di Carlo Benedetti

MOSCA. Tutto avviene mentre questo scontro sulla “nuova guerra fredda” agita, con tensioni politiche e sociali notevoli, le diplomazie della Russia e di Washington. Non si notano ancora, battute d’arresto. Ma già i conflitti tra le cancellerie delle due potenze riportano d’attualità quel motto di Kipling su un “Est che è Est” e un “Ovest che è Ovest”. Guerra fredda, quindi, come un unico soggetto pietrificato della storia? Come un conflitto permanente che rende inevitabile lo scontro? Con una singolare riabilitazione di quei piani ideologici che hanno portato - di volta in volta - i nomi di Monroe, di Harriman, di Truman, di Marshall, di Dulles e di Breznev? Tante le risposte che il cronista raccoglie a Mosca interpretando i toni della stampa locale che ricordano il revisionismo dell’era eltsiniana per passare al pragmatismo putiniano. Ma per avere un quadro più o meno ufficiale di quanto avviene è necessario fare il giro dei vari istituti politici russi che operano nella capitale. Gli indirizzi sono quelli del tempo sovietico (un passato che quasi non esiste più), ma il personale è nuovo e mostra un tipo di sapere permeato di pensiero e di pratica. Il cronista, a questo punto, sa che non può chiedere notizie su idee e progetti per l’oggi. Tutto sommato questi istituti lavorano per Putin e nessuno si dichiara disposto a scoprire carte che sono già sul tavolo del Cremlino. Così è più facile parlare del passato o del futuro. Scegliamo di leggere nella palla di vetro di una geopolitica da futurologi, ben sapendo che i “se” sono il rovescio della Storia. Ed ecco quanto ci viene “annunciato” partendo da un futuro lontano. Per la precisione l’anno 2012 visto dalla Mosca di oggi.

Previsioni da brivido. L’anno si apre con una Russia che boicotta le Olimpiadi di Londra e, nello stesso tempo, raggiunge un accordo con il Venezuela per dislocare nel suo territorio rampe missilistiche. Il Cremlino, in tal senso, non teme la ripetizione della crisi che colpì a suo tempo Cuba. Chavez (se ci sarà ancora...) non è Castro e i rapporti Russia-Venezuela non sono come quelli che c’erano con l’Avana...

Intanto - sempre in questo 2012 in versione russa - c’è una America dove alla Casa Bianca siede Hillary Clinton. La quale porta a termine un piano denominato “Tappeto persiano” che prevede, appunto, il “bombardamento a tappeto dell’Iran”... E subito la Russia risponde con un accordo di stretto aiuto a Teheran. I futurologi con i quali parliamo non battono ciglio. E vanno avanti a ritroso nella loro previsione. Siamo al 2011 con l’Iran che fa esplodere, con successo, la sua prima bomba atomica e con Mosca che, all’Onu, batte il pugno ponendo il suo veto alle sanzioni contro Teheran. Ma per i russi arriva subito una brutta notizia, perchè l’Ucraina viene accolta a braccia aperte nella Nato. E Kiev alza il tiro chiedendo che il Cremlino faccia evacuare al più presto la sua flotta del Mar Nero che è all’ancora a Sebastopoli.

Altro passo e siamo al 2010. Si annunciano grosse nubi sulla Russia perchè Stati Uniti e Gran Bretagna propongono l’esclusione di Mosca dal G8. Contemporaneamente gli americani accolgono le richieste dei governi di Varsavia e di Praga relative alla dislocazione nei loro territori di missili e basi statunitensi. Mosca assiste a questa escalation in silenzio considerando che tutte le proteste fatte non hanno portato a nulla. E così gli americani accelerano l’escalation. Provano i loro missili nell’Alaska e nell’Europa orientale rafforzando anche le basi in Bulgaria e in Romania. Lo Stato Maggiore della Russia, intanto, si sveglia da un apparente letargo e mobilita alcuni sottomarini dotati di testate nucleari e li manda in tournee presso le coste americane. Ed è uno scenario da “Ottobre rosso”.

Ora la geopolitica del futuro ci porta al 2009 con Polonia e Repubblica Ceca che costruiscono le basi dove saranno ospitati i missili e i radar americani. E c’è la Georgia - ex repubblica sovietica e patria di Stalin - che si mette in casa la Nato. La Russia, come risposta, cancella dal suo codice di comportamento internazionale tutti gli accordi sul disarmo firmati a suo tempo con gli Usa. Ed è l’anno zero della distensione.

Ed ora siamo al mondo d’oggi. Gli analisti del futuro hanno a loro disposizione dati più precisi ma si spingono solo al 2008. Prevedono tensioni tra Mosca e Kiev con le zone di frontiera che vengono praticamente occupate da intere divisioni di carri armati russi. Anche la Nato si fa più agguerrita e supera lo stallo delle trattative con Georgia ed Ucraina mandando nelle aree del Baltico i suoi bombardieri. Saranno impegnati - dice - per una serie di grandi manovre.

E, infine, in questa corsa alle previsioni geopolitiche arriva l’annuncio che il Kosovo si stacca da Belgrado. Gli analisti di questo momento non azzardano ipotesi sulle reazioni. Parlano solo di una Russia che riconosce (insieme all’Iran, al Venezuela e alla Corea del Nord) l’indipendenza dalla Georgia, dell’Abchasia e dell’Ossezia del Sud.

Ecco, quindi, che i conflitti - dicono gli uomini che a Mosca disegnano gli scenari di politica estera - rappresentano una vera reazione a catena. Per il Cremlino questo sta a significare che con la fine della guerra fredda tradizionale (quella conosciuta ai tempi dell’Urss) si è verificato un “vuoto ideologico” che mostra nuovi e pericolosi aspetti. Perchè ora - questo il senso dell’analisi - non sarebbero le società a contrapporsi, ma gruppi di individui con specifici interessi che fronteggiandosi tra loro, in realtà, si aiutano reciprocamente.

Quindi: Putin e Bush simboli di una unica medaglia? Russia e Stati Uniti coinvolti in uno scontro che è anche dialogo? Reazioni controllate? L’ex presidente sovietico Michail Gorbaciov risponde dicendo che la “Pax” non può portare il marchio esclusivo degli Usa; deve essere generale e coinvolgere tutti gli stati... Gli analisti più vicini al Cremlino aggiungono che le colpe del declino geopolitico della Russia vanno individuate nelle ricette liberiste degli organismi internazionali. Il politologo Vladimir Evseev, del “Centro della Sicurezza Internazionale”, aggiunge che la “parità” nel campo degli armamenti est-ovest non può essere l’unico obiettivo da raggiungere: è necessario puntare su un clima di comprensione e non di ricatto.

C’è poi una teoria che affronta il futuro immediato e che lo studioso di geopolitica Andrej Uglanov definisce dei “Tre ponti”. Il primo è quello relativo alla finanza e all’economia con il mondo occidentale che punta a liberarsi dal rapporto di dipendenza energetica dalla Russia. Il secondo si riferisce alla politica nazionale con un Cremlino coinvolto nella successione a Putin e con tutte le conseguenze internazionali... Terzo “ponte” quello del campo informativo ed ideologico. Uglanov, qui, sostiene che non si può affrontare il futuro senza una unità ideologica ed informativa.

E infine in questa nostra rapida indagine un parere autorevole di uno dei maggiori politologi del momento: Aleksei Konstantinovic Puskov. E’ lui che ogni settimana dal programma televisivo “Postscriptum” ricorda ad un auditorio sempre più vasto i pericoli ai quali si va incontro. Oggi - dice - la società deve assolutamente trovare un meccanismo di difesa. In sintesi: sono finiti i tempi di quell’Harriman che, a proposito della Russia, diceva che “I russi hanno bisogno di noi, più che noi di loro”. Ed è questa un’altra tessera da inserire in quel mosaico della geopolitica del futuro prossimo.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy