Il devastante sisma che ha colpito Turchia e Siria nelle prime ore di lunedì ha avuto e avrà conseguenze più gravi molto probabilmente su quest’ultimo paese per via delle drammatiche condizioni economico-sociali in cui l’ha costretto oltre un decennio di guerra alimentata dagli Stati Uniti e dai loro alleati. L’attenzione dell’Occidente immediatamente dopo il terremoto si è però concentrata in buona parte sulla Turchia, mentre la Siria rischia di restare senza gli aiuti necessari a causa sia delle sanzioni imposte unilateralmente da Washington sia dei calcoli politici di quei paesi che manovrano tuttora per il cambio di regime a Damasco.

Le vittime accertate in Siria ammontano finora a circa 1.700 con una distribuzione quasi uguale tra le aree controllate dal governo legittimo e quelle nelle mani dei “ribelli”. L’approccio al sisma in Siria da parte dei paesi occidentali e dei rispettivi leader politici è andata per lo più dall’espressione di dolore e cordoglio per la popolazione civile colpita, con talvolta generiche promesse di aiuti tramite organizzazioni non governative, al totale disinteresse e alla scelta di citare soltanto la Turchia nelle varie dichiarazioni ufficiali emesse in questi giorni. Tra gli altri, anche il presidente italiano Mattarella, nel comunicato pubblicato dall’account Twitter del Quirinale, si è vergognosamente rivolto soltanto alla situazione turca.

Viviamo in un mondo paradossale: in pochi giorni il valore delle azioni della Rheinmetall, produttrice degli ormai famosi carri armati Leopard, apportatori di morte e di distruzione, è cresciuto enormemente, mostrandoci che anche queste ultime costituiscono un affare impermeabile ai principi etici. Nello stesso tempo, dal 24 gennaio le lancette dell’orologio dell’apocalisse, inventato dai fondatori del Bullettin of Atomic Scientistis, fondato da Albert Einstein e dagli scienziati dell’Università di Chicago nel 1945, indicano che mancano solo 90 secondi alla fine del mondo e dei suoi abitanti.

Una nuova massiccia mobilitazione di lavoratori, studenti e pensionati ha confermato questa settimana l’avversione dilagante in Francia nei confronti non solo della “riforma” del sistema pensionistico voluta da Emmanuel Macron, ma dell’intera politica economica ultra-liberista del presidente, per non parlare del coinvolgimento di Parigi nel conflitto ucraino. Se non ci sono come al solito dati certi sulla partecipazione, non sembrano esserci dubbi che il numero dei francesi scesi nelle piazze di decine di città è stato ancora più alto rispetto allo sciopero generale del 19 gennaio scorso. Il governo appare comunque determinato a mandare in porto il provvedimento che innalzerà l’età pensionabile e gli anni di contributi necessari, ma gli equilibri in parlamento rimangono incerti e molto dipenderà dalla resistenza dei lavoratori nelle prossime settimane.

La Nato ha deciso le nuove quantità e tipologie di sistemi d’arma da fornire all’Ucraina. La lista è corposa. I più importanti? Sistema di difesa aerea Samp-T e batterie Patriot, Hummer statunitensi, Challenger britannici, Leopard tedeschi, sistemi mobili Avenger, elicotteri Mi-17 e Sea King, droni, missili Stinger, missili Starstreak, Araam e Brimstone. Un dispositivo che basterebbe per un esercito di dimensioni doppie rispetto a quello ucraino, già decimato in un anno di guerra da perdite presumibili intorno ai 300.000 uomini.

Si va verso l’escalation del conflitto che ha l’Ucraina come teatro e Washington come regia. Simbolico che Berlino abbia deciso una escalation militare contro la Russia proprio nel 78esimo anniversario dell’apertura dei cancelli di Aushwitz da parte dell’Armata Rossa.

L’invio di carri armati da combattimento al regime di Zelensky è l’ultima linea rossa oltrepassata dai paesi NATO nel conflitto ucraino. Il via libera dei governi di Stati Uniti e Germania apre la strada alla fornitura di mezzi che, di per sé, faranno poco o nulla per ribaltare gli equilibri della guerra. L’aspetto cruciale della decisione rimane piuttosto quello della reale strategia – o assenza di essa – su cui dovrebbe basarsi lo sforzo occidentale a favore della causa ucraina.

L’arrivo dei “tank” tedeschi (Leopard) e americani (Abrams) sul campo di battaglia rappresenta oggettivamente un nuovo livello di provocazione nei confronti di Mosca. In particolare perché l’approvazione da parte di Berlino e Washington è arrivata letteralmente pochi giorni dopo che esponenti di entrambi i governi e dei rispettivi vertici militari erano sembrati escludere l’opzione del trasferimento di carri armati a Kiev, in primo luogo per evitare l’aggravarsi dello scontro con la Russia.


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