Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Zamora

di Sara Michelucci

Una commedia sagace che vede Neri Marcorè di nuovo alla regia con Zamora. Il trentenne Walter Vismara ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell'animo prima ancora che di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all'altro la fabbrica chiude e il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un'azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto. Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si...
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di mazzetta

Sono ormai molti gli osservatori internazionali che ritengono come la strategia statunitense in Asia non possa più prescindere da un ripensamento della linea politica verso Karachi. E' infatti evidente come le sorti della guerra in Afghanistan siano direttamente intrecciate con quanto avviene in Pakistan, dove, a rendere ancora più precaria la situazione, ai successi militari non si sono accompagnate buone notizie sul versante politico.

Il piano dell'amministrazione Bush era lineare nella sua brutale elementarità: consegnare il governo a Benhazir Bhutto e la presidenza a Musharraf, con il ritorno dell'esercito sotto il controllo dell'autorità civile. Un piano che, per realizzarsi, ha avuto bisogno di alcune forzature, che poi hanno dimostrato la loro debolezza una volta messe alla prova dalla realtà. Per rendere realizzabile il piano, infatti, Musharraf ha decretato un'amnistia per i numerosi politici e funzionari accusati di corruzione e ha cancellato il  limite costituzionale dei due mandati, permettendo così a Benhazir Bhutto il rientro dal dorato esilio negli Emirati, ma anche quello del suo eterno rivale Sharif.

Benhazir Bhutto è durata pochissimo, uccisa in un sanguinoso attentato mentre percorreva il paese in campagna elettorale, ma il piano è sopravvissuto. A reggere il partito di famiglia (PPP) è stato nominato il figlio appena diciottenne e, come candidato premier, si è presentato suo marito, Alì Zardari, già noto con il soprannome di Mr Dieci Percento, dalla quota che esigeva su ogni spesa del governo retto dalla moglie in passato. A guastare la festa ci si è messa per la Corte suprema, che minacciava di dichiarare incostituzionali le leggi di Musharraf, che quindi ha reagito cacciando alcuni giudici e anche il Chief of Justice Chaudri, fortemente ostile.

Vinte le elezioni è andato al governo Zardari, che ha subito dimenticato la promessa di reinsediare i giudici cacciati, perché gli era sufficiente la sentenza che sanciva l'invalidità dell'elezione di Musharraf alla presidenza che la Corte, ancora monca, gli aveva offerto per liberare la presidenza e insediarvi un esponente del suo partito. Alla fine ha dovuto però soccombere alle pressioni della piazza e delle opposizioni. Intanto l'esercito ha reagito alla minaccia talebana raccogliendo il favore della popolazione, in passato poco convinta dell'opportunità di combattere tra pachistani su impulso degli americani. Per convincere i pachistani, Musharraf aveva preparato il terreno lasciando arrivare i talebani ad assumere il controllo della valle dello Swat, un paradiso turistico presto trasformato in un simpatico angolo di medioevo a pochi chilometri dalla capitale.

L'esercito ci è andato con la mano pesante e gli attaccati hanno risposto con sanguinosi attentati, compensando così la schiacciante superiorità militare dell'avversario. Un gioco che è costato duemilaottocento vittime pachistane in un anno e centinaia di migliaia di profughi in fuga, cifra che autorizza a parlare di guerra in Pakistan, anche se per i media la guerra non c'è nemmeno in Afghanistan.

In questi giorni il governo di Zardari è andato in frantumi: la Corte ha annullato anche l'amnistia di Musharraf e il ministro dell'Interno, quello della Difesa e molti altri esponenti del PPP, hanno dovuto scegliere se versare una cauzione per restare in libertà o darsi alla fuga, perché la sentenza della Corte ha improvvisamente riportato in vita vecchi processi e vecchi mandati di cattura. Zardari si è salvato perché gode dell'immunità garantita alla carica, ma solo momentaneamente, perché un codicillo “islamico” non garantisce l'immunità nei casi di “turpitudine”; tutti gli osservatori concordano nel ritenere più che turpi le ruberie di Zardari, che non sembra aver cambiato abitudini negli anni e che è largamente inviso alla popolazione.

Resterebbero in campo solo Sharif, a capo di un partito di minoranza e privo di referenze impeccabili, già protagonista di due governi fallimentari, e le seconde linee del PPP. Ma resta in campo anche l'esercito, sempre pronto a surrogare il potere civile in frantumi, che potrebbe essere addirittura chiamato in causa dalla Corte nel caso il governo si rifiutasse di riconoscerne ed eseguire le sentenze. L'esercito è ora retto dal delfino di Musharraf, come lui proveniente dal comando dell'ISI, i potenti servizi pachistani, che gli americani vorrebbero ricondurre sotto la direzione civile. Ma una mossa di Zardari in tal senso è già andata a vuoto, mentre i militari continuano ad esercitare il controllo e la custodia del programma nucleare pachistano, che procede con l'impegnativa costruzione di nuovi vettori e nuovi reattori, nonostante il paese sia dovuto correre a piangere un prestito presso il Fondo Monetario per salvare l'economia dalla crisi.

Una situazione fluida che non consente di considerare consolidati i successi militari contro i numerosi gruppi armati che si muovono lungo la frontiera afgana: E nemmeno offre alcuna certezza, se non che gli unici ad essere tranquilli sono Musharraf - che può sempre contare sulla garanzia di un esilio dorato se le cose si mettessero male sul piano giudiziario - e il suo successore A. P. Kayani, che collabora sornione  alle iniziative americane, ma che è anche pronto in ogni momento a mobilitare il potere militare per il bene del paese.

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