Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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USA, ritirata dal Sahel

di redazione

Le speranze di Washington di riuscire a mantenere la presenza militare in Niger sono tramontate definitivamente dopo l’arrivo a Niamey dei primi cento consiglieri militari della “Africa Corps” russa. Gli Stati Uniti lo scorso fine settimana hanno infatti reso noto di aver accettato di ritirare dal Niger il contingente di un migliaio di militari, UAV (droni) armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto. Il vice segretario di Stato Kurt Campbell ha avuto un faccia a faccia a Washington con il premier nigerino Ali Mahamane Lamine Zeine, che ha ribadito la decisione sovrana del suo Paese di chiedere la partenza di tutte le forze straniere, comprese quelle americane. L’accordo prevederebbe l’invio nei prossimi giorni di una...
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di Luca Mazzucato

New York. Sullo schermo in bianco e nero si vedono i colpi sparati dall'elicottero che colpiscono ripetutamente un gruppo di persone sul marciapiede e dentro un furgoncino. Non è la playstation ma il video di una strage di civili compiuta dall'esercito americano a Baghdad, che una talpa ha fatto trapelare dall'archivio della CIA sul sito Wikileaks.org. Nella traccia audio si sentono i commenti dei soldati americani che pregano il proprio comandante di lasciarli sparare e poi si congratulano per la carneficina compiuta.

Il filmato di un quarto d'ora è stato filmato a bordo di un l'elicottero Apache dell'esercito americano, impegnato in una missione in un quartiere densamente popolato di Baghdad. Siamo nel 2007, nel pieno dell'escalation americana fortemente voluta da David Petraeus. I soldati scambiano per una cellula di militanti un gruppo di persone ferme di fronte al cancello di un'abitazione. La macchina fotografica del giornalista della Reuters viene scambiata per un lanciarazzi anticarro e i soldati chiedono subito l'autorizzazione a sparare. Entro pochi secondi, le raffiche dall'elicottero fanno terra bruciata.

Nel sorvolo successivo, un solo uomo gravemente ferito cerca di rialzarsi con estrema lentezza, mentre nell'audio i soldati americani fanno gli scongiuri sperando che il moribondo abbia un oggetto in mano. Che giustificherebbe una seconda raffica per finire il militante armato. Ma proprio in quel momento il colpo di scena, un furgoncino compare sulla scena. Si ferma sul luogo della strage, davanti al cancello divelto in mezzo ai corpi squartati.

I soldati sull'elicottero, fremendo con il dito sul grilletto, non hanno dubbi che si tratti di terroristi venuta a recuperare i feriti e, soprattutto, le armi. Mentre il conducente si carica in spalla l'unico sopravvissuto per farlo salire sul retro del furgone, i soldati nell'audio scalpitano in attesa di ottenere l'autorizzazione all'attacco, che arriva puntuale. Una nuova raffica si abbatte sull'obiettivo, crivellando la fiancata del furgone e scaraventandolo in aria per la forza dell'impatto.

Pochi minuti dopo arrivano i rinforzi al suolo, un carroarmato e numerosi soldati americani. Si sentono i soldati ridere in coro quando un carroarmato sopraggiunto fa scempio dei cadaveri. E quando i soldati al suolo comunicano che due bambini sono stati feriti gravemente all'interno del furgone, chi ha sparato commenta allegramente che “è colpa loro se portano i figli alla battaglia.”

Presto viene infatti scoperta l'atroce verità. Il primo gruppo di persone era composto dal giornalista Reuters e dal suo autista (Namir Noor-Eldeen e Saeed Chmagh) e da alcuni residenti. Tutti morti. Alla guida del furgoncino che arriva dopo la prima strage si trova un buon samaritano, un padre di famiglia che, passando di lì per caso, si è fermato per soccorrere i feriti. Mentre porta i figli piccoli a scuola. Restano gravemente mutilati nell'attacco americano anche i due figli, seduti sul sedile di fianco al conducente e chiaramente visibili nel video dall'elicottero.

Il Pentagono afferma subito di aver colpito una cellula di terroristi. Uno degli uomini abbattuti aveva in mano una pistola, ma questa è la norma, anzichenò, nel centro di Baghdad. L'agenzia Reuters chiede subito di visionare una copia del video, visto che due degli uomini uccisi sono un fotografo dell'agenzia e il suo autista, ma il Pentagono nega risolutamente e il caso rimane una delle tanti stragi di civili innocenti che non verrà investigata.

Fino all'altro ieri, quando il video delle undici vittime compare sul sito Wikileaks.org e in poche ore entra nel giro delle news. Il sito americano è specializzato nella pubblicazione documenti segreti che possono arrecare danno ai cosiddetti “poteri forti.” L'editore del sito invita gli utenti a far trapelare informazioni coperte da segreto per rendere luce su comportamenti scorretti da parte del governo o di grosse corporations. Ad esempio, Wikileaks ha pubblicato recentemente un documento top secret della CIA, in cui l'agenzia descrive il sito stesso come un pericolo per la sicurezza nazionale ed elabora una strategia in grado di neutralizzarlo. Agenti della CIA avrebbero dovuto localizzare almeno una delle fonti del sito e in gergo “bruciarla,” ovvero rendere pubblico il suo nome ed esporla alle ritorsioni dei proprietari del documento. Come ha insegnato a fare Dick Cheney con l'affare Valery Plame. Ma in due anni questo gioco non è mai riuscito e alla CIA è stata servita una vendetta esemplare con la pubblicazione del piano non riuscito.

Uno degli aspetti più interessanti del video trapelato è la traccia audio, che ci testimonia la totale noncuranza dei soldati sull'elicottero nei confronti di chiunque compaia sul loro obiettivo. L'unico scopo è portare a casa il “punteggio pieno” nel videogame. Ma questo ricorda la pubblicità martellante dell'esercito sulle tv americane, alla disperata ricerca di nuove reclute. Lo spot, praticamente indistinguibile da quelli della concorrenza Nintendo o Sony, non è che un susseguirsi di schermate in computer graphics, in cui i valorosi soldati americani difendono i propri commilitoni sotto attacco in una terra inospitale. Per dirla con le parole del generale Stanley McChrystal, comandante in capo della missione in Afghanistan, riguardo alle vittime civili ai checkpoint: “Abbiamo sparato ad un numero incredibile di persone, ma... nessuno è mai risultato essere una minaccia.”

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