Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Carlo Musilli

L’Ape deve ancora partire, ma sembra già uno scherzo. Per due ragioni. Prima di tutto perché malgrado il nome – l’acronimo sta per “anticipo pensionistico” – è già in ritardo. Dovrebbe partire il primo maggio, ma secondo La Repubblica la settimana scorsa mancavano ancora tre decreti attuativi, l'accordo quadro con banche e assicurazioni, il parere del Consiglio di Stato, la registrazione della Corte dei Conti e una o due circolari Inps. Difficile che si riesca a risolvere tutto per rimanere nei tempi stabiliti con l’ultima legge di bilancio.

Il secondo motivo è che l’Ape si chiama “anticipo”, ma non è un anticipo. Su questo punto è stata realizzata un’operazione di marketing governativo niente male. Si è detto a più riprese che la nuova misura serviva ad aumentare la flessibilità in uscita per correggere in parte la riforma Fornero del 2011, che ha alzato per tutti l’età pensionabile. Purtroppo non è così. Qualsiasi forma di pensione anticipata, per essere tale, deve prevedere un abbassamento dei requisiti anagrafici per l’accesso. E non è il caso dell’Ape, che non anticipa proprio nulla.

Dall’anno prossimo l’età minima per il pensionamento di vecchiaia salirà per tutti, uomini e donne, a 66 anni e sette mesi, e nel 2019 arriverà un nuovo incremento per adeguare il requisito alla nuova speranza di vita calcolata dall’Istat. L’Ape non abbassa queste soglie, ma dà ai lavoratori la possibilità di finanziarsi da soli una rendita-ponte per coprire l’ultimo lasso di tempo prima che scatti il vero trattamento previdenziale.

Come? Con un prestito bancario assicurato da restituire nei primi 20 anni di pensionamento effettivo con una decurtazione dell’assegno mensile Inps. L’assicurazione è obbligatoria e serve a tutelare la banca nel caso l’interessato muoia prima di aver rimborsato tutto il credito. Peraltro la quota di pensione che si può ottenere varia a seconda dell’anticipo: la forbice è compresa fra un massimo del 90% (per un anticipo fino a 12 mesi) e un minimo del 75% (per anticipi di almeno tre anni).

La vera assurdità è che non sono previste strade alternative per chi non abbia bisogno del prestito. Poniamo il caso di un lavoratore che abbia risparmiato tutta la vita e ora voglia investire parte del suo capitale per finanziarsi da solo l’Ape. Non può. Deve per forza chiedere un prestito ventennale, pagandoci sopra interessi bancari (al 2,75%) e premio assicurativo (il 29% dell'anticipo).

Secondo la società di consulenza Progetica, se un lavoratore con una futura pensione netta da 1.300 euro volesse andare in pensione con un anticipo di 3 anni e 7 mesi, al termine dell’Ape si ritroverebbe con un assegno Inps tagliato a 929 euro (anche tenuto conto della detrazione al 50% offerta dallo Stato su interessi e premio assicurativo). A conti fatti l’Ape costa intorno al 5% del trattamento per ogni anno di anticipo.

È evidente che il risultato finale può rivelarsi un flagello per molte pensione. Uscire dal lavoro prima del tempo non è affatto una prospettiva allettante se per i successivi 20 anni ci si ritrova con una pensione significativamente più bassa di quella a cui si ha diritto (che già di per sé, nella stragrande maggioranza dei casi, non è alta). A queste condizioni è davvero difficile che le domande possano arrivare ai numeri stimati dal governo Renzi, che aveva previsto 300 mila richieste di Ape quest'anno e 115 mila il prossimo.

Per quanto riguarda invece la versione “social” dell’Ape, cioè quella interamente a carico dello Stato, sarà riservata a poche persone: disoccupati, chi assiste un parente disabile, gli invalidi almeno al 74% (ma con 30 anni di contributi) e chi ha svolto un lavoro pesante almeno negli ultimi 6 anni in modo continuativo, ma solo se rientra in una di 11 categorie specifiche e ha almeno 36 anni di contributi.

Quest’ultimo criterio, secondo la Cgil, taglia fuori quasi tutti gli edili e i marittimi, che hanno carriere discontinue. Se vorranno l’Ape, dovranno accontentarsi anche loro della versione volontaria, a pagamento. Cioè l’anticipo senza anticipo.

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