di Carlo Musilli

Soldi contanti infilati in grosse borse di plastica e spediti da Teheran a Kabul. Così il governo afgano riceve regolari finanziamenti dall’Iran. Lunedì scorso, il presidente Hamid Karzai l’ha ammesso candidamente in conferenza stampa, spiegando che “si tratta di procedure trasparenti, di cui ho perfino discusso con l’ex presidente americano Gerorge W. Bush”.  Karzai ha quindi specificato di ricevere da Teheran circa 1,4 milioni l’anno, in due tranche, e che tutto il denaro è destinato alle sue “spese presidenziali”. Un ufficio davvero costoso.

Il caso è stato aperto da un articolo del New York Times, secondo cui le cose stanno diversamente. In agosto, l’ambasciatore iraniano in Afghanistan, Feda Hussein Maliki, ha incontrato in un aeroporto di Kabul il capo di gabinetto di Karzai, Umar Daudzai, e gli ha consegnato una delle famigerate sacche con il malloppo. Stando al quotidiano americano, “versamenti“ di questo tipo avvengono ogni due mesi, muovendo ogni volta somme di 1/2 milioni di dollari. E non per “spese d’ufficio”.

Teheran spera in questo modo di aumentare la propria influenza sul governo di Karzai che, da parte sua, usa quel denaro per comprare la lealtà di deputati, leader tribali e perfino comandanti talebani. “Il patriottismo ha un costo”, ammette lo stesso Karzai. Non è chiaro se il super consigliere Daudzai si intaschi parte del gruzzolo nel corso di queste “transazioni”, ma è invece noto che negli ultimi anni ha acquistato sei proprietà immobiliari fra Dubai e Vancoover.

Il signor Daudzai, una volta, apparteneva agli Hezb-i-Islami, un gruppo di fondamentalisti islamici che combatteva i sovietici negli anni ’80. Entrò a far parte dello staff di Karzai nel 2003 e due anni dopo fu nominato ambasciatore afgano in Iran. Strinse così forti legami con l’intelligence di Teheran e con leader locali del calibro di Ahmadinejad. Legami che durano ancora oggi. Daudzai è ormai il capo di gabinetto di Karzai e, secondo fonti militari, cerca ogni giorno di spingere il Presidente ad una politica decisamente anti-occidentale.

Non sta facendo un cattivo lavoro. In questi giorni, infatti, i rapporti fra Washington e Kabul sono più tesi che mai. Durante la stessa conferenza stampa di lunedì, Karzai ha accusato l’America di finanziare lo sterminio degli afgani: “Le compagnie di sicurezza private - ha dichiarato il presidente -, molte delle quali sono pagate dagli Stati Uniti, diffondono il caos e uccidono ingiustamente migliaia di civili afgani”.

Secondo un accordo stipulato in agosto, i “contractors” dovrebbero chiudere i battenti il prossimo 17 dicembre. Sennonché, la polizia e l’esercito afgani non sono assolutamente in grado di garantire lo stesso livello di sicurezza. Mandare a casa le compagnie private significherebbe quindi mettere a rischio il lavoro di molte imprese ed organizzazioni che lavorano per lo sviluppo del Paese. In altre parole, l’Afganistan e i suoi alleati direbbero addio a progetti da svariati miliardi di dollari. Per questo motivo i governi occidentali hanno chiesto di avere più tempo, ma Karzai glielo ha negato: il termine resta quello fissato. Rimarrà comunque la possibilità di valutare caso per caso la concessione di eventuali proroghe.

In sintesi, gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno reso evidenti due aspetti fondamentali della partita in corso: da una parte la frattura sempre più grave fra i vertici di Kabul e gli Stati Uniti, dall’altra la centralità dell’Iran sullo scacchiere afgano. A partire dal 2001, infatti, Teheran ha avuto un ruolo di primo piano nel rovesciamento del regime talebano e nella costruzione del potere di Karzai. Negli ultimi nove anni, poi, il commercio fra i due paesi si è impennato e gli iraniani hanno finanziato l’ambiziosissimo progetto di una rete viaria che parta dall’Afghanistan per arrivare in India, oltre ad aver investito 660 milioni di dollari nella ricostruzione del Paese.

Tutto ciò ha avuto delle ripercussioni sulla psicologia di massa degli afgani: il coinvolgimento iraniano nel paese è visto da molti come un’assicurazione sulla vita. Nel Paese è infatti diffusissima la preoccupazione di essere abbandonati dalla comunità internazionale e dover tornare a vivere sotto il giogo talebano.

Davvero nessuno ha fiducia nel governo di Karzai, che si presenta alla luce del sole come il Bengodi della corruzione. Per questo la notizia che arrivino “mazzette” da Teheran non è stata poi così sconvolgente. Nemmeno quando Karzai ha spiegato che finanziamenti dello stesso tipo arrivano anche da altri “paesi alleati”, come gli Stati Uniti. Nemmeno quando ha detto che non ha nessuna intenzione di interrompere questa prassi, considerata parte di un “rapporto fra buoni vicini”. Non stupisce nemmeno che, alla fine di tutta questa storia, il ministro degli Esteri iraniano continui a negare ogni cosa.

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