Migranti, la dottrina Trump

di Mario Lombardo

Un giudice federale americano è dovuto intervenire nuovamente questa settimana per imporre all’amministrazione Trump il rispetto di un ordine che aveva già emesso nel mese di aprile al fine di fermare le deportazioni illegali di immigrati negli Stati Uniti verso paesi autoritari o in stato di guerra. L’ingiunzione è solo l’ultima in ordine di tempo delle numerose arrivate nei giorni...
> Leggi tutto...

IMAGE
IMAGE

Gaza, il piano dello sterminio

di Mario Lombardo

La risoluzione approvata lunedì dal gabinetto israeliano del primo ministro/criminale di guerra, Benjamin Netanyahu, ha tutto l’aspetto di una soluzione finale al “problema” palestinese nella striscia di Gaza. Occupazione militare permanente, espulsione o confinamento degli abitanti in campi di concentramento, restrizioni estreme nella distribuzione di cibo e aiuti, sterminio puro e semplice tramite fame, malattie e violenza sono le caratteristiche principali del piano che verrà implementato a breve da Tel Aviv. Mentre media e politici occidentali cercano di presentare la nuova iniziativa israeliana come un mezzo per fare pressioni su Hamas e ottenere la liberazione degli “ostaggi”, Netanyahu e i suoi complici non hanno ormai...
> Leggi tutto...
Mentre su Gaza si apre il ventesimo giorno di guerra e mentre ormai si sfiorano le mille vittime tra i palestinesi, si fanno sempre più forti i dubbi sul tipo di armi utilizzate dagli israeliani per colpire una popolazione stremata e un gruppo di guerriglieri che certo non può competere con la tecnologia militare vantata dall’altro fronte. I medici internazionali che dalla Striscia aiutano con pochissimi mezzi le migliaia di feriti, dicono che i danni ad arti e organi parlano chiaro: gli israeliani stanno usando armi illegali come bombe “Dime” e al fosforo, le stesse già sperimentane in Libano nel 2006.

Non solo. C’è il sospetto che ci siano anche proiettili all’uranio impoverito, quelli che generano polveri sottilissime e radioattive, in grado di causare leucemie, tumori, linfomi anche molti anni dopo la fine degli scontri. Anche le “Dime” sembrano fatte apposta per provocare i maggiori danni possibili sia a breve sia a lungo termine. Queste bombe, infatti, generano una forte esplosione a breve raggio (da 5 a 10 metri) che lacera i corpi di tutti coloro che si trovano nella zona, civili o militari che siano. Ma non basta. Le microschegge generate contengono tungsteno radioattivo e metalli pesanti che, inalati, causeranno tumori sui sopravvissuti.

A dire tutto questo, non è Hamas, non è una fonte di parte. Sono alcuni medici norvegesi che quei corpi squarciati, tranciati di netto, li vedono ogni giorno, e che hanno riconosciuto in quelle ferite, in quelle ustioni, le stesse denunciate tre anni fa in Libano. Nonostante gli scandali, le inchieste, seguite a quegli attacchi del 2006, l’esercito Israeliano continua a giocare sporco. Certo, le Dime sono invenzioni relativamente recenti dell’industria bellica americana e non sono ancora state inserite nell’elenco internazionale delle armi vietate, ma una nazione che si ostina a dirsi democratica dovrebbe ragionare in modo diverso, andando al di là di obblighi imposti o meno.

Ma l’Italia? Che c’entra in tutto questo? Il filo rosso è sempre quello e intreccia “armi sporche”, U238, autorità che negano l’evidenza. Lunedì scorso, i giudici del tribunale di Firenze hanno riconosciuto ufficialmente quello che per anni i vari governi hanno tentato di mettere sotto il tappeto. La sentenza è semplice: il ministero della Difesa dovrà pagare 545mila euro di risarcimento a un militare colpito da un linfoma di Hodgkin. Giambattista Marica era uno dei paracadutisti spediti in Somalia per affiancare gli Stati Uniti nell’operazione “Restore Hope” contro i warlords che imperversavano Mogadiscio. Nel Corno d’Africa, Marica ci rimane 8 mesi: dal dicembre ’92 al luglio ’93. Di quella missione porta con sé il linfoma di Hodgkin, una rara forma tumorale che nei paesi occidentali colpisce tre casi su centomila. A causarlo, riconoscono i giudici, l’uranio impoverito che ricopre i proiettili utilizzati durante la missione. E già collegare Somalia e uranio impoverito non é cosa scontata, dato che fino a ieri tutte le commissioni parlamentari si erano concentrate solo ed esclusivamente sui Balcani.

Ma i giudici vanno oltre: scrivono che il ministero della Difesa di allora (guidato dal socialista Salvo Andò, all’interno del governo Amato) è stato corresponsabile di quella malattia per “omessa diffusione delle informazioni”, perché sapeva che lì c’era uranio impoverito, sapeva (perché informata dalla Nato) che si tratta di una sostanza cancerogena, sapeva ma “non ha impiegato tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei suoi militari”. La sentenza lo ribadisce più volte: il ministero “sapeva, doveva ed era tenuto a sapere dell’uso di ordigni all’uranio impoverito, della sua pericolosità e dei rischi ad esso collegati e doveva, conseguentemente, ispirare la propria azione a principi di cautela e protezione”. Tutti i militari che si sono ammalati al ritorno dalle varie missioni hanno continuato a raccontare di come, nelle operazioni di bonifica, americani e tedeschi erano attrezzati di tute isolanti, scafandri, guanti speciali, mentre loro avevano comuni guanti di lana e poco altro.

C’è voluto più di un decennio per costringere lo Stato a riconoscere quel nesso di causalità, ma ancora, ad oggi, non è arrivata nessuna scusa ufficiale, nessuna ammissione sulla totale assenza di quelle “misure necessarie”. Il 18 dicembre, il governo si è limitato ad approvare un provvedimento che stanzia circa trenta milioni di Euro per indennizzare i migliaia di militari malati e le famiglie delle decine di morti. Provvedimento, in verità, già predisposto dall’esecutivo precedente, quello guidato da Prodi. Soldi e basta. Spiegazioni, ammissioni di responsabilità, scuse, neanche a parlarne, oggi come in tutti i governi che hanno preceduto questo.

Tra le pagine dei tanti rapporti stilati dalle varie commissioni - rapporti che più che chiarire insabbiano - spunta anche un’altra questione: quella dei quattro poligoni di tiro in Sardegna. “Non è mai stato autorizzato sul territorio nazionale l’impiego di proiettili contenenti uranio impoverito”, si legge nel rapporto conclusivo della Commissione Commissione parlamentare d'inchiesta istituita nel 2004 e presieduta dal senatore Paolo Franco. Vedi un po' cosa ti sembra meglio fare, nonostante i tanti dati raccolti in Sardegna e resi noti di recente dall’ultimo romanzo-inchiesta di Massimo Carlotto e Mama Sabot Perdas de fogu.

Eppure, quella commissione, qualcosa è stata costretta ad ammettere: “Non vi è - si legge - un controllo diretto e preventivo da parte dei responsabili dei poligoni sul materiale destinato ad essere utilizzato nelle esercitazioni e nelle sperimentazioni (queste ultime in genere effettuate per conto e ad opera di ditte private interessate ad avvalersi delle dotazioni strumentali dei poligoni): in pratica, ci si affida ad autocertificazioni, formulate spesso in termini assolutamente generici”. Insomma, l’uranio impoverito o U238 che dir si voglia, è di casa in Italia, come anche, con tutta probabilità, in Israele.
Pin It

Altrenotizie su Facebook

altrenotizie su facebook

 

 

ter2

Il terrorismo contro Cuba
a cura di:
Fabrizio Casari
Sommario articoli

 

Gli USA si annettono l’Ucraina

di Fabrizio Casari

L’accordo sulle terre rare tra Stati Uniti e Ucraina è stato firmato, ma chiamarlo accordo è uno strano modo di definire l’esproprio del 50% delle ricchezze nazionali da parte di un paese verso un altro. Non si può negare, infatti, che con l’accordo si sia suggellata un’autentica vergogna per l’Ucraina che cede le...
> Leggi tutto...

IMAGE

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy