Il pugno di ferro del Piano Ruanda

di redazione

Dopo due anni di ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, il governo conservatore britannico ha alla fine incassato l’approvazione definitiva della legge che consente di deportare immigrati e richiedenti asilo in Ruanda. La “Safety of Rwanda (Asylum and Immigration) Bill” ha chiuso il suo percorso al parlamento di Londra poco dopo la mezzanotte di lunedì. Il provvedimento, introdotto...
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Gaza, terremoto nei campus

di Mario Lombardo

Le proteste degli studenti americani contro il genocidio palestinese a Gaza si stanno rapidamente diffondendo in molti campus universitari del paese nonostante le minacce dei politici e la repressione delle forze di polizia. Alla Columbia University di New York è in atto in particolare un’occupazione pacifica di alcuni spazi all’esterno dell’ateneo e nella giornata di lunedì i manifestanti hanno ottenuto l’appoggio dei docenti, i quali hanno sospeso le lezioni per protestare a loro volta contro l’arresto di oltre cento studenti nei giorni scorsi. Esponenti del Partito Democratico e di quello Repubblicano, così come il presidente Biden, hanno denunciato la mobilitazione, rispolverando le solite accuse di antisemitismo e a...
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di Emanuela Pessina 

BERLINO. Solo pochi giorni dopo l’approvazione definitiva del nuovo piano europeo contro la crisi, che sembrava aver finalmente rassicurato i mercati, il primo ministro greco George Papandreou ha annunciato di voler sottoporre a referendum l’intero piano di aiuti alla Grecia, rimettendo in discussione tutte le ultime decisioni dei leader dell’Eurozona e facendo così tremare le Borse. La posta in gioco è alta e in Europa si è già scatenato il panico: un “Sì” al referendum andrebbe certo a indebolire la crescente opposizione interna al programma di austerità del Governo greco, alleggerendo la difficile posizione di Papandreou, ma un “No” potrebbe spingere Atene fuori dall'Eurozona, con conseguenze drastiche a livello continentale.

Incomprensibile e inaspettato, l’annuncio di Papandreou ha spiazzato mercati, economisti e leader politici di tutta Europa. Il referendum mette a rischio l’intero piano di aiuti della Troika (formata dai funzionari di Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), che aveva di recente stanziato per la Grecia la seconda tranche di aiuti per 130 miliardi di euro, ma non solo. A essere messa in discussione è l’intera risoluzione anti-crisi dell’Eurozona, elaborata in mesi di vertici e svariate situazioni di emergenza.

L'eventuale bocciatura “aumenterebbe il rischio di un default disordinato e forzato" e di "una potenziale uscita della Grecia dall'euro", hanno commentato dall’agenzia di rating Fitch. Per alcuni analisti, quello della Grecia è un suicidio vero e proprio; qualcuno teme la bancarotta del Paese. Tutte possibilità che non passerebbero inosservate nel Vecchio continente.

Unica cosa sicura, l’esito negativo del referendum chiuderebbe alla Grecia qualsiasi altro tipo di aiuto da parte dell’Europa. Il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, e il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, da parte loro, hanno già fatto sapere che terranno conto dell'intenzione del primo Ministro greco durante l'ultimo vertice dei leader europei. Comunque vada, l’intenzione di Papandreou rischia di avere severe implicazioni per la stabilità finanziaria dell'Eurozona.

Papandreou, da parte sua, ha presentato il referendum come “un passo democratico e patriottico“, una sorta di dovere nei confronti del proprio popolo, e certo gli si può dare torto solo con estrema difficoltà. Il piano di austerity approvato da Atene negli ultimi mesi, condizione necessaria per ottenere gli aiuti dall’Europa, chiede ai propri cittadini sacrifici pressoché insostenibili. Oltre al licenziamento del 20% dei dipendenti pubblici, la manovra da 78 miliardi di euro prevede l’introduzione di nuove tasse, così come la vendita della maggior parte dei beni statali e la chiusura di numerose agenzie governative. Misure che rischiano di mettere in ginocchio lo Stato e la dignità del suo popolo.

Senza dimenticare i dubbi che accompagnano fin dall’inizio il piano richiesto dall’Eurozona e accordato dal Parlamento greco: per molti economisti i tagli andrebbero a frenare ulteriormente la crescita dell’economia greca - per la quale nel 2011 è previsto un calo del 4% - e la loro utilità finale è assolutamente discutibile. Come in una spirale diabolica: risparmio significa meno investimenti e l’economia affonda. Nel frattempo la disoccupazione e le spese sociali continuano a crescere, ma di miglioramenti concreti non se ne vedono: per Papandreou diventa sempre più difficile giustificare la propria scelta pro- Europa.

E i cittadini greci, da parte loro, hanno già espresso chiaramente un’opinione a proposito, in svariate occasioni: da mesi ormai sono in centinaia di migliaia a scendere in piazza regolarmente per esprimere il loro esplicito “No”, anche in maniera violenta. C’è poco da fraintendere. Forse è proprio questo il significato del referendum voluto da Papandreou a due giorni dal G20 di Cannes: la Grecia è arrivata al limite della sopportazione e il primo ministro non può far altro che prenderne atto, chiedendo al proprio popolo una legittimazione. In barba all’Europa e a tutti i suoi vertici.

 

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