di Fabrizio Casari

Le diverse generazioni che dagli anni sessanta ad oggi si sono susseguite nel calpestare le non sempre rette vie del nostro Paese, hanno ritenuto, con maggiore o con minore convinzione, che la criminalità italiana avesse due sostanziali caratteristiche: una di essere “sistema”, l’altra di produrre ingovernabilità sociale e politica proporzionale alle ricchezze che generava. C’era semmai un dubbio, relativo alla commistione tra associazioni criminali e alcuni partiti politici; il dubbio era se fossero le prime ad aver infiltrato i secondi o viceversa. Alla fine, il dubbio si dimostrava ozioso, risultando chiaro che in quel tipo di società alcuni partiti e le cosche divenivano azionisti di maggioranza o di minoranza in corrispondenza di fasi diverse, ma sostanzialmente erano (sono?) elementi distinti di un progetto comune. Adesso però, finalmente, ci rendiamo conto di quanto quelle ipotesi delle diverse generazioni fossero sbagliate, perché sbagliati erano i presupposti (ideologici, certamente) che le determinavano. Sappiamo oggi, infatti, grazie ad un’opera di chiarificazione storica e sociale di alto profilo, che l’illegalità italiana non è fatta di Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta, Sacra Corona, Mafia del Brenta o bande di tante magliane; di logge massoniche, colletti bianchi e di narcomafie, di racket delle estorsioni o di trafficanti di droghe e armi. Oggi ci è tutto più chiaro: la criminalità italiana è fatta di lavavetri, writers e disperati clandestini.

di Alessandro Iacuelli

Le parole, pronunciate a margine del Meeting dell'amicizia di Rimini, sono dell'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti: "Prevedo che tra settembre e ottobre sarà necessario aprire un tavolo con i colleghi di Edf e vedremo se in questa occasione riusciremo a rendere concreto l'accordo siglato due anni fa su una nostra partecipazione al nucleare". Quindi, l'Enel prevede di avviare tra settembre ed ottobre un tavolo con Electricité de France per giungere ad una soluzione del programma di collaborazione. Con il gruppo francese Enel aveva raggiunto un accordo per la partecipazione alla produzione nucleare Epr un paio d'anni fa, accordo poi mai concretizzatosi. Ora che il capitolo delle acquisizioni in Spagna ed in Europa dell'est è chiuso, in un periodo caratterizzato da nessun timore per l'andamento dei mercati, l'Enel a quanto pare sente l'esigenza di diversificare il proprio impegno energetico, aprendo ancora una volta al nucleare. Con il completamento a ottobre dell'Opa su Endesa "possiamo dire completata la nostra fase di espansione", spiega Conti, "anche se non escludiamo altre piccole iniziative funzionali alle nostre strategie", ad esempio l'acquisizione di alcuni degli asset che la Società del Canale di Suez "deve vendere in Belgio, come gli impone l'Antitrust".

di Fabrizio Casari

La nascita del Partito democratico è stato ed è un fattore di destabilizzazione del quadro politico. D’altro canto, la debolezza intrinseca di una maggioranza che si regge su uno o due voti al Senato, non offre molto spazio all’iniziativa politica ed anche le fibrillazioni nello schieramento di sinistra dell’Unione non aiutano. Ma questo quadro di difficoltà – oggettive e in alcuni casi circostanziali - poggia fondamentalmente sulla mancanza d’identità politica del Governo, ormai avviato – salvo scatti di reni - verso l’imbrunire. Succede però che anche chi dovrebbe muovere verso una sua ripresa, dimostri di avere poche idee e per giunta confuse. Desta particolare scoramento, infatti, vedere che le proposte per armonizzare il gettito fiscale mostrino una volta di più l’esistenza di due distinte maggioranze. Con quella radicale che, giustamente, non è disposta ad ingoiare altri rospi e quella che si definisce moderata, che mentre risulta dotata di una vena ideologica che poco o niente produce sotto l’effetto del risultato concreto, chiarisce l’assoluta incompatibilità con un progetto riformatore. Il cosiddetto “centro moderato”, infatti, continua nella sua partita di assestamento in funzione di ogni tipo possibile di scenario politico e che, per bocca di insospettabili quanto inediti “coraggiosi” e ministri improvvisatisi improbabili marinai, invia segnali di guerra al programma che hanno firmato ed alla coalizione di cui fanno parte.

di Cinzia Frassi

“È la quarta sentenza di un'alta corte italiana, militare penale o civile che ci dà ragione con le stesse motivazioni dice il vecchio gappista, “ma il mondo è pieno o di imbecilli o di faziosi ancora disposti a sostenere il contrario. C'è poco da fare”. E aggiunge: “La storia, del resto, parla chiaro: Norimberga ha detto la stessa cosa, il processo Kappler ha detto la stessa cosa, i processi intentati dagli alleati contro Kesserling, Meltzer e Mackensen hanno detto la stesa cosa. Tutto il mondo lo sa”. Sono queste le amare parole di Rosario Bentivegna a seguito della pronuncia della Suprema Corte che, con Sentenza n.17172 ha confermato la condanna de Il Giornale ad un risarcimento di 45mila euro proprio nei confronti del partigiano diffamato dagli articoli pubblicati nel 1996 dal quotidiano diretto allora da Vittorio Feltri. In particolare, si trattava di un editoriale pubblicato il 6 aprile 1996, durante il processo a Erich Priebke, comandante dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

di Daniele John Angrisani

L’affaire Abu Omar è una storia oscura di spie e sospetti terroristi, intrisa di quel clima di illegalità diffusa cui più volte siamo stati spettatori. Una storia vergognosa che dimostra come il nostro Paese, a distanza di oltre 60 anni dalla fine del fascismo e dalla nascita della nostra Repubblica sia ancora, purtroppo, un Paese a sovranità limitata, le cui leggi finiscono nel nulla, lì dove arriva il segreto di Stato. Come ha affermato Dick Marty, relatore dell'inchiesta approvata dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulle presunte prigioni segrete della Cia: "Nel caso del rapimento di Abu Omar, o l’Italia sapeva ciò che è successo, oppure vi è stata una palese violazione della sua sovranità nazionale. Ma, in questo caso, perché Roma ancora non ha presentato una protesta ufficiale alle autorità americane?" A questa domanda, ancora oggi non vi è alcuna risposta. Ma andiamo per gradi. Hassan Mustafa Osama Nasr, più conosciuto come Abu Omar al Masri, nato ad Alessandria d'Egitto il 18 marzo 1963, è un religioso egiziano che da ragazzo è dovuto scappare via dal suo Paese dopo che l'organizzazione islamica a cui apparteneva, al-Gama'a al-Islamiyya, era stata dichiarata illegale dal governo dittatoriale del presidente egiziano Hosni Mubarak. Tale organizzazione, guidata dallo "sceicco cieco" Omar Abdel-Rahman, aveva come scopo principale quello del cambio di governo in Egitto, ma era stata considerata da tempo come una organizzazione terrorista dai due principali alleati internazionali di Mubarak, l'Unione Europea e gli Stati Uniti d'America.


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