Il caso dell'avvelenamento di Sergej Skripal, ex agente segreto russo passato armi, bagagli e soldi al controspionaggio inglese, sembra destinato a produrre un severo peggioramento delle relazioni tra Londra e Mosca. Sebbene non vi siano prove, nemmeno una, del coinvolgimento dei Servizi russi nell'attacco all’ex spia, Theresa May ha deciso di aprire una violenta guerra politico-diplomatica con Vladimir Putin.

 

Sono 23 i diplomatici russi che entro una settimana dovranno lasciare l’Inghilterra, colpiti da provvedimento di espulsione per la loro attività di “agenti non dichiarati”. A ruota, sono arrivate le prese di posizione di Stati Uniti, Francia e Germania, che in un comunicato congiunto accusano la Russia e si dicono vicine a Londra. Un sostegno scontato quanto pregiudiziale.

 

 

L’accusa a Mosca è di aver utilizzato armi chimiche e operato illegalmente sul suolo britannico, ma la valutazione di Downing Street è priva di qualunque evidenza, mentre emerge il carattere politico e propagandistico dell’operato inglese. La risposta diplomatica russa sarà inevitabile, ma al Cremlino si valutano le misure con l’intenzione di non dare ulteriore spazio alla russofobia che appare utile solo alla riapertura della Guerra Fredda.

 

Si accusa Mosca di aver organizzato l'avvelenamento della sua ex spia e di non aver risposto all’ultimatum imposto dal governo May che prima accusava senza prove, quindi chiedeva imperiosamente risposte entro 48 ore per poi definire l’assenza di queste una ulteriore conferma delle responsabilità russe. La risposta di Mosca in realtà c’era stata: nel affermare la propria estraneità, il Cremlino aveva definito “uno show da circo” l’intervento della Premier britannica alla Camera dei Comuni e, com’era logico attendersi, ha ignorato l’ultimatum della May. Improbabile del resto che la Russia potesse ricevere ultimatum dalla Gran Bretagna e Lavrov, nella speranza di un ravvedimento britannico, non aveva voluto calcare la mano, allo scopo di evitare una escalation inutile e basata sul confezionamento di una colossale fake news.

 

Del resto perché Mosca avrebbe dovuto colpire Skripal, che era pedina di nessun interesse sullo scacchiere dell’intelligence? Un uomo bruciato, un relitto della guerra di spie che non poteva dire e fare nulla di più di quel che aveva già detto e fatto. Inutile qualunque suo utilizzo e inutile anche ucciderlo con il rischio di innescare una crisi con l’Occidente. Pensare che allo FSB si possa decidere un’azione senza valutarne le conseguenze significa non conoscere l’agire russo.

 

E comunque, se i russi avessero voluto colpire Skripal, certo non avrebbero scelto di usare il gas nervino né nessun altro metodo che potesse dar luogo ad accuse nei loro confronti. Non avevano e non hanno, i russi, nessun interesse a lasciare la loro carta d’identità nelle loro covert action; se davvero avessero voluto colpire Skripal avrebbero avuto mille modi per farlo, magari facendolo apparire come un incidente.

 

Nel mondo dell’intelligence chi deve capire capisce quello che a tutti appare incomprensibile. Perciò non regge la storiella inglese per cui Mosca avrebbe agito per dare un monito ai traditori: ogni membro dei Servizi sa bene come ogni intelligence del mondo si premuri di colpire chi tradisce, non c’è bisogno di un’esecuzione per ricordarlo.

 

Sebbene quindi Londra tenti di accreditare la versione della vendetta, la verità è che Mosca non aveva nessun interesse a riaprire uno scontro politico, economico e diplomatico oltre quello già abbastanza fastidioso in corso con Usa ed Europa.

 

Media e cancellerie indossano l’elmetto ed escludono doversi cimentare con domande scomode alla ricerca di una logica. Eppure il mondo intero ha ben presente l’abilità nel confezionare bugie da parte di Londra. Illuminante a tal proposito il caso dell’Irak che deteneva armi di distruzione di massa: inventato di sana pianta da Tony Blair di concerto con Bush, condannò a morte più di un milione e mezzo di iracheni e diede inizio della sovversione totale di tutto il Medio Oriente.

 

E’ sempre Londra che da anni offre le strutture necessarie e decine di milioni di sterline alla fabbrica di menzogne denominata “Osservatorio per i diritti umani in Siria”, che in realtà é gestito dal cosiddetto "Esercito Libero Siriano", composto in buona parte dalla fazione di Al-Queda in Siria. L’appoggio fornito dai Servizi inglesi è servito alla propaganda necessaria per provare a spingere l’opinione pubblica internazionale all’assenso all’invasione della Siria e ad occultare natura, personaggi e finanziamenti del cosiddetto “Esercito libero” e del suo “osservatorio”.

 

Ma perché Londra decide ora di arruolarsi nella nuova guerra fredda? Ci sono aspetti di politica interna ed internazionale. Le trattative sulla Brexit vanno malissimo per Londra, che vorrebbe ora ben riconsiderare la scelta ma, ovviamente, non può permettersi di farlo. Allo scopo innalza la tensione con Mosca, nella convinzione che ciò comporti l’immediato sostegno di Washington e la solidarietà della Ue che, in vista del ricompattamento in chiave antirussa, potrebbe ammorbidire la trattativa, decidendo grande flessibilità sulle procedure previste per la sua uscita.

 

D’altra parte gli errori di calcolo della coppia Johnson-May nel valutare l’uscita dalla Ue sono stati enormi. Seppure hanno riproposto un legame preferenziale con Washington (cosa mai venuta meno, del resto) hanno anche prodotto una serie di problemi nell’ambito britannico. Non solo la crisi economica ma anche una nuova tensione che rischia di riaprire il conflitto in l’Irlanda del Nord. Dublino non vuole assolutamente lasciare la Ue, così come la Scozia e c’è il rischio che le maggiori istituzioni finanziarie internazionali possano lasciare la City per assumere questa - fuori dalla Ue - una posizione meno strategica nei mercati azionari e valutari.

 

Se questi sono gli interessi di Londra nel prestarsi al gioco deciso a Washington, Mosca d’altra parte si rende conto di come un’operazione di tale portata ha sì origine a Londra ma si nutre di un riverbero internazionale che è di tutto l’Occidente. La Russia con Putin ha cancellato l’era di Eltsin, un alcolista dalle lunghe grinfie che aveva trasformato l’ex Urss in una dependance di Washington fatta di fame e corruzione. Ma quella era la Russia che si voleva in Occidente.

 

Con Putin invece è tornata ad essere attore internazionale di prima grandezza ed il suo riposizionamento a livello globale desta preoccupazione. Le iniziative della Nato per minacciarne l’integrità territoriale riescono sì a produrre una escalation di tensione ma non certo una condizione di sottomissione, come dimostra il recentissimo riarmo russo, con missili strategici e aerei da combattimento superiori alle attuali dotazioni Nato e che riequilibrano gli assetti militari geo-strategici.

 

Sarebbe opportuno, quindi, chiedersi a chi giova il quadro che seguirà la vicenda Skripal. E qui le strade del cui prodest diventano diverse. Il tentativo inglese di intervenire a gamba tesa nel processo elettorale russo di domenica prossima non funzionerà. Putin rivincerà e questa sarà una pessima notizia per l’Alleanza Atlantica. La quale prefigura un mondo privo di contrappesi, dove l’Occidente detiene il dominio politico, commerciale e militare e dove gli attori che non obbediscono alle esigenze di dominio statunitense, siano ridotti a dei paria attraverso sanzioni, isolamento, boicottaggi.

 

Le recenti nomine di Pompeo e della Haspel ai vertici della politica estera e d’intelligence statunitense vanno in direzione di un aumento dell’escalation russofobica. In fondo, la guerra fredda resta l’unica speranza per la Nato di giustificare la propria esistenza e per Washington di reagire al suo declino politico, economico e militare, facendoci passare in fretta all'orrore di nuove guerre per il dominio dei nuovi mercati.

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