di Mariavittoria Orsolato

Al settimo piano viale di viale Mazzini si vociferava da tempo e con insistenza sulle probabili future dimissioni del povero Mauro Masi. Sfiancato dalle continue richieste d’intervento da parte del Palazzo, il direttore generale Rai si sarebbe deciso ad abbandonare una delle poltrone più bollenti d’Italia per sedere su quella di amministratore delegato della Consap, la concessionaria pubblica dei servizi assicurativi.

I motivi sarebbero racchiusi nelle tensioni con l’intero cda di viale Mazzini, dove da mesi ormai, quello che dovrebbe essere il capo dell’azienda, non riesce a godere della necessaria maggioranza. Non solo per varare nomine indispensabili per l’azienda, ma anche per portare avanti il piano industriale, ridurre il debito e recuperare quei margini pubblicitari necessari a ridare fiato alle magre casse dell’azienda; il bilancio trimestrale di Sipra, la concessionaria pubblicitaria della Rai, ha infatti segnato un meno 6,5% nei primi tre mesi dell’anno.

Insomma per ridare ossigeno all’azienda la testa di Masi deve essere espunta e ad attendere il baffuto Dg pare non ci sia nemmeno la lauta ricompensa che il premier pare elargire di default ai suoi fedelissimi. Nonostante il povero Mauro si sia prodotto in acrobazie spericolate pur di assecondare le bizze di Berlusconi, la poltrona che sembra spettargli sarà molto meno redditizia dei 700.000 euro all’anno pagati da mamma Rai. Pare che, appena annusata la possibilità di essere defenestrato dal settimo piano di viale Mazzini, il megadirettore abbia fatto presente direttamente al cavaliere le sue remore, affermando che con un curriculum come il suo non può assolutamente accettare una retrocessione in termini di danè.

Sono infatti mesi che i manager pubblici incaricati da Berlusconi si stanno letteralmente scervellando per trovare la poltrona adatta a Masi. Inizialmente il premier pensava di destinargli la vicepresidenza dell’Enel e, una volta ragguagliato sull’inesistenza statutaria di tale carica, avrebbe fatto pressioni affinché la figura venisse creta ad hoc. Dati i tempi biblici dovuti all’istanza di modifica, l’opzione Enel è stata scartata in favore dell’ipotesi Snam, il gestore nazionale della rete gas. Nel giro di pochissimo ci si è però resi conto che anche questa soluzione comportava non poche gatte da pelare, prima fra tutte quella che prevede che la figura deputata a tale incarico abbia la qualifica di ingegnere. L’indice di Berlusconi ha quindi puntato verso la Consap, una poltrona non troppo impegnativa che sulla carta dovrebbe soddisfare le richieste del fedele Masi.

Se il condizionale è d’obbligo è perché, al netto della prestazione, sia il presidente che il direttore generale della concessionaria dei servizi assicurativi prendono molto meno di 700.000 euro all’anno. Gli stretti limiti imposti da Giulio Tremonti agli stipendi dei dirigenti pubblici non permettono di ritoccare in eccesso gli assegni mensili e la soluzione più probabile per accontentare capra e cavoli sarebbe quella di un incarico “a chiamata”, l’unico in grado si aggirare i limiti imposti ai manager stipendiati dallo Stato. Stando a quanto riporta il sito Dagospia, Masi avrebbe firmato nei giorni scorsi la sua lettera di dimissioni ma non si avranno notizie certe fino al prossimo 11 maggio, data in cui si dovrebbe riunire l’assemblea dei soci.

Così, dopo tre anni di intensa attività, l’era Masi si appresta a tramontare e dall’azienda lasciano trapelare che il nuovo corso avrà tutt’altro segno. La favorita alla successione pare ad oggi essere Lorenza Lei, attuale vice-direttore generale della Rai e vicinissima alle gerarchie d’oltre Tevere. Se la nomina venisse confermata segnerebbe il ritorno dopo 17 di un cattolico dichiarato ai vertici di viale Mazzini – l’ultimo fu Gianni Pasquarelli,che lasciò nel 1994 – e darebbe una svolta pratica a quella che in ogni caso si annuncia come una direzione di transizione.

Il mandato del direttore generale scadrà infatti nell’aprile del prossimo anno ed ora come ora, la Rai ha soprattutto bisogno di un tecnico, un “interno” in grado di riavviare il carrozzone e di tamponare le perdite prodotte in questi anni da una dirigenza che definire poco assennata è un eufemismo.

Nell’attesa del commiato ufficiale, Masi non vuole rinunciare alle prerogative del suo ruolo e lo scorso sabato ha fatto recapitare ai direttori di Tg3 e Tg2, Berlinguer e De Scalzi, una lettera ufficiale di richiamo in riferimento ai programmi di Lucia Annunziata, di Giovanni Floris e dell’immancabile Michele Santoro. La colpa imputata sarebbe la classicissima violazione della par condicio imposta in vista delle elezioni amministrative e, al solito, il suo intervento ufficiale ha scatenato il consueto vespaio di polemiche politiche in merito ai tentativi più o meno manifesti di censura da parte del Governo. Senza Masi la Rai tornerà anche a respirare ma che ne sarà dei deliziosi siparietti telefonici cui il baffuto Dg ci ha abituati?

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