di Carlo Benedetti

MOSCA. Hitler scelse il 22 giugno per attaccare l’Urss. E in quel momento prese avvio l’operazione Barbarossa con 170 divisioni per un totale di tre milioni di soldati. Oggi, invece, il presidente americano scende, da solo, nel territorio dell’ex Unione Sovietica con il suo “Number one” e alcuni aerei di scorta. Comincia così la sua campagna in un Est che si avvia ad essere colonizzato prima di arrivare alla tappa decisiva del 2 aprile e precisamente quella che segna l’avvio del vertice Nato in terra romena. Bush inizia questa sua “ispezione” con l’Ucraina. Un paese che - quanto a dirigenza centrale - non vede l’ora di entrare a pieno titolo nella Nato, nonostante si registrino forti resistenze da parte della popolazione locale e, a livello di diplomazie straniere, della Germania e della Russia. Ma l’americano tira dritto per la sua strada. Sa che Kiev, assieme al governo georgiano di Tbilisi affidato al “Quisling” Saakasvili, ha presentato alla Nato la richiesta di iniziare un Membership Action Plan (Map) sul modello di quanto avvenuto con altri Paesi dell’Est europeo, poi divenuti membri a pieno titolo. E così Bush conta sul fatto che a Bucarest la strada sarà meno in salita e, di conseguenza, il “Map” con i due paesi dovrebbe passare senza ulteriori difficoltà. Ci sono, infatti, nove nazioni dell’ex campo socialista più il Canada che si dimostrano fedeli alleati degli Atlantici, ma sulla riva opposta aumentano i dubbiosi come i tedeschi e i francesi. Duri, invece, i russi. I quali, con il loro ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ribadiscono di essere sì pronti a collaborare con tutti, ma di ritenersi, nello stesso tempo, contro “ogni tentativo che potrebbe ledere gli interessi di Mosca”. Un discorso duro e chiaro. E Lavrov, per essere ancora più preciso nei dettagli annuncia: “Siamo preoccupati riguardo l’ingerenza degli Stati Uniti nella politica dei paesi della Csi. Perché Washington si intromette sempre di più nello spazio postsovietico, come lo dimostrano i tentativi degli Stati Uniti di inserire l’Ucraina e la Georgia nella Nato.. Ecco perché da tempo andiamo sostenendo che se gli Stati Uniti riusciranno a raggiungere questo loro obbiettivo, ci saranno delle conseguenze geopolitiche ed economiche negative”. “ E tutto questo - prosegue l’esponente del governo russo - riguarderà non solo i nostri rapporti con gli Stati Uniti, ma anche quelli con la Nato”.

In pratica la linea di condotta di Mosca alla vigilia del vertice di Bucarest è già tracciata e a Putin (che sarà presente al summit) non resterà che muoversi nel contesto di quanto annunciato dal responsabile della diplomazia. Ma sulla strada per la Romania c’è ora anche questa tappa ucraina che assume un significato strategico. Perché il Capo della Casa Bianca incontrando il presidente Vicktor Yushenko e il premier Yulia Tymoshenko, punta a ribadire il pieno appoggio americano a quella “Rivoluzione arancione del 2004” e ad esprimere al Parlamento locale “il sostegno per le legittime aspirazioni del popolo dell'Ucraina di prendere il posto che gli spetta in Europa, incluse le istituzioni transatlantiche”. Tutto questo vuol dire che con tale tappa Bush punta a gettare tutto il peso dell’America sulla bilancia al fine di spingere la Nato a rompere gli indugi ed estendere il proprio orizzonte sul Mar Nero.

In pratica si registra sempre più una convergenza strategica tra il governo di Kiev e la presidenza americana. Ma come risposta diretta arriva il vento gelido di una Mosca che - pur se divisa tra il “vecchio” Putin e il “nuovo” Medvedev - manifesta sempre più la sua irritazione che si traduce nella concreta minaccia di puntare i missili nucleari sull’Ucraina “se dovesse decidere di ospitare strutture del sistema antimissile americano”. E Medvedev (che si accinge a salire ufficialmente il 7 maggio sul colle della fortezza del Cremlino) manda a dire a Washington: “Non siamo affatto contenti di quanto sta avvenendo in Ucraina e Georgia, siamo molto inquieti per la sicurezza europea perché nessun Paese può accettare che un blocco militare cui non appartiene si avvicini ai propri confini”.

E’ in questo clima che Bush (certo, ovviamente, di aver portato l’Ucraina dalla sua parte) spicca il volo per la tappa finale di questa sua “Operazione Barbarossa” all’Est. Si sposta a Soci, sul mar Nero, dove Putin lo ha invitato per l’ultima volta nella dacia presidenziale che dal 7 passerà in eredità al nuovo presidente. L’occasione del faccia-a-faccia tra i due, che si accingono a lasciare le rispettive cariche, dovrebbe essere quella relativa al dossier sul progetto di scudo antimissile che gli Stati Uniti vogliono installare in Polonia e Repubblica ceca e che è motivo di mesi di tensioni con Mosca. Nella capitale russa, intanto, circolano anche voci relative ad un possibile rinvio di tutto il contenzioso sulle postazioni missilistiche in Europa. Come se Putin e Bush avessero già trovato un accordo per allungare i tempi e consentire ai loro successori di tornare a trattare.

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