Iran, il dittatore va alla guerra

di Mario Lombardo

Praticamente tutto il mondo è in questi giorni con il fiato sospeso in attesa della decisione del presidente americano Trump se trascinare o meno gli Stati Uniti nella guerra di aggressione di Israele contro l’Iran. Le indicazioni più recenti lasciano intendere che la Casa Bianca finirà per partecipare direttamente a una nuova guerra rovinosa e senza via d’uscita in Medio Oriente....
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Iran, obiettivo BRICS

di Fabrizio Casari

Donald Trump ha scaricato la consueta dose di minacce, promesse ed avvertenze all’indirizzo dell’Iran e dei suoi amici. Agli ayatollah ha chiesto una “resa incondizionata”, nemmeno fosse immerso in un film di cappa e spade. Ovviamente da Teheran rifiutano l’inginocchiatoio del suprematismo occidentale e fanno presente come il tentativo di regime-change in corso non sarà né indolore né vittorioso. Di ora in ora si susseguono le notizie che indicano come la guerra degli USA sia già cominciata e come il loro  coinvolgimento da indiretto stia divenendo diretto. Anche perché ciò che questi giorni di guerra stanno dimostrando è che Israele, a fronte di una invincibilità dichiarata, soffre di una perforabilità reale e,...
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di Emanuela Pessina

BERLINO. Trent’anni fa erano un partito di minoranza radicale e di dubbia prospettiva, oggi i Verdi tedeschi hanno tutte le carte in regola per diventare il nuovo partito del popolo e fanno paura tanto alle forze di Governo quanto alle maggiori forze di opposizione. Questo il quadro che si presenta in Germania alle porte del 2011, l’anno delle elezioni per i Landestag (o parlamenti regionali) di sei regioni federali, il primo banco di prova in attesa delle legislative del 2013. E tuttavia rimane da chiarire la natura dell’uragano verde: i Verdi sono un fenomeno politico concretamente sostenibile dalla realtà delle cose?

“I Verdi? Non sono un partito, sono degli idioti ambientalisti destinati a scomparire presto”. Così li presentava il cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt nel 1990.Ma non è stata né la prima, nè l’ultima delle valutazioni dell’ex-Cancelliere diverse da quelle dei suoi cittadini. Secondo i più recenti sondaggi, infatti, i Verdi riscuotono la fiducia degli elettori soprattutto grazie agli argomenti in materia energetica, poiché danno l’idea di poter rimanere fedeli ai propri principi anche in caso di effettiva elezione. E la questione energetica, assieme a quella ecologica, costituisce uno dei temi centrali del ventunesimo secolo: sia essa rinnovabile o nucleare, l’energia è il nodo principale di qualsiasi programma elettorale.

Una recente analisi dell’autorevole settimanale di sinistra Der Spiegel ha dimostrato che i Verdi tedeschi trasmettono ai loro sostenitori la sensazione di stare dalla parte del giusto: un voto a favore dei Verdi è una voce contro tutte le forze politiche, di destra o di sinistra poco importa, che si sono palleggiate il potere negli ultimi anni. Chi li vota si sente a posto con la propria coscienza e non ha bisogno di giustificazioni: il cambiamento climatico e le centrali nucleari, così come la parità dei sessi, sono al centro dell’attenzione mediatica e individuale da diversi anni.

Per i Verdi, tuttavia, il rischio maggiore è quello di essere poco realisti e di non offrire soluzioni tangibili: le loro proposte sarebbero tanto “politically correct” quanto finanziariamente insostenibili, accusano i rivali. Ma potrebbero rivelarsi appunti superabili, perché a quanto pare, anche i maggiori esponenti dei Verdi stessi hanno imparato a riconoscere i propri limiti: “Dobbiamo fare attenzione e promettere solo ciò che è realizzabile”, ha sottolineato lo stesso segretario Cem Oezdemir durante il congresso di partito, conclusosi in questi giorni a Friburgo, nel Baden- Wuerttemberg. E, si sa, riconoscere i propri errori non è solo un grande segno di maturità, ma è il primo, fondamentale passo per la risoluzione dei problemi stessi.

Tanto per cominciare, il recente congresso dei Verdi tedeschi ha mostrato un partito più terra terra che mai. Il partito di Caludia Roth e Oezdemir non si è limitato a ribadire un secco no a Stoccarda 21, la mega infrastruttura che dovrebbe andare a sostituire la vecchia stazione di Stoccarda, e al prolungamento dell’attività delle centrali nucleari, le questioni di grande attualità per cui la Germania è scesa in piazza negli ultimi mesi. Anche i più critici hanno notato una nuova motivazione a offrire soluzioni concrete anche a problemi di minor risonanza mediatica, soprattutto in ambito economico e sociale.

All’ordine del giorno c‘è stata innanzitutto l’imposta comunale sull'industria e sul commercio. La maggioranza degli esponenti del partito ha votato per l’estensione della tassa a una più ampia fetta di liberi professionisti e aziende, così da aumentare gli introiti dei singoli comuni. Al momento, solo un terzo delle aziende con partita Iva paga la tassa: i Verdi hanno lamentato una grave mancanza cui vogliono porre rimedio con ogni mezzo.

I Verdi si sono inoltre espressi a favore dell’aumento percentuale della tassa sulla ricchezza, un’imposta che la Germania ha inventato per i più benestanti. Per ogni euro guadagnato oltre i 52’152 euro annuali, i cittadini tedeschi sono tenuti a pagare allo Stato federale una tassa di 42 centesimi. Ora, i Verdi hanno intenzione di aumentare questo contributo a 45 centesimi per ogni singolo euro. Per quel che riguarda la sanità, invece, i Verdi hanno proposto di alzare il margine di reddito sotto cui non vengono detratti i contributi per l'assicurazione sanitaria obbligatoria. Il messaggio, in sostanza, è chiaro: per i Verdi, i tagli alla spesa pubblica non sono la via di uscita alla crisi finanziaria globale.

Rimane ora da chiarire fino a che punto i Verdi potranno effettivamente prestare fede alle loro promesse in campagna elettorale: a misurare il fenomeno, come sempre, saranno (in caso di vittoria) i fatti concreti. Per ora, i presupposti concreti sono tra i migliori. In questo momento, i Verdi partecipano al Governo regionale in Nord Reno Vestfalia, nelle città-regione di Amburgo e Brema e in Saarland, mentre siedono in Parlamento con quote superiori al 10% in Schleswig-Holstein, la regione più settentrionale della Germania, in Assia, a Berlino e in Baden Wuerttemberg.

In quest’ultima regione, da sempre considerata la roccaforte del partito, i Verdi hanno la chance effettiva di vincere le regionali del 2011: alle ultime elezioni hanno ottenuto l’11.7% dei voti e sono entrati a far parte del parlamento regionale come terza forza politica dopo CDU e SPD, schiacciando di qualche punto i liberali. Gli ultimi sondaggi li danno a oltre 20%, un punteggio che supera notevolmente quello dei socialdemocratici.

E, alle porte delle regionali del 2011, anche il trend generale dei Verdi è in continua crescita: su tutto il territorio tedesco, gli ultimi sondaggi li danno in aumento di ben 12 punti percentuali rispetto alle legislative del 2009. La forza dei Verdi è la capacità di conquistare nuovi ceti di elettori, hanno rilevato i più attenti, cosa che riesce ormai difficile agli altri partiti tedeschi e alle loro politiche lobbistiche e ammuffite.

Inoltre, non sono solo gli elettori a percepire la nuova forza dei Verdi: durante il Congresso di partito di settimana scorsa, la Cancelliera Angela Merkel, più aggressiva che mai, ha inveito più contro i Verdi che contro i socialdemocratici di Sigmar Gabriel, quasi a sancirne il rilievo. Come a dimostrare che i veri rivali delle CDU sono i Verdi di Claudia Roth e non l’SPD. E, in effetti, la discussione politica, negli ultimi tempi, sembra essere stata polarizzata dai Verdi: l’SPD fa fatica a trovare la sua identità perché i Verdi non lasciano spazio. In attesa che socialdemocratici, Verdi e Linke costruiscano una piattaforma di governo comune, la CDU sembra ancora poterla fare da padrona.

 

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