Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Michele Paris

In concomitanza con la commemorazione del ventennale della più grave sparatoria della storia del paese, il Parlamento canadese è ad un passo dall’approvazione di una legge che cancellerebbe alcune importanti limitazioni alla diffusione di armi da fuoco. L’iniziativa del governo conservatore di Ottawa non solo è fortemente sostenuta dalle lobby delle armi, protagoniste di aggressive campagne pubblicitarie sull’esempio dei vicini americani, ma raccoglie ampi consensi anche tra gli abitanti delle sterminate regioni rurali del paese, i quali vedono come un affronto ogni restrizione al loro presunto diritto di acquistare e possedere armi.

Il 6 dicembre 1989, il 25enne disoccupato Marc Lepin fece irruzione nell’École Polytechnique di Montréal imbracciando un fucile da caccia semiautomatico. Dopo aver espresso il proprio anti-femminismo, separò gli studenti d’ingegneria maschi dalle femmine, per poi uccidere 14 ragazze e togliersi infine la vita. Il massacro, fino ad allora considerato possibile da molti canadesi solo oltre il confine meridionale, diffuse un profondo senso di indignazione e sconcerto. Il Canada scoprì improvvisamente che la vendita di armi da fuoco militari non era sottoposta pressoché a nessuna limitazione e che nel paese ne circolavano circa sei milioni i cui proprietari non erano in alcun modo identificabili.

La strage di Montréal lasciò in eredità alcuni significativi provvedimenti negli anni successivi. Tra il 1991 e il 1995 le leggi C-17 e C-68 introdussero infatti una serie di restrizioni al possesso e alla vendita di armi da fuoco e, soprattutto, un registro nazionale (Canadian Firearms Registry) sul quale devono essere riportate tutte le armi in circolazione nel paese. Una parte importante di quest’ultima legge, promossa nel 1995 dal governo liberale dell’allora primo ministro Jean Chrétien, è ora però minacciata da una proposta (legge C-391) che, se approvata, abolirebbe l’obbligo di registrazione per quelle armi a canna lunga di cui è consentita la vendita, come i fucili a pompa.

La discussione in corso sta inaspettatamente opponendo gli esponenti politici conservatori che appoggiano la nuova legge alle forze di polizia che si battono invece per il mantenimento del registro delle armi. Questo data-base viene infatti consultato in media più di dieci mila volte al giorno da agenti di polizia, che in questo modo hanno la possibilità di individuare ed eventualmente sequestrare armi da fuoco ai danni di sospetti criminali o in situazioni domestiche particolarmente conflittuali. Nonostante la carenza di dati direttamente collegabili al registro, a partire dalla sua introduzione il numero di omicidi causati da sparatorie in Canada è costantemente diminuito, soprattutto relativamente a quelli commessi in ambito domestico.

Per i fautori della liberalizzazione della vendita di armi da fuoco, molti dei quali cacciatori e nativi canadesi, il registro nazionale rappresenta al contrario un inutile e costoso fardello per i cittadini rispettosi della legge. A loro parere, la regolamentazione delle armi rappresenterebbe in sostanza un problema esclusivamente urbano. Sarebbe nelle città, a loro dire, che le armi vengono utilizzate in gran parte per commettere reati. La realtà dei fatti evidenzia invece come il tasso di mortalità per armi da fuoco sia più elevato in quelle comunità rurali dove esse sono maggiormente diffuse. Gli oppositori del registro affermano poi un diritto individuale al possesso di armi, sull’esempio americano, che la Corte Suprema ha chiaramente sostenuto non sussistere in Canada.

Tra numerose polemiche, la legge che dovrebbe cancellare l’obbligo di registrazione per alcune armi da fuoco ha così già superato due ostacoli nel parlamento canadese. Lo scorso 4 novembre la Camera dei Comuni ha dato il via libera al provvedimento con il voto favorevole dei parlamentari del Partito Conservatore che sostengono il governo di Stephen Harper e di quello decisivo di una ventina di rappresentanti dei partiti di centro-sinistra all’opposizione (Liberal Party e New Democratic Party). Se nella terza e ultima lettura della nuova legge a inizio 2010 dovesse profilarsi una nuova maggioranza a favore, la discussa misura entrerebbe definitivamente in vigore.

Per contrastare questa evoluzione nell’ambito della liberalizzazione delle armi da fuoco secondo il modello americano, si stanno mobilitando, oltre che le forze di polizia, anche i familiari delle vittime del massacro dell’École Polytechnique. La polarizzazione tra i due fronti tuttavia risulta estremamente marcata e sembra ormai sempre più probabile che, dopo tre anni di governi conservatori, il Canada possa scoprirsi all’improvviso più indulgente verso i possessori di armi e di un altro passo più simile al potente vicino americano.

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