di Mario Braconi

La cronaca recente obbliga a prendere atto delle costanti ingerenze clericali nella vita politica italiana: e così, allibiti, irritati e anche un po’ depressi, ci ritroviamo a scorrere le prime pagine dei giornali che, in un tono neutrale (o complice?) invariabilmente rilanciano le esternazioni del Papa o di questo o quel prelato. Pur essendo ormai abituati (benché non assuefatti) all’ingrato spettacolo di del piccolo re d’oltre Tevere che vomita i suoi anatemi in un paese cloroformizzato, abbiamo ancora la forza di rilevare che l’intervento che Ratzinger ha rivolto ai rappresentanti del Movimento per la Vita, pur inquadrandosi nella lunga sequenza di attentati clericali alla laicità dello Stato, è caratterizzato da un importante elemento di discontinuità: per la prima volta l’attuale Papa ha citato come obiettivo polemico una legge italiana, la 194, che da trent’anni esatti regolamenta l’interruzione di gravidanza. Un attacco diretto, preciso, determinato dunque, e un messaggio chiaro e forte alla attuale maggioranza di governo, affinché rompa gli indugi e si decida a tradurre in legge il dettato papale, realizzando l’ambita trasformazione di condotte peccaminose in comportamenti illegali. A dispetto di questa importante novità, che comunque rappresenta un segnale politico preoccupante, il pensiero del Papa ricalca quello del suo predecessore, Karol Woytila. Il quale, in occasione di precedenti incontri con il Movimento per la Vita, si lanciò in accese reprimende della vituperata legge, mettendo in guardia l’amato gregge e le pecore nere: era lui che evocava davanti alle belanti moltitudini i “tre milioni e mezzo di bambini soppressi con il favore delle legge”, definendo la 194 “una sconfitta per la donna e per la sua dignità, una forma non corretta di democrazia” che rivela “un concetto riduttivo di socialità e una carenza dello Stato nei confronti della promozione dei valori”. Si rassegnino dunque i nostalgici di Giovanni Paolo II che, teneri, lo ritengono più illuminato di Ratzinger.

Nel merito, le parole di Ratzinger meritano un commento puntuale, giusto per rendersi conto di quanto siano sbagliate e fuorvianti: sostiene il Papa dei cattolici che, dopo trent’anni di aborti legalizzati, “difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo”. Trascuriamo il fatto che se capire che cosa è vita è abbastanza facile (un ficus vive, la muffa vive), avere le idee chiare su quando cominci la vita umana è un tantino più complicato. La legalizzazione, ovvero l’assenza del manganello, salutare pendant dell’aspersorio, ha prodotto, dice il Pastore, un gravissimo vulnus: lascia uomini e donne al cospetto di sé stessi, di fronte ai propri rovelli morali e al peso tragico della responsabilità individuale: non li indirizza insomma a calci nel sedere per l’unica strada che conduce al paradiso.

Le parole con cui sul quotidiano clericale Avvenire Marina Corradi ha commentato le parole del Papa ne costituiscono forse l’interpretazione autentica: “La soppressione di un figlio, una volta eliminato il reato, ha cominciato a essere avvertita come qualcosa di meno grave: che veramente poi di figlio si tratti, e non di nulla, può dipendere oggi dal fatto che i genitori quel figlio lo desiderino oppure no”. Avesse ragione, se ne concluderebbe che la legge è al servizio della morale e in particolare di una morale unica, quella propugnata dal Papa; la punizione comminata dallo Stato è un rinforzo atto a produrre la reazione condizionata di orrore. Questo modo di pensare, agghiacciante quanto sciatto, è tipico di chi pontifica (eh, sì) su cose che non conosce: se fosse vero quello che sostiene la Corradi, le migliaia di donne che in questi trenta anni hanno dovuto ricorrere alla interruzione di gravidanza, lo hanno fatto invariabilmente a cuor leggero, per non dire volentieri: non è difficile capire anche per il bigotto più ottuso che non è così.

Senza contare che il Vaticano ha potuto contare sul modo assai approssimativo con cui la legge è stata applicata, ad esempio tollerando il virus dell’obiezione di coscienza, rapidamente trasmessosi ai farmacisti, i quali oggi si sentono autorizzati a rifiutare la pillola del giorno dopo ad una ragazza nei guai. Insomma, al di là della perversione mentale alla base di certe farneticazioni retrograde, quello che fa più male è constatare la distanza che segna il comportamento della chiesa cattolica dal suo insegnamento: per questa ragione è piaciuta la dichiarazione di Emma Bonino, che, al di là delle palesi mistificazioni papali, si è detta stupita dalla “mancanza di carità da parte della Chiesa”. Almeno lei non ha scelto il silenzio complice.

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