di Carlo Benedetti

Come volevasi dimostrare. Medvedev, salito al vertice della Russia, rivela subito la sua linea di sviluppo politico-economico mostrando anche un volto inedito di eurasiatico. Perché con la sua prima mossa diplomatica predilige l’Asia (Kasachstan e Cina) con un bagaglio di concreti progetti che, integrati nell’economia mondiale, sono concentrati sul settore energetico. Mette così a tacere (almeno per il momento) quanti lo descrivono come un accanito sostenitore dell’occidente per rilanciare i principi di partenariato strategico nelle relazioni interasiatiche. Ed è chiaro (scelte geopolitiche a parte) che il suo obiettivo consiste nell’ottenere un sempre più forte monopolio del Cremlino sul commercio e sulla produzione di idrocarburi evitando, nello stesso tempo, di creare turbolenze nel campo dei rapporti con l’occidente. E così - mentre Putin organizza l’altro braccio del potere caratterizzandolo come un consiglio di ministri a sovranità limitata - Medvedev, da saggio e consumato pragmatico, evita di accreditare l’idea di una Russia antagonista con i paesi occidentali. Preferisce soluzioni soft nella definizione di obiettivi e nella elaborazione delle strategie. Ma si ricorda anche che il suo paese è parte notevole dell’Asia. E così sfodera il bagaglio eurasiatico e si mette in cammino sulla leggendaria via della seta che, in realtà, è sempre più segnata dal petrolio e dai giacimenti di gas: vera zona di mutua collaborazione. Non a caso - al contrario di Putin che veniva dal Kgb - mette in evidenza un cambio di rotta. Viene dal gas e cioè da quella piovra economica che si chiama “Gasprom”. Di qui la sua strategia.

Comincia così l’avventura asiatica di questo nuovo presidente russo. E se Putin ha avuto al suo attivo 14 visite in Kasachstan e 7 in Cina, Medvedev comincia subito la sua escalation per non restare indietro. Parte da Mosca verso l’asiatica Astana dove stabilisce un contatto diretto con uno dei maggiori alleati della Russia post-sovietica, il presidente Nursultan Nazarbaiev che è sempre considerato come un filorusso doc, fedele alleato del Cremlino. Ed è con lui che ha già avuto contatti di grande valore che hanno permesso alla Russia di arrivare ad intese industriali e commerciali per il controllo del gas dell’intera area (Kasachstan, Turkmenia, Usbekistan) e per la ristrutturazione della rete di gasdotti in tutta l’Asia centrale.

Chiara, quindi, la propensione di Mosca per l’ex spazio sovietico e sempre all’insegna del petrolio e dell’oro blu. E cioè quei “settori” che rappresentano, per la nuova classe dirigente russa, i punti cardine di un’autonoma politica planetaria. E in questo contesto va sempre più rilevato che Putin e Medvedev (per ora uniti quanto a strategia) sono intenzionati a far prevalere gli aspetti economici al fine di rafforzare quel fronte politico e diplomatico che si è andato formando sul piano della lotta all'allargamento della Nato nello spazio ex sovietico.

E così non è un caso se la prima scelta del nuovo Cremlino è quella di sbarcare ad Astana. Dove Medvedev è più noto come ex presidente del Gasprom che come Presidente della Russia. E qui, in terra kasacha, firma, appunto, numerosi contratti: dalle alte tecnologie allo spazio. Fino a una linea di credito di 300 milioni di dollari per 15 anni, disposta dalla VneshEkonomBank (l'istituto finanziario russo per il commercio con l'estero). E’ chiaro, intanto, che con queste mosse di geoeconomia l’uomo di Mosca riesce a spiazzare molti commentatori e diplomatici occidentali. Tutto questo con un occhio all'energia e l'altro alla produzione di armamenti.

Il Kasachstan, infatti, è interessato alle difese aeree e ad armi di piccolo calibro, ma con Nazarbaiev il presidente russo discute anche di Mar Caspio e del gasdotto la cui capacità si vorrebbe rafforzare. E mentre ad Astana si parla di progetti e di intese in un clima caratterizzato da una buona dose di pragmatismo, Mosca rende noto di essere pronta a offrire un sistema di sicurezza collettivo a tutti gli Stati affacciati sul bacino caspico. Ma per non allarmare i paesi dell’area il ministero degli Esteri russo dirama subito una nota precisando che nessuno vuole un’alleanza militare. La questione, infatti, deve essere circoscritta solo ad un “meccanismo di risposta comune alle moderne minacce e sfide".

Quanto al rapporto strettamente politico-diplomatico, Medvedev (prima di riprendere il volo, questa volta verso Pechino) punta a valorizzare l’amicizia con il Kasachstan. Paese che è, appunto, uno dei partner principali della Russia nell’ambito della Csi e che segue Mosca anche nei passi più delicati all’interno di quella Organizzazione della Cooperazione (economica e militare) di Shanghai (Sco), creata per rafforzare la sicurezza e la stabilità nell'area centro-asiatica e per impedirvi nel contempo la penetrazione della Nato (e degli Usa). In questo contesto si evidenzia sempre più che la nuova Russia è portata alla diplomazia e ai compromessi.

Ma anche a giochi complicati. Perché Medvedev e Putin, che si stanno impegnando attivamente nella gestione economica della Russia, il Kasacshtan rientra sempre più nell’area delle nazioni favorite, soprattutto per il fatto che il paese è il principale partner di Mosca nel quadro di quello "Spazio economico unico" della CSI che è, appunto, la creazione di un mercato economico comune con il superamento delle barriere doganali. Non si dimentichi, tra l’altro che l'interscambio tra Astana e Mosca è in crescita continua: nel 2007 ha superato del 26% quello del 2006, raggiungendo la cifra di 16,3 milioni di dollari. E nel campo delle relazioni economiche c’è poi, forte più che mai, quella comune attività energetica-industriale che si riferisce alla compagnia russa Lukoil che si trova impegnata in Kasachstan nello sfruttamento di giacimenti di greggio off shore caspici.

Non solo: tramite l'oleodotto russo-kasacho KTK (Tengiz-Novorossijsk) viene esportata la quota maggiore del greggio kasacho (il cui export ora è orientato anche verso la Cina). Mosca, in questo contesto, mostra serie preoccupazioni per il fatto che gli Usa e l’Europa premono su Astana perché destini quote crescenti del suo greggio all'oleodotto che bypassa la Russia: il Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), già funzionante da un anno e diretto dall'Azerbajdzjan verso la Turchia e l'Europa. Ora Mosca - tramite Medvedev - chiede che sia prolungato di altri 15 anni il rapporto privilegiato di Astana con il KTK, ampliandone le capacità di trasporto (dai 30 ai 50-60 milioni di tonnellate annue). E per favorire passi positivi in merito i russi fanno balenare un’eventuale partecipazione kasacha alla costruzione di nuovi tratti di oleodotti diretti dalla Russia in Europa.

Intanto al tavolo delle trattative Medvedev-Nazarbaiev si aggiungono anche le questioni degli armamenti. E questo tenendo conto che Astana, nel quadro della Csi, è il principale cliente della Russia quanto a produzione militare. E si sa che nei cantieri navali russi si sta realizzando la flotta militare caspica del Kasachstan. E che, per la difesa aerea, i kasachi sono orientati verso l'acquisto di sistemi missilistici russi.

Conclusa la missione nell’area ex sovietica ecco ora che Medvedev parte all’attacco della Cina. Ed è la sua prima, importante e sicuramente decisiva missione in un territorio difficile e complesso. Il neo presidente tira fuori dalla sua valigia importanti offerte relative al settore energetico e alla cooperazione militare proprio per cercare di rafforzare i legami con il gigante asiatico sulla base anche di impegni precedentemente presi e in un momento in cui i suoi rapporti con l'Occidente non sono proprio distesi. Mosca, infatti, sa bene che c’è un tentativo di stampo occidentale per allontanare l’economia russa da uno dei mercati più ricchi del mondo, quello cinese. Di qui gli sforzi del Cremlino evidenziati anche da una dichiarazione ufficiale di Medvedev il quale - senza rivelare gli argomenti affrontati nel faccia a faccia con Hu Jintao - ha voluto far sapere alle diplomazie mondiali che la politica estera della Russia è tesa a rafforzare i suoi legami con una Cina che è sempre più vista come una possibile alleata per controbilanciare lo strapotere delle potenze occidentali. "La nostra politica estera - dice in proposito il capo del Cremlino - deve essere ragionevole, pragmatica, ma anche amichevole e aperta. E sicuramente consideriamo la Repubblica popolare cinese come uno dei nostri più importanti partner stranieri".

A Pechino, di conseguenza, prevale la componente politica. Si mette in evidenza che l’asse tra i due paesi è ormai consolidato e che vi sono importanti concordanze nel campo delle questioni relative al famigerato progetto americano di scudo spaziale. Tanto Mosca che Pechino, si sa, hanno già manifestato separatamente la loro totale disapprovazione, ma è la prima volta che la condanna si esprime all’unisono. Lo scudo - precisa un comunicato ufficiale - “non contribuisce al mantenimento dell’equilibrio strategico e della stabilita. Ostacola gli sforzi internazionali per il controllo degli armamenti ? ??r il processo di non-proliferazione. Ostacola il rafforzamento della fiducia fra le nazioni”. Medvedev ? ?u Jintao confermano così una comune visione auspicando un uso pacifico dello spazio e ?ontro le guerre stellari dell'amministrazi?n? Bush. Posizioni pragmatiche anche sul nucleare iraniano, sul ?r?gramma atomico della Corea del Nord e sul ??s?v?.

Ma se la politica planetaria prende il sopravvento, le folte rappresentanze di esponenti del mondo industriale dei due paesi - presenti al vertice pechinese - impongono le loro ragioni. E così si vede subito che la Cina per i suoi consumi di greggio - pur rivolgendosi a regioni come la penisola arabica e l’Africa - ha bisogno urgente di forniture da paesi “vicini e stabili”. E questo, tradotto in pratica, vuol dire Russia e Kasachstan. Di conseguenza Pechino preme su Mosca perché sia accelerata la costruzione dell'oleodotto Espo (Siberia orientale-Oceano pacifico) e soprattutto della sua diramazione in Cina, che dovrebbe moltiplicare le forniture di greggio a Pechino, finora realizzate tramite ferrovia (10 milioni di tonnellate annue).

Intanto sono attive società miste create dalle compagnie petrolifere cinesi (CNPC e la sua sussidiaria Sinopec) e dalla compagnia russa Rosneft per lo sfruttamento di importanti riserve di greggio in Siberia e nell'isola di Sakhalin. Hu Jintao, in proposito, fa sapere che la Cina ha bisogno di grosse forniture di gas, in particolare dai grandi ( e relativamente vicini) giacimenti di Kovytka, nella Siberia orientale. Dove sono già in fase avanzata i progetti di due gasdotti russo-cinesi, ma dove si devono superare disaccordi in materia di prezzi. Infine, al tavolo di Pechino si è fatto un bilancio sull'interscambio tra i due paesi, che cresce ogni anno: nel 2007 ha raggiunto 48,17 miliardi di dollari, dai 33,39 dell'anno precedente. Dopo l'UE, quindi, la Cina è il maggior partner della Russia. Mosca a sua volta è (solo) l'ottavo partner della Cina.

A parte questi dati “tecnici” una cosa appare chiara, ed è che tra i due paesi è in atto un forte processo di compenetrazione. E per Medvedev, alla prima uscita. Non è poco.


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