di Mariavittoria Orsolato

Non più di qualche mese fa lo vedevamo ancora impegnato a negare che la crisi avesse toccato i portafogli degli italiani. Ora invece, abbandonato Palazzo Chigi causa spread, anche Berlusconi dovrà ammettere che il depauperamento non è una tendenziosa invenzione della stampa bolscevica, creata ad hoc per remargli contro, ma una dura realtà da affrontare.

A parlargli chiaro sono stati i dati di bilancio del suo personalissimo impero televisivo che nel 2011 hanno infatti chiuso con “solo” 225 milioni di euro di profitti, vale a dire un clamoroso 36% in meno del 2010.

Ma i danni maggiori si sono registrati nell'ultimo trimestre dell'anno quando, probabilmente per effetto delle dimissioni da premier, la pubblicità sulle sue tv è andata a picco, con una performance molto peggiore rispetto a quella del resto del mercato, Rai e Sky comprese.

L'infausto evento non accadeva da anni e l'inversione di tendenza è stata repentina: fino al 30 settembre 2011, con il Cavaliere ancora saldo alla guida del governo, la raccolta di Cologno Monzese era sì in calo, ma solo del 2%, contro il - 4,6% dei rivali.

Tra ottobre e dicembre la musica però è decisamente cambiata: gli spot sui network di Arcore sono scesi dell'8,1%, mentre il resto del mercato è scivolato del 7%. La voce più preoccupante, dicono gli analisti, è il -11% di raccolta delle tre reti ammiraglie (Canale5, Italia1 e Rete4), compensato in minima parte dal discreto risultato dei nuovi canali digitali.

Il trend è continuato a gennaio e febbraio con la raccolta Mediaset in calo come quella di mercato, mentre le reti satellitari di Rupert Murdoch hanno guadagnato ancora quote, e anche l'agonizzante tv pubblica è riuscita a fare di meglio.

E nemmeno il bouquet digitale, cavallo sui si è puntato moltissimo a Cologno Monzese, è riuscito a riequilibrare i pessimi risultati del gruppo: 68 milioni di utili persi in 12 mesi, ai quali si aggiunge il periodo non proprio idilliaco di Telecinco in Spagna e il fallimento dell’investimento su Endemol, la casa produttrice del format televisivo Grande Fratello, in onda da 12 lunghissimi anni e ormai boccheggiante in termini di ascolti e conseguenti sponsor.

Alla luce di questi sconfortanti numeri il direttivo di Mediaset ha deliberato un taglio drastico dei dividendo, portandolo da 35 a 10 centesimi di euro per azione, e ha riservato ai soci azionisti solo 113 milioni di euro, molto meno dei 400 milioni di euro distribuiti lo scorso anno.

Un colpo di forbice che peserà moltissimo sul bilancio della azienda di Cologno e che ha già fatto danni in borsa: ieri, dopo l'annuncio del taglio ai dividendi, il titolo del Biscione ha avuto un crollo verticale e Mediaset è stata sospesa dalle contrattazioni per eccesso di ribasso.

A soffrire di questa congiuntura negativa saranno anche le tasche dello stesso Berlusconi che quest'anno vedrà rientrare solo 45 milioni di euro, contro i 150 che erano fruttati lo scorso anno, senza contare che anche Mondadori - altra costola dell'impero del cavaliere - nel 2012 non retribuirà i suoi azionisti.

L'innegabile fase recessiva nella quale si trova l'Italia ha certo condizionato il mercato pubblicitario ma in quella che pare essere la disfatta del Biscione giocano un ruolo decisivo anche gli ascolti, in forte calo soprattutto nei tre canali generalisti.

In poco più di tre anni Rete4, Canale5 e Italia1 hanno perso quasi il 10% in termini di copertura del pubblico televisivo - dal 38,6% del 2008 al 30% del 2011 - e a mettere un pezza al salasso di share non è certo bastato il bouquet digitale, fermo ad un modestissimo + 4,1% rispetto allo scorso anno.

Provando a mettersi ai ripari, Mediaset ha varato nella seconda metà del 2011 un piano di efficienza triennale e ha messo assieme una lista di tagli da 250 milioni di euro per ridurre gli attuali costi aziendali e di produzione. Probabili dunque licenziamenti, drastici ridimensionamenti dei budget per la produzione dei programmi e investimenti necessariamente più modesti.

La crisi così tanto esorcizzata da Berlusconi è arrivata dunque anche alle porte della potentissima Mediaset ed ora che a Palazzo Chigi e in Parlamento non ci si occupa più di televisioni e patrimoni personali, il cavaliere è costretto a fare i conti con la dura realtà e a immedesimarsi nei tanti  imprenditori che boccheggiano a causa delle congiunture negative dei mercati.

Forse il cavaliere disarcionato farà i conti anche con gli spettri dei suoi tanti errori politici che, lo ammetta o meno, hanno sicuramente contribuito ad accelerare la corsa dell'Italia verso il baratro finanziario. Se dunque il karma esiste, adesso è certamente su Cologno Monzese.

 

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