Ecuador: la "valanga" referendaria

di Juan J.Paz-y-Miño Cepeda

Il 21 aprile (2024), su iniziativa del governo di Daniel Noboa, presidente dell'Ecuador, si è svolta una consultazione e un referendum su 11 quesiti, tre dei quali riguardavano il ruolo delle forze armate nella lotta contro la delinquenza e la criminalità organizzata, a sostegno della polizia; altri tre sull'estradizione degli ecuadoriani, sull'aumento delle pene e sulla scontata esecuzione di...
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Zamora

di Sara Michelucci

Una commedia sagace che vede Neri Marcorè di nuovo alla regia con Zamora. Il trentenne Walter Vismara ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell'animo prima ancora che di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all'altro la fabbrica chiude e il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un'azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto. Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si...
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di Carlo Benedetti

Mosca. A Kazan, capitale dell’Islam russo, soffia il vento di una perestrojka che dovrebbe riguardare il futuro e il rinnovamento. In questa grande repubblica dei Tartari, entità musulmana, autonoma all’interno della federazione russa, è in atto, infatti, un cambiamento di direzione che, pur se presentato come un normale avvicendamento, è un momento di svolta da non sottovalutare. Le notizie in merito si riferiscono al fatto che il presidente attuale, Mintimer Sharipovich Shaimiev (classe 1937), proprio alla scadenza del suo quarto mandato e dopo 14 anni di gestione personale, presenta a Medvedev le sue dimissioni. Le motiva insistendo sulla necessità di un cambiamento generazionale, nel quadro più vasto del rinnovamento della struttura politico-amministrativa della Russia. E a Medvedev, nel contempo, suggerisce il nome del suo successore (eventuale, al momento): l’economista Rustam Minnichanov, classe 1975, attuale primo ministro.

Sin qui l’ufficialità che in superficie annuncia, senza traumi, l’avvio di una nuova partita per il governo della cosa pubblica. Ma non va dimenticato che in tutti questi anni Shamiev - guidando una repubblica profondamente segnata dall’Islam - è stato il faro di un mondo mussulmano, moderato e filorusso. E mai da Kazan sono venute aperte azioni di ripensamento in chiave anti-Cremlino. Quindi un Tatarstan più che normalizzato, pur se culturalmente coinvolto nel grande discorso dell’Islam. Shamiev è stato, in tal senso, agli occhi dei più, il garante della normalità e del “confine” con la Russia, creando un'atmosfera di fiducia etnoconfessionale nota come "modello Tatarstan".

Ora lascia l’incarico e presenta il suo uomo, che sicuramente riceverà l’investitura ufficiale. Restano però varie incognite che vanno messe nel conto del futuro di questa “Repubblica” che ha uno status religioso particolare. A Mosca, il politologo Stanislav Belkovskij fa notare che le dimissioni di Shaimiev non sono da sottovalutare e da ritenere come un normale avvicendamento. Perchè se in superficie tutto sembra regolare, tra le quinte del potere emergono anche altre situazioni e conseguenti valutazioni. Ad esempio si fa notare che il vecchio presidente non ha mai condiviso le scelte di Medvedev sul terreno regionale e, prima di tutto, sull’unificazione delle leggi regionali e sull’abolizione della carica presidenziale per le repubbliche autonome.

Il Cremlino, infatti, ha sempre basato e basa la sua autorità sul fatto che la sovranità della Russia non è divisibile: è uguale in tutto il territorio nazionale e che nel paese il presidente, di conseguenza,  è uno solo. Secondo alcuni politologi, quindi, le dimissioni attuali potrebbero avere un retroscena non solo istituzionale, ma anche politico e si spiegherebbero con la lotta ai vertici del partito di maggioranza “Russia Unita”. In questo contesto un altro politologo, Gleb Pavlovskij, avanza questa ipotesi: ”Shaimiev criticava il partito del quale era uno dei massimi dirigenti esclusivamente in relazione alla formazione della politica regionale”.

Ma non va sottovalutato il fattore economico. Poichè in questi ultimi anni il Tatarstan - con la sua specificità di carattere religioso all'interno della più vasta e forte cultura russa - è divenuto un paese ad alto sviluppo, segnato da un accelerato processo di privatizzazione. E Shaimiev è stato l’artefice delle concessioni ad azionisti privati d’importantissimi settori industriali: dalle raffinerie alle aziende chimiche.

E qui sorgono precise domande. Perchè – ci si chiede a Mosca – questo presidente tanto attivo e forte ha deciso (non richiesto) di lasciare il timone di comando? Le risposte sono diverse, incrociate e contraddittorie. Lo ha fatto, ad esempio, sentendo alle spalle il vento dei cambiamenti generali collegati al duopolio Medvedev-Putin? E in questo contesto ha gettato la spugna, scavando però la sua trincea e candidando alla presidenza un uomo della vecchia cordata, quindi, manovrabile sotto tutti i punti di vista? Ma potrebbe proprio essere il nuovo arrivato a modificare, col tempo,  le linee portanti del Tatarstan, nel senso di un svolta in favore dell’Islam tradizionale.

L’incognita riguarda così l’atteggiamento futuro che avrà il mondo religioso musulmano: quello entro i confini del Tatarstan e quello più lontano dell’Asia ex sovietica. Un mondo, in pratica, tra due fuochi. E si sa che i musulmani (anche quelli che operano sotto la direzione di Kazan) sono entrati in una nuova fase di presenza e organizzazione in Europa. Dovunque si sono avviate dinamiche per ottenere una rappresentanza nazionale e, di conseguenza, l'istituzionalizzazione dell'Islam. Nel Tatarstan tutto questo significa un’azione di partecipazione sociale e politica a vari livelli con rivendicazioni d’indipendenza finanziaria e politica. Ma con l’arrivo del nuovo presidente si potrebbe anche registrare un cambiamento epocale di rotta.

Il Tatarstan, che sino ad oggi si è aperto in un certo senso ai valori occidentali, sentendosi parte diretta dell'Europa, potrebbe accentuare il suo essere islamico per avere la possibilità di aumentare – con la riforma dell'Islam come risposta alla disgregazione della comunità tradizionale - il suo prestigio nel mondo asiatico dell’ex Urss. E Kazan diverrebbe un nuovo faro per quei mussulmani che, oltre i confini della Russia, operano nei lidi asiatici un tempo dominio sovietico.

 

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