di Sara Nicoli

La classe politica italiana come una casta, distratta dai propri privilegi e a tal punto scollata dal sentire del Paese da correre il rischio di essere “travolta”, come nel ’92, da un qualcosa di simile a Tangentopoli, tuttavia ben più difficile da governare e dalle conseguenze incerte. E’ Massimo D’Alema, in una lunga intervista al Corriere della Sera a lanciare un “allarme” direttamente dal Palazzo, che si sente “assediato” dal costante venir meno del consenso, ma non sa come uscirne. O, forse, non lo vuole affatto. Perché ormai non sfugge più a nessuno dei suoi più acuti inquilini, che la “sfiducia” dei cittadini nei confronti della politica ha raggiunto livelli sconcertanti, che rendono sempre più debole in governo perché è “debole – sostiene D’Alema _ il messaggio al Paese”. “L’esecutivo ha il problema drammatico – svela il ministro degli Esteri e vicepremier - che i suoi risultati sono oscurati dalla crisi del sistema politico, dal prevalere del chiacchiericcio e delle litigiosità autoreferenziali. Tra l’altro, tutto perde di significato quando uno protesta non per quello che dice di contestare, ma perché è preoccupato per la legge elettorale”.

di Alessandro Iacuelli


Un giorno viene scoperto un luogo dove vengono depositati, senza nessuna garanzia di sicurezza, dei rifiuti industriali classificati come tossico-nocivi. Si trovano, per giunta, su un terreno agricolo, e dalle indagini scaturiscono una serie di arresti di elementi appartenenti ad un clan criminale organizzato. E’gravissimo per la nostra salute, ma è un qualcosa che, in un'Italia travolta dalle ecomafie, ci aspettiamo, che sappiamo essere possibile. Quando invece dalle indagini scaturiscono una serie di arresti che colpiscono non un clan mafioso, ma una giunta comunale, allora sta succedendo qualcosa che fa venire i brividi, qualcosa che è gravissimo non solo per la nostra salute, ma anche per quella delle nostre istituzioni locali. E' successo a Montefiascone, in provincia di Viterbo, non in una delle regioni a tradizionale presenza mafiosa, ma nel Lazio settentrionale.

di Giovanni Gnazzi

Si ammanta di riformismo, ma a ben vedere é un passo indietro. Si parla della minacciata o auspicata – dipende dai punti di vista – ondata di liberalizzazioni per i servizi pubblici locali. Il progetto di legge Lanzillotta, in discussione al Senato, era uno dei paradigmi eccellenti dell’ansia di consegnare al profitto privato gli interessi pubblici. Ma, alla fine, il Ministro Lanzillotta ha dovuto cedere. L’opposizione della sinistra al suo ddl sulla riforma dei servizi pubblici locali ne impediva l’approvazione da parte della maggioranza. E le ripetute offerte dell’Udc, oltre a non essere probabilmente sufficienti per il varo del provvedimento, in assenza del voto della sinistra avrebbero prodotto un terremoto politico nella maggioranza governativa. Da qui la necessità di accettare gli emendamenti che la sinistra ha apportato al testo, che potrà ora continuare a seguire l’iter previsto. Non a caso, poche ore prima, la capogruppo dell'Unione, Anna Finocchiaro, aveva detto a chiare lettere che l'uscita di molti senatori ex-DS, approdati nelle fila della sinistra, avrebbe messo il governo in difficoltà. "Nessuno si sogni di buttare questioni delicate nell'agone del Senato pensando poi che noi teniamo la barra - ha detto Finocchiaro. Parole incontrovertibili che hanno spinto Prodi ad imporre alla Lanzillotta una totale marcia indietro.

di Betta Bertozzi

Mediaset ha comprato Endemol. È come se Fiat comprasse i motori da Volkswagen. Ma è più grave. Anche a rifletterci, creando strane metafore in cui Coca Cola è costretta a comprare l’acqua gasata per fare le sue bibite da Pepsi, anche a struggercisi sopra a lungo, trovare un paragone è faticoso. Allora, ecco i fatti. Rai, da qualche anno sempre più spesso, non ricorre più alle sue risorse interne per inventare i programmi. Per avere nuovi formati da mandare in onda, si rivolge a società esterne che, essendo multinazionali, hanno continue acquisizioni di idee che vengono adattate, di paese in paese, ai gusti dei telespettatori. Questo significa che esiste un mercato piuttosto variegato e popoloso dei formati televisivi, in cui dovrebbe essere vincente chi sforna le idee più originali che fanno raggiungere alle reti i risultati migliori. Già, i risultati. Dai risultati di share, dai dati di ascolto, dipende il valore degli spazi pubblicitari. Perché i cachet di chi presenta il Festival di San Remo sono ogni anno in prima pagina? Perché sono lauti, sono polposi perché sono il frutto della contrattazione pubblicitaria.

di Elena G. Polidori

Il governo si è finalmente accorto che la Rai naviga in guai seri. Se n’è accorto con un colpevole ritardo di un anno e mezzo, una misura di tempo enorme per un azionista di maggioranza della tv pubblica, qual è il Tesoro, e che ha fatto maturare bilanci da far tremare i polsi. E il prossimo esercizio sarà anche peggio. Ma se il governo, oggi e non ieri, ha deciso di intervenire facendo fuori quell’unico consigliere su cui aveva potere di revoca secondo la legge Gasparri (Angelo Maria Petroni) non è certo perché – come è stato fatto credere in prima battuta – si era raggiunto il cosiddetto “punto di non ritorno”, uno stallo di gestione mai conosciuto prima dalla tv di Stato. Ovviamente, come tutte le volte che si parla della Rai, laboratorio politico del Paese, le ragioni di questo intervento sono altre. Oscillano dal conflitto d’interessi fino alla nuova legge elettorale, passando anche per la legge sui Dico e le nuove aggregazioni politiche della sinistra, nonché per il riassetto del sistema tv, meglio noto come legge Gentiloni. E se si considera che, in virtù della legge Gasparri, 7 consiglieri Rai sono espressione del voto della Commissione di Vigilanza, uno è nominato dal Tesoro e il Presidente rappresenta la "summa" di un complicato intreccio di mediazioni e "scambi" politici, ci si può rendere facilmente conto di quali interessi diversi sia portatore ciascuno dei componenti del vertice aziendale Rai.


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