di Alessandro Iacuelli

E' l'ora delle fusioni tra municipalizzate, con la creazione di autentici colossi nel settore delle multiutility, realizzati con capitali misti, in parte pubblici ed in parte privati. E' il turno della Lombardia, dove i consigli di amministrazione di Aem Milano e di Asm Brescia si sono riuniti per deliberare la fusione fra le due aziende energetiche controllate dai due comuni. Per rendere operativa la fusione, occorrerà un ultimo passo: l'incontro dei due sindaci, dopo che i rispettivi consigli comunali abbiano approvato l’operazione, passaggio che viene dato per scontato. Quindi ci si attende che presto Letizia Moratti e Paolo Corsini si incontreranno, per dare il via libera definitivo all'operazione. Presso la borsa di Milano, i titoli delle due aziende sono stati sospesi in attesa di una nota ufficiale. Alcuni punti fino a venerdì scorso non erano del tutto chiariti, primo tra tutti quello della gestione della nuova azienda che sta nascendo. Secondo quanto trapela dalla riunione congiunta dei due CDA, sembra che in ogni caso ci sarà un impianto duale, probabilmente con Renzo Capra, presidente di Asm, a capo del Comitato di sorveglianza, mentre Giuliano Zuccoli, numero uno di Aem, dovrebbe presiedere il Consiglio di gestione.

di mazzetta

Esiste una grossa differenza tra un teppista ed un assassino. Ugualmente esiste una grossa differenza tra la vittima di un crimine e la vittima di un incidente. Una differenza ancora più grossa però esiste tra la versione che il Ministro dell’Interno Giuliano Amato ha avvalorato e diffuso a proposito della morte di Filippo Raciti e la realtà. Filippo Raciti non fu ucciso da un tifoso, questa è la verità certificata dallo stesso pubblico ministero che aveva messo sotto accusa un giovane ultrà catanese e che ieri ha ritirato l’accusa. Filippo Raciti, in realtà, trovò la morte a causa di un incidente, quando nell’agitazione degli scontri con i tifosi del Catania un suo collega lo investì con un Land Rover Discovery, mentre cercava di manovrare fra i fumi dei lacrimogeni. Dice infatti l'agente scelto S. L., di 46 anni, nella sua deposizione davanti al giudice istruttore: "In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l'abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall'auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un'esplosione, e sceso anch'io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l'autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull'autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra". Raciti verrà poi fatto sdraiare e soccorso da un medico della polizia.

di Cristina Cosentino

Collegialità e unità. Sono queste le parole d'ordine risuonate a più riprese durante l'incontro tra i leader della sinistra dell'Unione. In 14, tra segretari, capigruppo e ministri, intorno ad un tavolo per cercare quella collegialità tanto auspicata da Prodi e poco praticata durante le scelte di governo. Una denuncia su tutte: i provvedimenti economici che sono stati portati, sino ad oggi, all'esame del Consiglio dei Ministri non sono mai stati discussi nelle sedi preconsiliari, in pratica hanno rappresentato il "pacco a sorpresa" consegnato ai ministri della sinistra. Così, il cambio di passo, necessario a questa maggioranza per andare avanti dopo il disastroso risultato elettorale, deve avvenire a partire dalla condivisione delle scelte di politica economica. Su questi temi non ci sono divisioni a sinistra, contrariamente a quanto si è assistito all'interno del Partito Democratico, ed i leader presenti sono pragmatici: per ottenere l'esito sperato i segretari dei partiti dovranno incontrare subito Prodi per discutere dell'utilizzo del "tesoretto" e dei contenuti del DPEF, il Documento di programmazione economica e finanziaria che sarà varato prima della pausa estiva. Le parole di Pecoraro Scanio sintetizzano il pensiero di tutti: "l'extragettito dovrà essere utilizzato per sostenere i ceti sociali più deboli e per la politica ambientale".

di Giovanni Gnazzi

Oltre dieci milioni di italiani si sono recati alle urne per eleggere sette presidenti di province, circa 800 sindaci (tra i quali quelli di 26 capoluoghi di provincia) ed uno sconfinato numero di consiglieri. Un’affluenza ridotta rispetto alle consultazioni precedenti, che nel caso dell’elezione per i sette presidenti provinciali si è ulteriormente abbassata. Forse un segnale diretto di quanto questa sorta di limbo istituzionale tra regioni e comuni vada perdendo ogni giorno di più significato politico e, dunque, interesse elettorale. Nonostante la “spallata” auspicata da Berlusconi non ci sia stata, le trombe della Casa delle Libertà-Mediaset hanno cominciato a squillare. All’ormai consueto “avviso di sfratto per Prodi”, si sono aggiunti i non meno ripetitivi “governo delegittimato” che, senza ombra di vergogna in chi li pronuncia denotano ampiamente il sapere costituzionale della destra italiana. Il loro capo, che ha visto lo scandire dei suoi cinque anni perdendo ogni tipo di consultazione elettorale, locale, provinciale, regionale, europea e politica che fosse, per poi proseguire con quella referendaria (mai pago il cavaliere di essere disarcionato..) non pensò mai di dimettersi, né si dimise. Abbarbicato alla poltrona di Premier dalla quale dirigeva i suoi affari, non poteva permettersi di rimandare a lavorare quell’esercito di avvocati, tributaristi, giornalisti e tuttofare che aveva generosamente proposto come deputati in barba alla decenza del Paese.

di Lidia Campagnano

C’è qualcosa di perverso nella discussione che si è scatenata a proposito degli spiriti antipolitici che circolano per l’Italia: si ha l’impressione che gli stessi opinionisti, apparentemente a caccia di quegli spiriti, puntino dritto alla distruzione del ceto politico attuale, che dell’antipolitica, giurano, è l’unico responsabile in quanto guadagna troppo, spreca, lavora poco e distribuisce favori ai propri clientes. E’ una campagna vera e propria. Ed è indubbio che questa campagna, pur con tutte le buone ragioni che le si possono riconoscere, alimenta l’antipolitica. Il cane si morde la coda, ma non per innocente stupidità: l’attacco mediatico ai privilegi dei politici oscura tutte le analisi dell’ultimo decennio sulla distruzione dello spazio e del contenuto della politica ad opera del mercato globalizzato. Si parla e si scrive in pieno delirio di onnipotenza, insofferenti a qualunque vincolo di civiltà, sulla capacità-volontà del meccanismo neoliberista e dei suoi fautori di sciogliere i legami sociali sui quali la politica si fonda, precarizzando la vita intera e le vite tutte.


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