di Agnese Licata

Oltre l’ottanta per cento degli italiani è favorevole a usare l’arresto pur di arginare l’”enorme” pericolo dei lavavetri. Certo, a dirlo non sono sondaggi con validità demoscopica, basati su campioni rappresentativi della popolazione, ma libere opinioni raccolte da siti d’informazione. Eppure, paradossalmente, proprio questo elemento rende ancora più assurda la manìa forcaiola che non smette di diffondersi ed essere cavalcata da politici di ogni fazione. Se quasi 23mila persone su 26mila (ossia l’88 per cento), di fronte alla domanda posta dal Corriere.it - “Arresto fino a tre mesi per i lavavetri di Firenze: lo ha deciso il Comune di Firenze. Siete d’accordo con questo provvedimento?” – hanno deciso di cliccare sul “sì”; se l’83 per cento degli sms, delle opinioni on-line e via telecomando arrivati a Sky Tg24 si dice favorevole a sanzioni dure contro chi accosta le auto “armato” di spugna e spatola di gomma, beh, allora non sono pochi gli interrogativi da porsi. Uno su tutti: com’è possibile che anche gli italiani che s’informano, che hanno accesso alle tecnologie, che probabilmente possono vantare un livello medio-alto d’istruzione e che quindi dovrebbero avere una visione non semplicistica dei problemi, com’è possibile che anche loro si sentano così minacciati da lavavetri, parcheggiatori abusivi, mendicanti? E com’è possibile che in così tanti credano che basti la repressione per garantire la sicurezza nelle città? Il caso esploso con l’ordinanza di un Comune storicamente di sinistra come Firenze è ben più di un episodio. Rappresenta, invece, l’ennesimo segnale di una politica incapace di essere tale, di agire con lungimiranza per il bene comune. Una politica che non ha più forza e carisma per progettare interventi di ampio respiro, che puntino alla radice dei problemi proponendo soluzioni complesse, che mobilitino e coordinino i vari settori delle forze pubbliche e sociali. Meglio, allora, limitarsi a una forma di populismo: dare ai cittadini quello che loro stessi chiedono a gran voce, indipendentemente da qualsiasi valutazione di merito. Gli italiani si sentono sempre più insicuri, hanno paura soprattutto della microcriminalità, sono sempre più diffidenti dei confronti degli immigrati, sono stanchi di vedere troppe prostitute in giro? Bene, allora mettiamo più polizia nelle strade, nelle piazze, pronta a combattere questo degrado percepito come insostenibile e in costante aumento. Rendiamo il controllo più visibile possibile, illudendo tutti che si possa vigilare su ogni angolo della città, che basti una divisa in circolazione o il rischio dell’arresto per far scomparire tutto magicamente: spaccio, prostituzione, mendicanti insistenti e lavavetri fastidiosi. E pazienza se prostitute, spacciatori non fanno altro che spostarsi altrove, in un’altra strada, in un’altra piazza; se lavavetri, vù-cumprà, clochards continueranno ad esistere perché povertà e disperazione non si risolvono con carcere, fogli di via e simili.

La realtà è che, inconsciamente o meno, la maggior parte di quell’80 per cento di persone favorevoli alla decisione dello “sceriffo” Graziano Cioni (come anche i tanti politici di destra e sinistra che si sono messi in fila per seguirne l’esempio) non è interessata al racket che sfrutta gli immigrati irregolari: la cosa importante è tenerli lontano dalla vista. Certo, i casi di aggressione e violenze varie ci sono stati e ci sono. Nessuno vuole negarlo, né illudersi che tutti coloro che lasciano il proprio Paese per arrivare nelle città italiane siano dei santi senza aureola. Ma per reprimerli, le leggi esistono già. Inventarsi un’ordinanza che colpisca “ad hoc” una specifica categoria, nei fatti serve solo ad alzare ancora di più la barriera dell’isolamento. Fa tanta scena e poco altro. Adesso i lavavetri sono scomparsi dai semafori fiorentini, sì. E adesso che faranno? Un modo per vivere dovranno comunque trovarlo. Non basta che scompaiano dalla nostra vista per scomparire dalla faccia della terra.

Con una legge come la Bossi-Fini, poi, le speranze di entrare nel mercato del lavoro regolare sono ridotte a zero o quasi. Ma ovviamente, cercare un accordo che modifichi la legge in tema d’immigrazione, lavorare sul fronte del dialogo, dell’informazione, del sostegno sociale, della prevenzione è molto più complesso, costoso e controproducente a livello di consensi che dire “mettiamoli in carcere” o “rispediamoli a casa loro”. Sorprende e inquieta non poco questa vicinanza di idee e modi tra esponenti del futuro Partito democratico e Lega Nord. “Un provvedimento interessante, lo adotteremo anche noi”, ha dichiarato il sindaco di Verona Flavio Tosi, leghista. “L’ordinanza dell’assessore Cioni mi interessa, e molto”, gli ha fatto eco, un po’ a sorpresa il suo collega “rosso” di Torino, Sergio Chiamparino (a sorpresa neanche più di tanto dopo la sua svolta sul consumo di droga).

A cantare fuori dal coro è, ancora una volta, l’ormai ribattezzata sinistra radicale, capeggiata dal ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Ma partiti come Rifondazione e comunisti italiani hanno gridato troppe volte “al lupo, al lupo” per avere un reale peso nelle decisioni della coalizione. Non per niente la dichiarazione che si aspetta e che avrà un peso, è quella di Giuliano Amato. Dopo essersi sbilanciato a favore della linea made in New York di “tolleranza zero”, il ministro dell’Interno ha fatto sapere che comunicherà al più presto la sua posizione e, quindi, quella del governo. Ma fin da adesso è sufficiente mettere sui due piatti della bilancia le singole dichiarazioni a favore o contro, per prevedere che anche questa volta la sinistra radicale dovrà alzarsi perdente dal tavolo da gioco. Se in più si considera la deriva centrista in atto all’interno del futuro Partito democratico, rimangono pochi dubbi su cosa prevarrà tra mediazione sociale e repressione.

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