo Biagi. La Rai pagherà 3000 euro al giorno affinché Ferrara svolga comizi filo-berlusconiani all'universo mondo. Senza che ciò, ovviamente, abbia una qualche relazione con la legge della domanda e dell'offerta, giacché é noto come le opinioni di Ferrara interessino solo ai suoi parenti più prossimi e al suo datore di lavoro unico. Le fallimentari vendite del suo giornalino stanno lì a dimostrarlo.

E quanto al suo gradimento in video, in termini di audience il confronto con il predecessore, mostro sacro e compianto di un giornalismo totalmente alieno dai toni e dai modi di quello attuale, si annuncia ancor più arduo: sarà difficile, infatti, riempire quel vuoto lasciato dall’editto bulgaro, soprattutto in termini di competenza e completezza giornalistica. Paradossalmente la più grave mancanza dell’elefantino è proprio la misura.

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