Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Carlo Musilli

L'attenzione di Cipro si sposta da Bruxelles a Mosca. Il governo dell'isola ha congelato le trattative con l'Unione europea - che si è rivelata incapace di proporre soluzioni accettabili - e per risolvere lo stallo ha chiesto aiuto alla Russia. Nicosia ha bisogno in tutto di circa 17 miliardi di euro per ricapitalizzare le banche e salvarsi dal fallimento. Dai creditori internazionali non potranno arrivarne più di 10, poiché non si ritiene verosimile che Cipro sia in grado di restituire un prestito più generoso.

Per sbloccare questi aiuti è necessario però che il Paese garantisca la copertura della quota rimanente. Ed è proprio questo il problema, perché martedì scorso il Parlamento cipriota ha bocciato la proposta concordata dal governo con l'Eurogruppo, che prevedeva come misura principale un maxi prelievo forzoso sui conti correnti. Risultato: all'appello mancano ancora 5,8 miliardi.

Per risolvere la situazione senza toccare i depositi bancari (intervento che non avrebbe precedenti nella storia dell'Ue e che ha terrorizzato i mercati) martedì sera il ministro delle Finanze dell'isola, Michalis Sarris, è volato in Russia. Le richieste di Cipro a Mosca sono due: il prolungamento del credito da 2,5 miliardi di euro ricevuto due anni fa (che scadrebbe nel 2016), con tanto di riduzione del tasso d'interesse (attualmente al 4,5%), e un ulteriore credito da cinque miliardi. Secondo alcune indiscrezioni, Nicosia avrebbe offerto in cambio una quota nella sua riserva di gas offshore non ancora sviluppata (nei giorni scorsi si era parlato di Gazprom come parte attiva nell'operazione), ma le autorità russe hanno negato qualsiasi interesse del Cremlino in questo senso.

La stampa cipriota e greca ipotizza anche che, oltre al prestito, Mosca potrebbe acquistare da Nicosia la banca Laki (Banca Popolare di Cipro) e altre istituzioni, in cambio di concessioni per un porto da destinare alla flotta russa. Non è da sottovalutare infatti la posizione geografica di Cipro, nodo strategico a pochi chilometri dalle coste della Siria.

D'altra parte, l'amicizia fra l'isola mediterranea e la Russia non è certo una novità di questi giorni. I depositi bancari più ricchi fra quelli parcheggiati nelle banche cipriote appartengono ad oligarchi russi (secondo alcune stime si tratta di 18,3 miliardi su 91,5 totali). E' quindi facile capire per quale ragione proprio da Mosca sia arrivata l'opposizione più violenta all'ipotesi del prelievo forzoso, che prevedeva una stangata addirittura del 9,9% sui patrimoni superiori a 100 mila euro.

E si spiega anche perché le autorità di Nicosia abbiano rifiutato la proposta dell'Eurogruppo, che ieri ha rivelato di aver suggerito fin dall'inizio l'esenzione totale sui depositi fino a 100 mila euro: se i correntisti meno facoltosi non avessero pagato nulla, per mantenere i saldi invariati l'aliquota sui più ricchi sarebbe schizzata ancora più in alto (si è parlato perfino del 15%), risultando ancor più inaccettabile per i munifici partner russi.

Il voto del Parlamento cipriota ha fatto calare il sipario su questi calcoli, almeno per il momento. Ma a questo punto il governo di Nicosia è obbligato a proporre un piano B. Oltre alla pista russa, ieri si è parlato anche di opzioni più folkloristiche. Si pensa ad esempio di metter mano ai beni della Chiesa ortodossa: l'arcivescovo Chrysostomos II - al termine di un incontro con il presidente Nicos Anastasiades - ha annunciato che il clero è pronto a offrire il suo enorme patrimonio immobiliare.

Un'altra ipotesi prevede di nazionalizzare i fondi pensione delle istituzioni pubbliche e para-statali, misura che secondo fonti governative potrebbe garantire fino a tre miliardi di euro. Lo Stato potrebbe inoltre decidere di pilotare la fusione dei due maggiori istituti di credito del Paese, in modo da ridurre l'ammontare delle ricapitalizzazioni necessarie.

Qualunque soluzione scelga Nicosia, all'Europa interessa soltanto che il gettito finale di 5,8 miliardi sia garantito per intero. "Non si sa quando Cipro metterà sul tavolo un progetto - hanno riferito fonti Ue citate da France Presse -. Ma la zona euro si riunirà questa settimana unicamente se Cipro farà delle proposte concrete".

Intanto, l'incubo del prelievo forzoso non è affatto svanito. Potrebbe tornare da un momento all'altro, magari dopo aver subito l'ennesima metamorfosi. Per questo l'obiettivo numero uno della Banca centrale cipriota è scongiurare la fuga in massa dei capitali: gli istituti di credito sono chiusi da sabato scorso e anche la mini-Borsa cipriota tiene le saracinesche abbassate.

“Cipro è nostro partner nell'Eurozona - ha detto ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel -. E' nostro dovere trovare una soluzione insieme”. Certo, se ci pensasse la Russia, sarebbe un piacere.

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