di Carlo Benedetti

Per la Cina è l’anno del Dragone, ma si sa anche che il 7 febbraio il Paese entrerà nell’anno del Topo. E gli altri appuntamenti del secolo per Pechino saranno quelli delle Olimpiadi (8 agosto) e dell’Expo di Shangai (2010). Intanto l’Italia si va a collocare in pole-position per questa corsa che porterà molte aziende nostrane a scavalcare la Grande Muraglia. Nessuno si preoccupa più del fatto che la Cina è ancora (ufficialmente) comunista, perché di fatto è una grande potenza economica (di mercato). Che ha messo fine a decenni e decenni di isolamento economico ed ha modificato la configurazione dell’economia globale. Ed ecco che l’Italia si presenta alla grande in una Cina che sta vivendo una transizione morbida: da economia pianificata verso le rive del mercato con un processo mondiale di modernizzazione. E tutti sono obbligati a prendere atto della novità che consiste in una concorrenza alle economia avanzate anche sui beni ad alto contenuto tecnologico. La calata italiana in terra cinese va vista, quindi, anche nell’ottica di un vero e proprio interscambio. Proviamo ora ad addentrarci in questa avventura in Cina seguendo le piste delle aziende di casa, grandi e piccole, note ed ignote. Scopriamo numeri e dati impressionanti che segnano nuove possibilità di business italiano oltre le Olimpiadi e l’Expo. Ecco in pista la “Fiat” (in Cina dal 1986) che si presenta con la “Iveco”. Operano con una joint-venture con la cinese “Yuejin” che ha uno stabilimento con 1800 dipendenti a Nanchino dove si producono due modelli di auto, la Palio e la Perla. Segue a ruota la “Ansaldo” (in Cina dal 1997) che si occupa della segnaletica urbana e ferroviaria con un business da un miliardo di dollari.

Ed ecco l’ “Eni” con tre milioni di barili di petrolio e 52miliardi di metri cubi di gas al giorno. Il “cane a sei zampe” (arrivato in Cina fin dagli anni Sessanta) ha già tre filiali e fa parte di un consorzio formato da “China National Offshore” e “Chevron”. Segue la “Snamprogetti” con 102 contratti milionari, uno dei quali consiste nella realizzazione del nuovo progetto fra Canton e Hong Kong. Ci sono poi altri business che, forse, sfuggono agli osservatori politici, ma che sono più che mai seguiti dal mondo economico italiano. E così sul podio olimpico sono già salite numerose aziende del made-in-Italy: c’è il consorzio “Stonetech” che ha già fornito circa 10mila tonnellate di marmo e pietra grezza per la pavimentazione di molti edifici “olimpici”. Altri pavimenti - sempre italiani - sono quelli della “Mapei” e altre attrezzature arrivano dalla marchigiana “Technogyum” che si è aggiudicata la fornitura delle sale fitness dei Giochi. E restando nel villaggio olimpico troviamo la “Elco” (gruppo Merloni) che si occupa del riscaldamento delle acque con pannelli solari. Sui terreni di gioco c’è poi la “Mondo” che fornisce chiavi in mano impianti, piste di atletica e campi da basket.

Andando avanti in questa singolare rassegna del made in Italy, si scopre anche che non c’è solo la “Fiat” a dominare il campo delle quattroruote. Arrivano, infatti, da un piccolo paese marchigiano (Monterubbiano) veicoli ad energia pulita. E sempre per quanto riguarda l’ecologia c’è l’italiana “Italeco” che si occupa del monitoraggio dell’aria. E a pulire i tracciati acquatici arrivano 150 imbarcazioni prodotte dalla sorrentina “Globeco”. Protezione dell’ambiente ed ecologia, quindi. E così scatta anche l’operazione “Cina pulita” che vede come capofila la milanese “Global Engineering” che si presenta a Shangai per dare il via ad una ciclopica azione di pulizia a tutto campo. Con processi di ecopittura e campagne antismog. E, infine, sui tavoli della ristorazione si affaccia la nostra industria alimentare con i “Grandi salumifici italiani” che portano in Cina prosciutto, mortadelle e salsicce… Tutto all’insegna del mangiare italiano. E di conseguenza si brinda con vini come quelli siciliani per arrivare agli spumanti di Asti… E così alla Cina - che esporta molti prodotti copiati - l’Italia risponde con gli originali. E sarà battaglia dura proprio sul fronte della qualità e della creatività.

Infine c’è l’aspetto più eclatante di questo export-import tra la Cina e l’Occidente. Qui i cinesi fanno la parte del gigante. Il terreno è quello relativo al turismo estero dei cinesi che partendo da tre grandi città - Pechino, Shanghai e Canton - se ne vanno in giro per il mondo scegliendo di passare la notte negli hotel a quattro stelle, mentre un decimo decide per quelli a cinque stelle. I cinesi di queste città spendono in media all'estero 3000 dollari ciascuno per singolo viaggio. Lo rivela il giornale Hong Kong China News precisando che i turisti cinesi spendono maggiormente per i viaggi in Europa con una media di 5253 dollari, mentre per i viaggi in Asia le spese sono solamente un terzo rispetto a quelle in Europa ed equivalgono in media a 1904 dollari. Si può così dire che aveva ragione quel Napoleone che invitava l’occidente a lasciar dormire la Cina ammonendo che un suo eventuale risveglio avrebbe scosso il mondo. E la realtà, ora, ci dice che la Cina si è svegliata…

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