di Alessandro Iacuelli

La notizia è di quelle degne di fare la storia. L'agenzia di stampa ufficiale nordcoreana, la KCNA, annuncia lo stop ai test nucleari, al lancio di missili a lungo raggio e all'arricchimento dell'uranio nell’impianto di Yongbyon. La notizia era stata anticipata da fonti statunitensi. Pyongyang, riferisce la KCNA, darà poi accesso agli ispettori dell'Aiea per monitorare la moratoria. Secondo l’agenzia, la decisione di Pyongyang è da collegarsi ad una richiesta degli Stati Uniti e "per mantenere un'atmosfera positiva" in quelli che vengono descritti come colloqui bilaterali "di alto-livello" con Washington. Gli americani, aggiunge l'agenzia ufficiale, hanno promesso di fornire 240.000 tonnellate di "aiuti alimentari".

Una decisione che fa ben sperare la comunità internazionale e soprattutto gli Stati Uniti. Di sicuro non è affatto casuale che l'annuncio giunge a pochi mesi dal cambiamento di leadership, dopo che il giovane Kim Jong-Un ha assunto la guida del paese alla morte del padre Kim Jong-Il in dicembre.

"Un primo passo nella direzione giusta - ha commentato Hillary Clinton - dopo la morte di Kim Jong-Il avevo detto che il nostro desiderio era quello di vedere i nuovi dirigenti scegliere di portare il loro Paese sul cammino della pace». Soddisfazione anche da parte della Corea del Sud e dell'Aiea, con la speranza che la moratoria porti alla ripresa del dialogo a sei sul programma nucleare nordcoreano, che coinvolge le due Coree, Cina, Giappone e Stati Uniti.

La corsa agli armamenti di distruzione di massa da parte dell'isolato regime comunista parte nel 1980, con la costruzione del centro di arricchimento di Yongbyon, a 100 chilometri dalla capitale. Il 9 ottobre del 2006 Pyongyang conduce il suo primo test nucleare diventando così l'ottava potenza atomica al mondo. Solo quattro mesi dopo, nel febbraio del 2007, accetta in cambio di aiuti di cominciare a smantellare il reattore di Yongbyon e permettere di nuovo l'ingresso nel Paese agli ispettori Aiea.

Il 25 maggio del 2009 Pyongyang annuncia di aver condotto il suo secondo, e fino a oggi ultimo, test nucleare. Il complesso di Yongbyon è considerato la "capitale" del programma nucleare nordcoreano. Si tratta di un reattore da 5 megawatt, un impianto per la produzione di combustibile e di uno per il riprocessamento del plutonio dalle barre di uranio, cui si va ad aggiungere un secondo reattore da 50 megawatt, la cui costruzione fu sospesa nel 1994 e poi ripresa.

Secondo gli esperti, il complesso è in grado di produrre materiale per una bomba atomica l'anno. Avrebbe dovuto essere smantellato in base all'accordo raggiunto nei colloqui a sei del 2007, ma im Jong-Il non lo ha rispettato. Stando alle più recenti informazioni raccolte dai servizi segreti di Stati Uniti e Corea del Sud, l'arsenale balistico nordcoreano sarebbe composto da oltre mille missili di varia gittata.

La Casa Bianca considera la moratoria nucleare nordcoreana come "un primo positivo passo", davvero benvenuto ma che "deve essere seguito da azioni concrete". "Si tratta certamente di uno sviluppo notevole, ma abbiamo bisogno di concentrarci su azioni, come pure gli accordi", ha affermato il portavoce Jay Carney, aggiungendo che Washington continuerà la sua politica a riguardo "con in mente quest'approccio".

E' il primo segno di disgelo dopo la morte del dittatore Kim Jong-il. Il patto, frutto di una serie di intensi negoziati guidati dal segretario di stato americano Hillary Clinton, rappresenta una piccola vittoria diplomatica per il presidente Obama ad appena 9 mesi dalle elezioni presidenziali.

In cambio gli Stati Uniti invieranno 240.000 tonnellate di aiuti alimentari a una nazione dove la popolazione è malnutrita e sull'orlo della fame. Le forniture potrebbero consolidare il potere del nuovo inesperto leader, il 29enne Kim Jong-un, desideroso di migliorare le condizioni di vita della popolazione nell'anno che segna il centenario del nonno Kim Il-sung, il fondatore della nazione.

E' proprio sulle intenzioni del giovane Kim Jong-un, completamente sconosciuto alla diplomazia internazionale, che resta ancora qualche dubbio politico: il patto con gli Stati Uniti sarà valido infatti solo se "i negoziati procederanno in modo positivo". Non sarebbe la prima volta inoltre che Pyongyang viene meno a un accordo stretto con gli Usa, esigendo concessioni aggiuntive o accusando Washington di non rispettare i patti.

Ecco quindi perché il Dipartimento di Stato ha ribadito di restare preoccupato per l'atteggiamento della Corea del Nord in molti campi, ma gli sforzi diplomatici americani, culminati due settimane fa con un terzo vertice bilaterale nel giro di sei mesi a Pechino, getta le basi per riaprire il dialogo a sei sul disarmo, sospeso nel 2009 dopo il lancio sperimentale di una testata nucleare e l'espulsione degli ispettori dell'Aiea.

Il dialogo tra le due Coree, il Giappone, la Cina, la Russia e gli Stati Uniti è secondo Washington il presupposto per poter raggiungere una risoluzione pacifica della crisi nella penisola coreana, e l'America ha ventilato la possibilità di sospendere le sanzioni contro la Corea del Nord se i negoziati dovessero riprendere. Le tensioni tra le due Coree sono pericolosamente salite negli ultimi anni dopo la sospensione degli aiuti umanitari diretti a Pyongyang nel 2008 e l'attacco nordcoreano nel 2010 contro una nave da guerra sudcoreana in cui sono morti 50 marinai.

Ieri la Casa Bianca ha evitato con prudenza di definire quest'ultimo accordo una vittoria per il presidente Obama. Ma indubbiamente da oggi il presidente potrà meglio difendersi dalle critiche della destra repubblicana sui mancati progressi della sua politica estera, specie nei confronti delle nazioni nemiche. Obama si recherà nella Corea del Sud a fine marzo.

Anche Pechino si è aggregata al coro ottimista dei commenti, salutando positivamente la mossa nordcoreana: "La Cina desidera lavorare con le parti per continuare a spingere in avanti il processo del dialogo a sei", ha dichiarato il portavoce del capo della Diplomazia cinese, Hong Lei.

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