Ucraina, finale di spettacolo

di Fabrizio Casari

L’incontro tra Putin e Trump in Alaska ha permesso al presidente statunitense di iniziare la sua exit strategy dall’Ucraina. Preso atto di una guerra che non può essere vinta e che anche per questo non sarebbe mai dovuta iniziare, Trump ritiene che l’impatto spaventoso sui conti statunitensi del mantenimento di una guerra destinata all’insuccesso non solo compromette la stabilità...
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Il socialismo in America Latina

di Juan J.Paz-y-Miño Cepeda

Le prime idee socialiste arrivarono in America Latina a metà del XIX secolo in Argentina, Brasile, Cuba, Messico e Uruguay, dove la forte immigrazione europea, in particolare di spagnoli e italiani, contribuì alla diffusione di opere, concetti e tesi anarchiche, mutualistiche, sindacaliste e dei socialisti utopici Fourier, Owen e Saint-Simon. In Paraguay, il governo di Gaspar Rodríguez de Francia (1814-1840) è l’unico nella storia della regione ad aver adottato una politica di statalismo e isolamento quasi totale del paese, nel tentativo di difenderne l’indipendenza. Attraverso lo Stato controllò il mercato esterno, incentivò l'agricoltura e l'allevamento interni, nazionalizzò le terre della Chiesa e degli spagnoli, limitò...
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di Emanuela Pessina 

BERLINO. Solo pochi giorni dopo l’approvazione definitiva del nuovo piano europeo contro la crisi, che sembrava aver finalmente rassicurato i mercati, il primo ministro greco George Papandreou ha annunciato di voler sottoporre a referendum l’intero piano di aiuti alla Grecia, rimettendo in discussione tutte le ultime decisioni dei leader dell’Eurozona e facendo così tremare le Borse. La posta in gioco è alta e in Europa si è già scatenato il panico: un “Sì” al referendum andrebbe certo a indebolire la crescente opposizione interna al programma di austerità del Governo greco, alleggerendo la difficile posizione di Papandreou, ma un “No” potrebbe spingere Atene fuori dall'Eurozona, con conseguenze drastiche a livello continentale.

Incomprensibile e inaspettato, l’annuncio di Papandreou ha spiazzato mercati, economisti e leader politici di tutta Europa. Il referendum mette a rischio l’intero piano di aiuti della Troika (formata dai funzionari di Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Banca Centrale Europea), che aveva di recente stanziato per la Grecia la seconda tranche di aiuti per 130 miliardi di euro, ma non solo. A essere messa in discussione è l’intera risoluzione anti-crisi dell’Eurozona, elaborata in mesi di vertici e svariate situazioni di emergenza.

L'eventuale bocciatura “aumenterebbe il rischio di un default disordinato e forzato" e di "una potenziale uscita della Grecia dall'euro", hanno commentato dall’agenzia di rating Fitch. Per alcuni analisti, quello della Grecia è un suicidio vero e proprio; qualcuno teme la bancarotta del Paese. Tutte possibilità che non passerebbero inosservate nel Vecchio continente.

Unica cosa sicura, l’esito negativo del referendum chiuderebbe alla Grecia qualsiasi altro tipo di aiuto da parte dell’Europa. Il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, e il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, da parte loro, hanno già fatto sapere che terranno conto dell'intenzione del primo Ministro greco durante l'ultimo vertice dei leader europei. Comunque vada, l’intenzione di Papandreou rischia di avere severe implicazioni per la stabilità finanziaria dell'Eurozona.

Papandreou, da parte sua, ha presentato il referendum come “un passo democratico e patriottico“, una sorta di dovere nei confronti del proprio popolo, e certo gli si può dare torto solo con estrema difficoltà. Il piano di austerity approvato da Atene negli ultimi mesi, condizione necessaria per ottenere gli aiuti dall’Europa, chiede ai propri cittadini sacrifici pressoché insostenibili. Oltre al licenziamento del 20% dei dipendenti pubblici, la manovra da 78 miliardi di euro prevede l’introduzione di nuove tasse, così come la vendita della maggior parte dei beni statali e la chiusura di numerose agenzie governative. Misure che rischiano di mettere in ginocchio lo Stato e la dignità del suo popolo.

Senza dimenticare i dubbi che accompagnano fin dall’inizio il piano richiesto dall’Eurozona e accordato dal Parlamento greco: per molti economisti i tagli andrebbero a frenare ulteriormente la crescita dell’economia greca - per la quale nel 2011 è previsto un calo del 4% - e la loro utilità finale è assolutamente discutibile. Come in una spirale diabolica: risparmio significa meno investimenti e l’economia affonda. Nel frattempo la disoccupazione e le spese sociali continuano a crescere, ma di miglioramenti concreti non se ne vedono: per Papandreou diventa sempre più difficile giustificare la propria scelta pro- Europa.

E i cittadini greci, da parte loro, hanno già espresso chiaramente un’opinione a proposito, in svariate occasioni: da mesi ormai sono in centinaia di migliaia a scendere in piazza regolarmente per esprimere il loro esplicito “No”, anche in maniera violenta. C’è poco da fraintendere. Forse è proprio questo il significato del referendum voluto da Papandreou a due giorni dal G20 di Cannes: la Grecia è arrivata al limite della sopportazione e il primo ministro non può far altro che prenderne atto, chiedendo al proprio popolo una legittimazione. In barba all’Europa e a tutti i suoi vertici.

 

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