di Roberta Folatti

Donne che si perdono, donne che si ritrovano

Il mare di Tel Aviv fa da testimone a impercettibili cambiamenti, calmo e fluessuoso sembra suggerire la giusta direzione. E’ un film molto visivo Meduse, alcune inquadrature sono veri e propri quadri, fotografie piene di simboli. La regia è di due esordienti Etgar Keret e Shira Geffen, marito e moglie che solitamente gravitano attorno al mondo della letteratura. Lui ha pubblicato dei racconti brevi, malinconici e vagamente surreali, che hanno avuto molto successo in Israele e rispecchiano la struttura di questo film particolare. Lei è l’autrice della sceneggiatura.

di Roberta Folatti

Quant’è riposante un film di Pieraccioni

Lo confesso, non sono un’esperta della cosiddetta commedia all’italiana, quella degli ultimi decenni, e nemmeno conosco l’opera omnia di Leonardo Pieraccioni. Credo di aver guardato distrattamente in tv “Il Ciclone”, ma non è che mi sia rimasto impresso. So che il regista/attore toscano fa ruotare le sue storie attorno alla bellissima di turno, mi ricordo di una certa Lorena Forteza lanciata da “Il ciclone” e poi entrata in crisi per eccesso di pressione mediatica.

di Roberta Folatti

Figli irriconoscibili

Racconta la Bibbia che nella valle di Elah il giovane e inerme Davide venne mandato a combattere contro Golia, ai giorni nostri molti ragazzi si ritrovano su fronti caldi in Iraq, Afganisthan, Bosnia, del tutto impreparati a ciò che li aspetta. Ma mentre Davide, vicendo la paura e usando solo la sua fionda, riuscì ad abbattere il gigante, le guerre odierne sono così sporche da intorbidire le menti dei giovani soldati, lasciati soli, senza punti di riferimento, prigionieri degli orrori a cui assistono quotidianamente. E a cui sono costretti a partecipare.

di Roberta Folatti

Da vedova sciatta a regina del sesso

Una standing ovation di quindici minuti. Questa l’accoglienza riservata dal pubblico a Irina Palm in occasione del Festival di Berlino. E più recentemente al Torino Film Festival la reazione positiva degli spettatori è stata più o meno simile.

di Roberta Folatti

Alle radici del male

Ci avevano già provato registi del calibro di Costa-Gravas e Semprum a ricavare un film dal libro “Gerusalemme! Gerusalemme!” di Dominique Lapierre. Ma l’argomento è risultato troppo delicato e il timore di non essere equidistanti li ha indotti a rinunciare.
Un film sugli esordi del conflitto israelo-palestinese, all’indomani della decisione dell’Onu del 1947 che stabilì la divisione della Palestina in due stati, è indubbiamente una bella sfida. Il francese Elie Chouraqui l’ha affrontata con già un bel pezzo di carriera alle spalle, come regista, autore teatrale e scrittore. “Io, come tutti del resto - racconta - soffro profondamente per questo decennale conflitto tra israeliani e palestinesi che oppone due popoli fatti e creati per vivere insieme. Ero consapevole che si trattava di una grossa sfida visto che l’argomento è serio, grave e pericoloso. Ma mi sembrava anche, e oggi ne sono ancora più convinto, che portando sullo schermo le radici del male, il perchè e il come di questo conflitto, avremmo offerto uno strumento a tutti coloro che lottano per la pace”.


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