Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Zamora

di Sara Michelucci

Una commedia sagace che vede Neri Marcorè di nuovo alla regia con Zamora. Il trentenne Walter Vismara ama condurre una vita ordinata e senza sorprese: ragioniere nell'animo prima ancora che di professione, lavora come contabile in una fabbrichetta di Vigevano. Da un giorno all'altro la fabbrica chiude e il Vismara si ritrova suo malgrado catapultato in un'azienda avveniristica della vitale e operosa Milano, al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto. Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si...
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di Carlo Benedetti

MOSCA. Ai tempi dell’Urss c’erano i piani quinquennali economici che dettavano le regole di sviluppo del Paese. Oggi c’è una svolta moderna e tecnologica segnata da una dottrina militare che si annuncia anche come una nuova interpretazione del sistema politico e come un piano di sviluppo relativo alla sicurezza. La firma è del Cremlino e, precisamente, del suo massimo inquilino, Dmitrij Medvedev, che in qualità di presidente si assume la responsabilità dei cambiamenti strategici da attuare da qui al 2020: più armi moderne, più tecnologia, aumento dei quadri nelle file dell’esercito, sviluppo delle diverse tecnologie d’avanguardia in tutta la società.

La svolta programmata è chiara. Per la Russia il nemico è la Nato che, nel quadro delle sue funzioni “globali”, tende sempre più a violare le norme del diritto internazionale ampliando le sue attività, dispiegando le sue forze e gli “elementi” del suo scudo antimissile in Europa, militarizzando lo spazio cosmico e installando sistemi strategici non nucleari di armi ad alta precisione.

E tra le minacce attuali riferite alla Nato e agli americani il Cremlino indica anche la presenza dei contingenti militari di paesi stranieri nelle aree confinanti con la Federazione Russa e con i suoi alleati, nonché i conflitti regionali. Mosca vede anche come pericoli che vengono dall’esterno quei tentativi di rovesciare l’ordinamento costituzionale, di scalzare la sovranità e l’integrità territoriale. Di conseguenza entra in crisi l’attuale architettura della sicurezza internazionale, compreso il suo meccanismo giuridico internazionale, che, di fatto, non garantisce la sicurezza uguale di tutti i paesi.

Per il Cremlino c’è poi il nodo dolente dell’arma nucleare. E la “dottrina” presentata da Medvedev, in proposito, prevede che l’arma di questo tipo rimarrà il decisivo fattore di prevenzione dei conflitti mlitari. Si ammette pertanto la possibilità di trasformazione di un conflitto “ordinario” in quello nucleare. Per questo motivo, prendendo in considerazione le minacce d’oggi, la Russia si riserva il diritto di usare l’arma nucleare per neutralizzare gli eventuali atti aggressivi nei suoi confronti. Al tempo stesso, nella Dottrina si sottolinea che alla base della politica della Russia vi è “la non ammissione di qualsiasi conflitto armato ordinario o nucleare”.

Di conseguenza il piano della Russia prevede il “contenimento nucleare fino al 2020”. Ed ora, commentando la situazione che si viene a creare seguendo i piani della nuova architettura strategica, il vice segretario del Consiglio di Sicurezza del Paese, l’ex capo dello Stato Maggiore, Generale Juriji Baluevsky, dichiara che la Russia “intende sviluppare tutte le tre componenti della sua triade nucleare difensiva: terreste, marittima ed aerea”. E questo sta a significare che l’arma nucleare e i suoi vettori rimangono per la Russia una garanzia dello sviluppo sicuro, della stabilità e del contenimento strategico.

Queste linee portanti vengono presentate nel documento reso noto dal Cremlino come fattori importanti “per prevenire l’insorgere di guerre nucleari e conflitti militari con l’uso di mezzi convenzionali di distruzione” non solo nel caso di conflitti su vasta scala, ma adesso anche nel caso di guerre regionali. E Mosca insiste anche annunciando che si riserverà il diritto di usare armi nucleari in risposta all’uso della forza contro di essa e (o) contro i suoi alleati con armi nucleari e di distruzione di massa, così come nel caso di aggressione contro la Russia con armi convenzionali, che minacciano l’esistenza stessa dello Stato.

Mentre si dispiega questa nuova dottrina militare si delineano anche voci di più o meno dissenso nei confronti delle scelte del Cremlino. Ad esempio sul quotidiano Novaja gazeta il politologo Pavel Felghengauer ricorda che Putin nel 2000 aveva già delinato una sua dottrina politica, poi però più volte riscritta. Ora quella attuale prevede una certa inversione di tendenza. Che può anche essere interpretata secondo nuovi schemi. E cioè che il nemico non è la Nato e non sono gli Usa. Ma è il fatto dell’avvicinamento dell’Alleanza ai confini della Russia.

C’è poi la posizione di quanti prevedono, in conseguenza dei nuovi annunci un inasprimento delle relazioni Est-Ovest. Ne parla splicitamente il potilologo Andrej Uglanov che sul settimanale Argumenty nedeli si riferisce all’ultimatum lanciato da Washington a proposito dell’urgenza di firmare un accordo per la limitazione delle armi strategiche. Un passo, questo, che se non sarà rispettato porterà la Russia a perdere lo status di nazione prioritaria da parte degli Usa. Preoccupazioni arrivano anche da Nikolaj Patrusev, segretario del Consiglio di Sicurezza, il quale pur rilevando che le “possibilità di aggressione alla Russia sono minime” ricorda che c’è sempre il pericolo di una Nato che avvicinando le sue strutture alla Russia “destabilizza la realtà militare del mondo”.

Si delinea quindi l’applicazione della nuova dottrina in un clima di contrasti e speranze, ma anche di nuove inimicizie. Perchè nel complesso le analisi del Cremlino ipotizzando un incremento delle turbolenze regionali - relative all’intero medioriente e all’Asia con paesi a rischio come Pakistan, Iran, Afghanistan e Corea del nord - fanno comprendere agli occidentali che le dinamiche delle innovazioni tecnologiche (militari) saranno sempre più presenti sullo scenario mondiale.

Di qui le preoccupazioni dell’Ovest nei confronti delle “ambizioni” del Cremlino. Che sono pur sempre quelle di tornare a essere una superpotenza globale attraverso la ripresa di un deciso antagonismo verso l’occidente, con la rivendicazione di una propria sfera d’influenza ben definita sul piano strategico-militare, e una rinnovata enfasi sulla propria capacità di risposta nucleare.

Non è un caso, quindi, se la nuova dottrina militare - come rileva il russo The New Times - viene vista dalle cancellerie mondiali come un vero e proprio manifesto politico, volto a definire le future priorità geopolitiche del paese negli assetti mondiali che vanno definendosi. Ma è anche chiaro - sostengono alcuni osservatori - che gli Usa continueranno ad assolvere la funzione di garanti dell’equilibrio planetario pur se altre potenze (Russia in testa, seguita da Cina e India) rivestiranno un ruolo strategico maggiore rispetto all’oggi.

Intanto gli uomini del think tank al quale si riferisce Medvedev sembrano ispirarsi nella loro attività a una visione planetaria che prefigura una futura comunità internazionale che non sarà più univoca  e composta solo di stati-nazione. Il potere - si sostiene - sarà più disperso e le regole del gioco si modificheranno. Con soluzioni che dovrebbero portare l’occidente ad indebolirsi. Di conseguenza prenderebbe piede la tendenza della maggioranza dei Paesi a investire sempre più nel proprio benessere economico aumentando gli incentivi verso la stabilità geopolitica complessiva. I pronostici, comunque, non danno risposte univoche in un mondo che anche per la Russia è sempre più globalizzato nonostante le cortine che ancora la dividono dall’Europa.

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