di Elena Ferrara

Riconquista la presidenza del Paese per altri cinque anni - con il 70% dei voti espressi in suo favore su un elettorato di 2 milioni - e rilancia le promesse fatte in campagna elettorale: superamento dei problemi causati dalla guerra civile (che ha provocato 50mila vittime), un piano di sviluppo nel settore delle infrastrutture, una fase di ricostruzione dell’edilizia popolare, controllo del territorio, sicurezza, lotta alla disoccupazione, rinserimento dei bambini-soldato nella società... E, soprattutto, un preciso impegno relativo al possesso e al controllo dell’acqua, che dovrà essere sempre più un fattore di sicurezza. Perchè contribuirà, nello stesso tempo, a sviluppare industria ed agricoltura assicurando alla popolazione condizioni di vita normale. Eccolo, quindi, Ahmad Tejan Kabbah che, dopo aver messo a tacere le armi, è di nuovo alla testa del potere di Freetown. La sua è stata una elezione complessa e sofferta. In primo luogo perché era giunto al voto nelle condizioni peggiori: considerato come un “ex” già in partenza - e ritenuto costituzionalmente non rieleggibile per un terzo mandato - si è trovato a portare sulle spalle la pesante eredità di una violenta guerra civile durata oltre 10 anni e terminata nel 2002, quando, appunto, ottenne la poltrona presidenziale. Era poi riuscito a mantenere il potere nonostante la vittoria, nelle amministrative del 2004, del partito di opposizione “All People's Congress” (APC), che controllava anche la capitale Freetown. E’ arrivato così all’appuntamento di questo agosto affrontando diversi candidati. Il più forte dei quali era, appunto, il vice-presidente uscente Solomon Berewa, del partito di governo “Sierra Leone's People party” (Slpp); l’altro personaggio in lizza era Ernest Koroma (esponente di spicco dell’All People's Congress) seguito da un dissidente dell’Slpp, Charles Margai, nipote del primo premier del paese. Uno schieramento, quindi, complesso ed articolato che ha cercato di contrastare sino all’ultimo Ahmad Tejan Kabbah.

Il quale - da ostinato ex funzionario dell’Onu e quindi legato a molti ambienti politici e diplomatici - si è battuto sino in fondo per affermare una politica capace di far uscire il paese da quella condizione di arretratezza che contende con il Niger: l’ultimo posto nella scala dell’indice di sviluppo umano che le Nazioni Unite presentano ogni anno.

Ora il nuovo presidente dovrà rispondere con i fatti alle esigenze di una popolazione devastata da anni di guerra civile che ha avuto al centro delle contese il controllo delle ricchezze diamantifere, con il conseguente scontro tra le forze governative e gli uomini del “Fronte Rivoluzionario Unito” (Ruf). Ma non ci sarà nell’agenda del nuovo presidente solo il problema della pacificazione che, con il peso delle innumerevoli atrocità degli anni Novanta, è una ferita ancora aperta. Dovrà, infatti, rendere conto di quei cospicui aiuti internazionali inghiottiti dalla corruzione che domina in tutti gli apparati del paese coinvolti anche nel traffico delle pietre preziose.

E si sa bene che i diamanti della Sierra Leone hanno fatto la fortuna dei grandi affaristi nazionali ed internazionali, ma alle popolazioni locali hanno dato ben poco, mentre la vera ricchezza - l’acqua - continua a mancare provocando malattie e tensioni tra le varie etnie. Le elezioni dei giorni scorsi, ancora una volta, hanno evidenziato il vero stato di crisi in cui versa il paese.

Perchè è l’acqua il vero problema che agita l’intera popolazione che si sta ora risvegliando dal suo profondo coma di dieci anni. Dieci anni di guerra basata sui diamanti, sugli interessi di pochi leader territoriali oggi tutti imputati davanti alla Corte Speciale istituita a Freetown dall’Onu. Ora c’è anche Charles Taylor il tiranno della Liberia ed il persecutore di gran parte dell’Africa occidentale, chiamato a rispondere dei suoi delitti davanti al Tribunale Penale Internazionale dell’Aia.

Tutto questo avviene mentre i dati “economici” dell’intera società dominano le analisi degli osservatori. E sono in molti a sottolinare che tra le priorità ed i bisogni del paese figura la questione dell’elettricità, che è addirittura carente nella capitale Freetown ed assente nelle periferie del paese. E altri problemi sono quelli delle strade, inesistenti nelle zone coinvolte nel conflitto civile. Per non parlare dell’acqua.

Il paese, quindi, resta fra i più poveri al mondo. Con un sistema sanitario carente ed un tasso di alfabetizzazione al di sotto del 20%, la borsa dei diamanti continua a crescere e l’acqua continua a mancare in molte regioni. E spesso sono proprio le miniere per l’estrazione dei diamanti ad essere più che mai dannose per l’ambiente. Gran parte delle societ? minerarie continua infatti a preferire le estrazioni a cielo aperto, che richiedono lo sbancamento di milioni di tonnellate di suolo e rocce e lo sfruttamento di grandi quantit? di energia.

E oltre a questo va rilevato che la Sierra Leone registra sempre più l’inquinamento prodotto dai residui di escavazione (minerali e rocce finemente triturati) e il loro impatto sui fiumi delle aree intorno alle miniere. Le società minerarie, comunque, pensano solo ai propri interessi. Il nuovo-vecchio presidente che siede ora a Fretown dovrà tener conto di tutto questo se non vorrà far rialzare la testa al Fronte Rivoluzionario Unito. Come ricorda la De Beers “un diamante è per sempre”. L’inquinamento e la mancanza di acqua, invece, sono per tutti.


Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy